Damien Hirst, ( Bristol 1965 ) oggi in assoluto uno degli artisti più quotati sul mercato, vive e lavora a Londra, è il capofila dei “YBAS” ( Young British Artists ) e cavalca ai vertici la scena dell’arte britannica sin dagli anni ’90.
Molte delle sue opere sono incentrate sul concetto di morte, inducono profonde suggestioni che colpiscono nell’intimo, tanto la mente che lo stomaco.
La più conosciuta è “The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living” ovvero, “L’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo”. Si tratta di uno squalo di 4 metri e mezzo imbalsamato in formaldeide, una sostanza resinosa trasparente, con tenui riflessi azzurri che una volta solidificata avvolge e permea tutto lo squalo in un blocco rettangolare, sua volta racchiuso in una teca di vetro, sagomata da una cornice metallica bianca. (qui sotto)
”Mi piace l’idea di qualcosa che descrive una sensazione”. – spiega l’autore – “Uno squalo fa paura, è più grande di te, si muove in un ambiente a te sconosciuto. Sembra vivo quando è morto e morto quando è vivo”.
L’opera fù commissionata a Hirst nel 1991 dal gallerista Saatchi ed alla fine del 2004 viene battuta all’asta alla Gagosian Gallery per la cifra record di 6,5 milioni di Sterline.
Tuttavia dopo poco tempo (a dispetto del concetto artistico che ne ha ispirato la creazione) lo squalo, già alloggiato nella casa del facoltoso compratore, iniziò a mostrare segni di cedimento, a deformarsi e decomporsi; mentre con eguale repentinità, la notizia rimbalzava sugli art media.
Hirst era alla mercè della critica, oltre che potenzialmente esposto ad una azione di breach of contract milionaria, cosa che non avvenne grazie alla lungimiranza di Mr. Cohen – l’acquirente – che non si oppose all’idea dell’artista di approntare un restauro “estremo” quanto controverso; risoltosi di fatto nella completa sostituzione dell’animale con un altro e che venne addirittura imbalsamato con la bocca spalancata ed in una posizione lievemente differente dall’originale.
L’intervento portò alle estreme conseguenze l’interpretazione applicativa del diritto autoriale di modificazione dell’opera (1) tanto da far ritenere a critici e giuristi che Hirst avesse distrutto la propria opera “prima” creandone una seconda del tutto nuova e differente.
Altra parte della critica aderì invece alla interpreazione (magari un po’ partigiana ) di Hirst per cui l’originalità dell’opera non consta tanto nel processo della sua creazione o nella sostanza impiegata, bensì nel concetto, nell’idea, nel significato astratto del messaggio che incorpora.
Eppure, alla prova del tempo, questa “nuova opera” (qui a fianco) sostanzialmente difforme dalla precedente e della quale neppure condivide il materiale, ha decisamente sostituito la vecchia, conservandone il concetto, lo stesso significato e messaggio e con la sola eccezione del valore di mercato, oggi più che raddoppiato, con buona pace di artista, acquirente, galleristi.. tacendo sul versosimile disappunto del malcapitato pesce privato della vita per sembare vivo!
————————————-
(1) È un diritto riconosciuto in quasi tutti gli ordinamenti: in Italia la normativa sul diritto d’autore si occupa dell’integrità dell’opera attraverso la configurazione di due diritti: il primo, di carattere patrimoniale, consiste nel diritto esclusivo di modificare l’opera spettante all’autore (art. 18 ult. comma l.d.a.), ed è trasferibile come tutti i diritti di utilizzazione economica; il secondo, di carattere morale, è previsto all’art. 20: per cui l’autore, anche dopo la cessione del diritto di utilizzazione, “può opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione, o altra modificazione dell’opera stessa, che possa essere di pregiudizio al suo onore e alla sua reputazione“. La norma si applica nella maggior parte dei casi nei rapporti che l’autore ha nei confronti dei cessionari o concessionari dell’opera.
A cura dell’Avvocato Filippo Facino.