A cura di Riccardo Lattuada, Giuseppe Scavizzi e Valentina Zucchi, la mostra allestita fino al 5 settembre 2023 a Palazzo Medici Riccardi – promossa Città Metropolitana di Firenze e MUS.E, organizzata con il sostegno di Business Strategies – è in scia con l’attenzione al collezionismo nato in quella che fu la dimora prima dei Medici, poi dei Riccardi. L’esposizione mette in luce il legame del “Pittore maraviglioso, fatto da Dio per soddisfare a’ Principi”, come ebbe a scrivere Granduca Cosimo III de’ Medici con Firenze, in particolare con la Galleria degli Specchi di Palazzo Medici Riccardi, con le famiglie nobili e il collezionismo e con la storia dell’arte per il contributo importante che offrì nel passaggio dal Barocco al Tardo Barocco, allora molto apprezzato in quella che era stata la culla del Rinascimento. Tra l’altro poi la città toscana si chiuse in parte rispetto alla cultura del tempo diventando custode dei propri gioielli e pertanto la presenza di Luca Giordano è ancora più importante.
Luca Giordano, pittore napoletano nato nel 1634 e morto nel 1705, fra gli artisti più virtuosi e prolifici del Barocco italiano, lascia a Firenze, all’interno di Palazzo Medici Riccardi, splendide testimonianze del suo operato. Si tratta delle due volte dipinte per la Galleria degli Specchi e per la Biblioteca Riccardiana. Il palazzo, prima grande residenza dei Medici, simbolo del potere di famiglia e del Banco Mediceo, acquisita alla metà del Seicento dalla famiglia Riccardi, viene così arricchito secondo il gusto decorativo dell’epoca. Il cuore della mostra sono proprio i due periodi che il pittore trascorse a Firenze, tra il 1682 e il 1686, e il suo rapporto con le grandi famiglie fiorentine, pronte ad accogliere le novità della sua pittura e a investirlo di importanti esecuzioni. Fra queste – oltre ai granduchi medicei – si ricordano le famiglie Del Rosso, Corsini, Sanminiati, Andreini, Martelli e Riccardi, a cui il pittore lascerà in consegna importanti capolavori su tela e a fresco destinati a segnare la storia del Barocco in città. La mostra segue proprio la scansione dei committenti e poi alcune tematiche.
Valentina Zucchi, curatrice del Museo di Palazzo Medici Riccardi e della mostra, sottolinea come già in vita Luca Giordano fu definito il “pittore più famoso in Italia“ nell’elaborare storie di ogni genere con inventiva e sapienza, come si evince soprattutto nei soggetti mitologici, e come l’esposizione sia una vera festa per gli occhi. Una mostra per tutti grazie all’eccezionale uso della luce quasi teatrale e per la potenza della sua pittura come ad esempio notiamo nelle Nozze di Cana, un lavoro di grande intensità.
“Al suo arrivo a Firenze, dove avrebbe lavorato nell’arco di circa tre anni (1682-85), Luca Giordano era già un artista famoso, che aveva prodotto opere ambiziose per gran parte degli Stati regionali italiani, ma Firenze era ancora il centro artistico che aveva indicato all’Europa la via del Rinascimento e della Maniera moderna” spiega uno dei curatori, Riccardo Lattuada.
Ora Giordano ne fu cosciente, e “sin dai suoi primi rapporti con i conoscitori e i collezionisti della Capitale granducale egli assunse una postura di rispetto ma anche di sfida: rispetto per il prestigio fiorentino, ma sfida alle opere più eminenti e moderne di Pietro da Cortona e Ciro Ferri a Palazzo Pitti, e anche al sublime purismo devoto di Carlo Dolci. L’apice di questa vicenda è la Galleria di Palazzo Medici Riccardi, accanto alla quale fiorirono opere di potente impatto emotivo e formale che suscitarono l’ammirazione del mondo artistico fiorentino e del maggiore storico dell’arte del tempo, Filippo
Baldinucci, e aprirono la strada verso l’estetica dell’Arcadia”.
Le due soste di Giordano a Firenze furono importanti per hanno significato un momento vitale del tardo barocco nella città così com’essa ha consentito al pittore di raggiungere un livello artistico nuovo, una corrispondenza d’artistici sensi come sottolinea il curatore Giuseppe Scavizzi.
La mostra è stata anche un’occasione importante di avvio di collaborazione dell’Opificio delle Pietre Dure con Città Metropolitana e MUS.E con l’analisi condotta dalle restauratrici del Settore Pitture murali e stucchi Maria Rosa Lanfranchi e Sara Penoni, con il coordinamento della direttrice Renata Pintus e il supporto del Laboratorio scientifico dell’Istituto, che ha consentito di raccogliere una grande quantità di informazioni che ci aiuteranno a comprendere su quali soluzioni tecniche si fondi la proverbiale rapidità di Luca Giordano e la straordinaria freschezza di questa decorazione, chiarendo in particolare il percorso costruttivo dell’opera e definendo la tavolozza del pittore.
La Biblioteca Riccardiana e la Galleria sono gli unici ambienti rimasti intatti dal Seicento, pensati dal loro antico padrone di casa, il marchese Francesco, in funzione l’uno dell’altro dal punto di vista artistico e funzionale, come ha spiegato Francesca Gallori, direttrice della Biblioteca Riccardiana.
Questi luoghi raccontano un’epoca, quella della seconda metà del 1600, che fu un formidabile periodo per l’arte e la cultura. L’investimento dei grandi signori della città, con la famiglia Medici a fare da capofila, richiama inevitabilmente il concetto di mecenatismo molto radicato nell’epoca.
La volta della Galleria degli Specchi, una vera e propria sfida all’illusionismo, si presenta come un fulgido racconto di miti, ritmato dalle virtù cardinali poste agli angoli e culminante con la celebrazione dei Medici nel centro, cui i Riccardi erano largamente riconoscenti. A questa decorazione fa da specchio la volta della Biblioteca, dove è raffigurata l’Allegoria della Divina Sapienza, che Luca Giordano avrebbe dipinto in soli cinque giorni fra il 1685 e il 1686. Queste preziose testimonianze artistiche, insieme alla decorazione della Cappella Corsini in Santa Maria del Carmine e a una serie di dipinti commissionati da altre grandi famiglie fiorentine – fra cui i Medici e i Del Rosso – compongono un interessante quadro della presenza a Firenze dell’artista.
In mostra una selezione di circa 50 opere alcune delle quali mai viste a Firenze prima d’ora, profondamente connesse agli affreschi, come i disegni giovanili. Fra queste spiccano una serie di dieci bozzetti della Galleria degli Specchi e della volta della Biblioteca Riccardiana, di proprietà della National Gallery di Londra, che per l’occasione saranno messi in dialogo diretto con la volta. E ancora, le Virtù distribuite in varie collezioni private europee e poi quadri provenienti da prestigiosi musei italiani come le Gallerie degli Uffizi, il Museo dell’Opera del Duomo di Siena, il Museo Stibbert di Firenze e il Museo di Palazzo Mansi a Lucca oltre ad opere provenienti da collezioni private italiane e americane. A queste faranno da controcanto i documenti riferiti alla committenza riccardiana, alla definizione dell’invenzione e all’esecuzione dei dipinti, custoditi presso le biblioteche e gli archivi cittadini.
Il percorso si apre con l’Autoritratto proveniente dal Pio Monte della Misericordia di Napoli, databile intorno al 1680-92, per passare ad alcuni disegni giovanili tratti dagli affreschi di Pietro da Cortona in Palazzo Barberini, a Roma. Nell’opera appare con parrucca, occhiali e mantello e un’insolita severa autorevolezza, che contrasta con il carattere arguto e aperto del pittore. I dipinti che raffigurano San Sebastiano, gentilmente concesso dal Museo Nazionale di Palazzo Mansi e Apollo e Marsia (proveniente dal Museo Stefano Bardini di Firenze), presumibilmente eseguiti negli anni Sessanta del Seicento e ispirati al linguaggio tenebroso di Jusepe de Ribera e di Mattia Preti – largamente apprezzati a Napoli – ci riconducono invece a Firenze, testimoniando già in questo periodo la stima per il pittore da parte di committenti del capoluogo toscano: il primo dipinto proviene originariamente dalla collezione del Cardinale Leopoldo de’ Medici, il secondo da quella dell’Abate Pier Andrea Andreini.
Tra gli altri dipinti in mostra, Il Trionfo di Galatea, concesso in prestito dalle Gallerie degli Uffizi, accanto all’Autoritratto, ben rappresenta il favore goduto dal pittore in città: esso risulta presente a fine Seicento nelle collezioni del Gran Principe Ferdinando de’ Medici, ma rimanda anche a ulteriori redazioni dello stesso soggetto presenti nelle collezioni fiorentine Sanminiati e Del Rosso. La quadreria dei fratelli fiorentini Andrea, Ottaviano e Lorenzo Del Rosso annoverava in effetti nel 1689 oltre quaranta dipinti di Luca Giordano. La ricchezza e la varietà delle acquisizioni Del Rosso sono qui testimoniate dai dipinti con scene della Passione di Cristo: due quali oggi sono conservati a Siena e uno nelle Gallerie degli Uffizi. A essi si affianca il pregevole affresco su vimini raffigurante la Samaritana al pozzo (oggi di proprietà privata), esempio del virtuosismo tecnico del pittore. La Gloria di Sant’Andrea Corsini nella cupola sviluppata in chiave ariosa e splendente, è ben ricordata grazie ai preziosi bozzetti preliminari all’esecuzione dell’affresco, delle Gallerie degli Uffizi, cui si accompagnano due spettacolari dipinti di soggetto eroico, anch’essi riferiti ai Corsini e per la prima volta ripresentati in coppia. L’accostamento di questi due quadri, di dimensioni notevoli, e dei bozzetti per la Cappella Corsini, a loro volta riferiti a una decorazione murale, permette altresì di cogliere la versatilità di Giordano.
All’intensa produzione per chiese e conventi corrisponde una resa altrettanto virtuosa dei temi storici, ben esemplificata dai due quadri che hanno come protagonisti i leggendari Marco Curzio (collezione privata) e Lucio Giunio Bruto (proveniente dal Museo di Casa Martelli a Firenze).
A testimonianza dell’apprezzamento della corte medicea, Vittoria Della Rovere, moglie del Granduca Ferdinando II commissionò l’intima e devota Fuga in Egitto (di proprietà delle Gallerie degli Uffizi) e l’intensa allegoria della virtù teologale della Speranza (proveniente da una collezione privata). Il Giudizio di Paride (che fa parte della collezione del Museo Civico di Palazzo Chiericati di Vicenza) ugualmente riferibile al primo periodo fiorentino, è un’ulteriore prova della sapiente rielaborazione della lezione di Pietro da Cortona in tono classico, mentre la scena di Atalanta e Ippomene (collezione privata) si pone come esito magistrale della sua abilità tecnica: dipinto su vimini con una tavolozza chiara e luminosa, è inventariato nel 1715 in questo palazzo, fra i dipinti della collezione Riccardi. Si tratta di un’opera a mio parere sublime, delicata e potente insieme, di grande modernità.
La Biblioteca Riccardiana, che ospita nella sua sala di studio uno dei due affreschi eseguiti da Luca Giordano per i Riccardi, apre in analogo periodo una mostra dal titolo Dai libri alla pittura. Viaggio tra le fonti iconografiche di Luca Giordano a palazzo Medici Riccardi a cura di Francesca Gallori con Rossella Giovannetti, Letizia Paolettoni e Giovanna Lazzi.
Il percorso espositivo è composto interamente da libri, manoscritti e disegni della Biblioteca Riccardiana, ed intende raccontare alcuni miti degli affreschi attraverso le immagini delle diverse fonti letterarie che possono essere servite da modello al pittore: la Tabula Cebetis, La Sfera del Dati, Le Metamorfosi di Ovidio nelle sue tante versioni, le incisioni di Stefano della Bella, le rappresentazioni delle feste medicee, così come i celebri repertori di immagini del Ripa, del Cartari e dell’Alciati, la Flora di Giovan Battista Ferrari con le bellissime incisioni tratte da disegni di Piero da Cortona, Guido Reni e Andrea Sacchi. Concludono il percorso i tre studi di Giovanni Battista Foggini per gli stucchi e il disegno per uno specchio del salone di Anton Domenico Gabbiani, tutti parte della raffinata collezione riccardiana di disegni.
Anche la Biblioteca Moreniana, gioiello della Città Metropolitana con sede in Palazzo, ha contribuito con una piccola sezione espositiva visitabile nella sua sala di lettura e nel percorso museale che propone alcune testimonianze seicentesche e settecentesche che attestano la fortuna del Giordano e delle sue opere a Firenze.
a cura di Ilaria Guidantoni