Firenze – Il nuovo allestimento del Museo Novecento di Firenze, in piazza Santa Maria Novella, ospita dal 20 dicembre fino al 28 marzo 2019 una piccola personale dello scultore Medardo Rosso, “Solo”, significativa, almeno per due ragioni. Questo ciclo espositivo, costruito a partire dal patrimonio delle collezioni civiche fiorentine che intende offrire un breve ritratto di alcuni grandi maestri del Novecento, progetto inaugurato in concomitanza con il riallestimento del Museo del Novecento – curato dal nuovo direttore Sergio Risaliti –riporta a Firenze lo scultore che mancava dal 1910 dalla città. L’artista, nato a Torino nel 1858 e morto a Milano nel 1928, era stato ospite solo in occasione della Prima mostra italiana dell’Impressionismo e di Medardo Rosso organizzata da Ardengo Soffici presso la sede locale del Lyceum Club. Inoltre Medardo Rosso non voleva venire a Firenze, lui che non amava o forse rivaleggiava con il Rinascimento finché non avesse avuto offrire un’opera degna di stare al passo con l’epoca dei Medici tanto che quando passò in treno nel viaggio da Milano a Roma, non guardò dal finestrino. Autore che nei contenuti e nelle forme fu un grande innovatore, sovvertendo le regole prospettiche e superando la forma classica ottocentesca e della Scapigliatura. Fin dalle prime prove si libera dagli insegnamenti dell’Accademia. Fin dalle prime opere, dai ritratti – come Cantanti a spasso, El locch, Ruffiana – alle sculture – come Innamorati sotto il lampione, Impression d’Omnibus – si fa strada un’attenzione forte per scene di vita quotidiana che nell’Ottocento risaltano in modo nuovo per il cambiamento nei mezzi di trasporto e per nuove fonti di illuminazione e di comunicazione che cambiavano radicalmente la percezione delle relazioni tra le persone e forse le stesse relazioni. Sono elementi così ovvio oggi da apparire perfino surreali eppure lo sguardo di chi allora percepì per primo il cambiamento e lo studiò si annunciava come una rivoluzione. Soprattutto dopo i soggiorni parigini, tra il 1885-1886 e il 1889, la sua innovazione si fa sempre più evidente. La luce sarà al centro del suo interesse che vede come fonte di vita senza la quale l’arte non ha ragione d’esistere. Ad un certo punto della sua esistenza infatti si dedicò alla fotografia. In tal senso è interessante l’accostamento, in mostra, tra immagini e sculture che lavorano sullo stesso soggetto. Anche nella scultura con queste superfici non lisce, quasi non finite, come abbozzate in certi casi, un po’ scabre, sembrano associarsi all’immagine totalmente frontale della pittura e della fotografia. Quello che Medardo trasmette è la vibrazione della materia sotto la luce che sembra scuotere le superficie sia quella morbida in cera, sia in metallo. Interessante il nascente minimalismo e la possibilità della riproduzione seriale, con varianti dello stesso soggetto, come nel caso della Grande rieuse e del bambino alle cucine economiche, che annuncia alcune pratiche che saranno poi consuete nell’arte contemporanea dell’arte concettuale e dell’arte povera. Artista che merita una rinnovata considerazione per lo scossone che ha dato soprattutto alla scultura ma all’arte in generale diventando modello per molti artisti quali Boccioni, Manzù, Marini e Fontana.
L’occasione permette anche una visita del Museo, su tre livelli, sito nell’ex convento delle Leopoldine che a piano terra offre un ventaglio di varie temporanee, dai Presepi in ceramica di Maria Lai, L’anno zero, piacevole rivisitazione artigianale con un design moderno della tradizione; a The Wall 1968. Deadline, un progetto artistico di Matteo Coluccia, terzo appuntamento del ricordo del Sessantotto, che si richiama alle frasi, slogan che sono diventati emblemi, modi di dire, atteggiamenti come ‘l’immaginazione al potere’, ‘la bellezza è nella strada’, mettendo insieme artisti che in quell’anno sono scomparsi in breve tempo come Lucio Fontana e Pino Pascali, giovanissimo che il suo percorso di rivolta e rinnovamento lo aveva ancora tutto davanti. Da segnalare anche la personale Duel, aperta fino al 28 febbraio, terzo appuntamento del ciclo ideato da Sergio Risaliti e dedicato a Gianni Caravaggio con Iniziare un tempo II, classe 1968, che si confronta con Piero Manzoni.
Giada Luni