Livorno nell’immaginario è soprattutto quella ritratta dai Macchiaioli, le barche e il porto; la campagna vicina; le case e in particolare il quartiere Venezia; la vita quotidiana, i luoghi di ritrovo e le feste. C’è un angolo della città che raccoglie l’eredità della pittura che nella seconda metà dell’Ottocento aprì la via alla modernità e guardando Oltralpe alla pittura en plein air e agli Impressionisti. La macchia fu l’anteprima dello spirito delle avanguardie che nel primo decennio del secolo scorso rese l’Italia effervescente. A Villa Mimbelli, la raccolta di Giovanni Fattori e dei pittori labronici. Nel 1865 Francesco Mimbelli (1842-1930), commerciante di grano e altre merci, appartenente a una famiglia che dall’originaria Orebic’ in Dalmazia si spostava e aveva interessi in altri centri e porti dell’Europa, giunto a Livorno tra il 1857 e il 1859 e ben radicato nell’ambiente cittadino, affida all’architetto Vincenzo Micheli la costruzione della sua nuova residenza al posto della vecchia casa dei pittori livornesi Giuseppe, Antonio e Jacopo Terreni: una villa nel borgo di San Jacopo in Acquaviva, nella zona sud di Livorno, segno
della sua raggiunta agiatezza economica. Nel 1868 Villa Mimbelli, su tre piani con altana e ben tre ingressi destinati a pubblico e occasioni diverse, è terminata e resta oggi una testimonianza Liberty. Nel 1871 Francesco sposa Enrichetta Rodocanacchi (1848-1877), di un’importante famiglia livornese di origine greca, che si dedica in particolare alla sistemazione a parco dei terreni intorno alla Villa, dove si trovano anche i granai e la casa del guardiano. Nel 1875 si concludono i lavori di decorazione interna, affidati ai pittori Annibale Gatti con allievi e ai fratelli livornesi Pietro e Giuseppe Della Valle, nonché a stuccatori, decoratori, intagliatori, artigiani per i pavimenti, tappezzieri: una grande festa saluta l’ultimazione del dipinto del Gatti Il Granduca Ferdinando II presenta lo scultore Pietro Tacca alla Granduchessa sua moglie.
Un gruppo di cittadini livornesi dona al Comune di Livorno Un episodio della battaglia di Montebello 1859 (1862) del pittore livornese Giovanni Fattori, una grande tela che rappresenta uno dei momenti più significativi della II Guerra d’Indipendenza. Il dono vuole essere di buon augurio per il futuro della
Pinacoteca, che si riteneva già iniziata con Gli esuli di Siena di Pollastrini. Il Comune accetta la donazione e il 31 maggio del 1864 paga 800 lire al pittore come indennizzo e nel 1868 il Comune acquista Un episodio della battaglia di San Martino di Giovanni Fattori, realizzata grazie al contributo dei cittadini livornesi e premiata nel 1868 al Concorso bandito dal Ministro della Pubblica Istruzione Domenico Berti.
Le raccolte civiche si arricchiscono così di un secondo grande dipinto a soggetto militare dell’artista, dedicato alle cruente vicende della battaglia di San Martino durante la II Guerra d’Indipendenza. E’ nel 1877 che viene finalmente inaugurata la “Pinacoteca livornese” nella grande sala al 1° piano dell’ex Palazzo Granducale, poi Reale, ora sede della Provincia.
Di lì a poco il commendatore Enrico Chiellini dona al Comune di Livorno la sua importante collezione archeologica, paletnologica e numismatica, a condizione che venga esposta in un museo.
Dopo la scomparsa di Giovanni Fattori il 30 agosto 1908, il Comune istituisce una Commissione artistica per individuare opere del Maestro e, con un percorso conclusosi ad aprile 1909,
ne acquista un ricco gruppo dal suo allievo ed erede universale Giovanni Malesci, che ne manterrà per sé altre.
Entrano così nelle raccolte civiche oltre 200 disegni, 156 acqueforti e 18 dipinti, che costituiscono ancora oggi uno dei più importanti nuclei di opere del Museo. Al Museo si apre così l’Esposizione di opere del pittore Giovanni Fattori nel centenario della nascita, snodo significativo della piena valutazione critica dell’artista.
Nello stesso anno, il suo allievo Valmore Gemignani lo omaggia con una statua in bronzo che viene collocata in Largo del Cisternino, proprio nei pressi del Museo civico. Nel 1935 il Museo civico viene intitolato a Giovanni Fattori e riordinato, dando massimo rilievo alle sue opere.
Dopo il trauma della guerra e il recupero delle opere dai loro rifugi, il Museo civico Giovanni Fattori viene inaugurato in una nuova sede, la 3°: Villa Fabbricotti, una delle più belle dell’800, sede anche della Biblioteca Labronica. Nel 1994 poi il Museo civico Giovanni Fattori viene inaugurato nella sua 4° e attuale sede, sottoposta appositamente a un complesso intervento di restauro, che aveva recuperato anche quanto rimasto degli arredi e delle decorazioni delle ricche sale, e di adeguamento museografico. Se l’esposizione a dire il vero è molto tradizionale e non valorizza i dipinti, è interessante il contesto che restituisce alle opere l’ambiente e l’atmosfera nella quale sono state concepite. All’interno del museo il percorso può essere antologico legato ai diversi autori o anche tematico, la costa dalla Maremma a Livorno, con le marine e il tema del porto; la galleria dei ritratti e autoritratti e il tema sociale e politico degli eventi con il soggetto delle cavallerie.
a cura di Ilaria Guidantoni