Terra di speziali, uno dei maggiori produttori di iris, tre volte più preziosa dell’oro in profumeria, la città medicea si è arricchita il primo giugno scorso di un museo dedicato ai profumi, il Museo di Lorenzo Villoresi, che racconta la storia e le essenze, per un viaggio nel mondo senza confini dell’olfatto.
Ospitato in un antico palazzo nel cuore di Firenze, in Via de’ Bardi, il Museo propone un percorso multisensoriale alla scoperta dell’universo del profumo, dell’odore e dell’aspetto delle principali materie aromatiche, della storia, dei miti e delle leggende che le accompagnano da secoli, oltre a notizie di carattere scientifico e tecnico e curiosità sulla produzione di essenze e la creazione di fragranze.
Il cuore dell’esposizione è l’Osmorama, la biblioteca degli odori, una grande raccolta di ingredienti aromatici antichi e moderni. Il giardino e le terrazze infine ospitano la collezione di piante aromatiche provenienti da tutto il mondo.
![Firenze, novembre 2015. Atelier Lorenzo Villoresi: il nuovo negozio. © 2015 Guglielmo de' Micheli](https://bebeez.it/files/2019/08/villoresi2.jpeg)
L’universo sensoriale degli odori è raccontato grazie a mappe interattive e un lungo filmato sulla storia del profumo mentre è in programma l’apertura a breve di un’Accademia che ospiterà corsi, seminari, atelier, degustazioni guidate e altre attività volte a far conoscere il valore storico-culturale, tecnico e artistico dell’universo della profumeria.
Lorenzo Villoresi è da sempre legato al mondo dei profumi, coltivando la sua passione per la natura, cresciuto sulle pendici di Montemorello vicino Firenze, ma cittadino del mondo grazie anche all’educazione familiare. Dopo gli studi di filosofia, in particolare di filosofia antica, la folgorazione arriva in un viaggio al Cairo nel 1981. Dopo una serie di lunghi soggiorni in medio oriente e di studi legati alle spezie e alle materie aromatiche la sua passione diventa una professione nel 1990. E il successo è indiscutibile: nel 2006 vince il premio “Prix François Coty” di Parigi, il più importante riconoscimento alla carriera artistica di un profumiere e nel 2015 il premio “Flair de Parfum” a Vienna.
Entrando nel museo inizia il viaggio in un altro mondo che parla un linguaggio diverso da quello quotidiano dove alcune parole comuni, come illustra bene il glossario – in doppia lingua, italiano e inglese – quali «organo», «concreta», «testa», assumono sfumature totalmente nuove. L’ «0rgano» è un mobiletto per conservare le essenze; «concreta» indica la prima estrazione di materie vegetali poco o per nulla resinose mentre la «testa» è la prima impressione odorosa di un profumo.
Per chi ha piacere di scoprire la storia un video documentario racconta l’evoluzione del profumo dagli Egiziani ai giorni nostri. E’ proprio l’Egitto ad essere considerato la patria del profumo, in particolare utilizzato per i riti funebri; si racconta che all’apertura di uno dei più importanti sarcofagi, quello di Ramses III, ci fosse ancora un sentore apprezzabile.
Il mondo del profumo è magico perché è legato al senso è più animale nell’uomo che non a caso il filoso di Konisberg Immanuel Kant disprezzava e ha un rapporto emozionale con la memoria evocativa: non a caso si utilizza l’espressione ‘avere fiuto’, per indicare la capacità di orientarsi e cogliere le opportuità, difendersi dai pericoli nella vita in un modo pressoché istintivo. La catena animale mostra un’estrema varietà percettiva sia in termini quantitativi sia qualitativi, ovvero sia in termini di intensità sia di varietà percettiva. Sotto il profilo del livello percettivo si va dalla balena che è praticamente anosmica perché non ha necessità di selezionare, né l’opportunità di scegliere, nutrendosi di quello che trova fino all’orso che è al vertice della piramide, dovendosi orientare in un luogo con pericoli, molti odori diversi con vari ostacoli che possono essergli di impedimento. Non a caso può arrivare a percepire gli odori fino a 25 chilometri di distanza. Dal punto di vista della distinzione degli odori il gradino più basso è sempre occupato sempre dalla balena, per salire all’uomo con 400 recettori e arrivare all’elefante che ne ha 1950 ed è capace di «sentire» anche l’acqua.
Cominciando il nostro viaggio tra le materie aromatiche incontriamo il nardo, che significa «riccioluto», una delle materie più antiche impiegate in profumeria che si pensa sia stato scoperto da Alessandro Magno.
Quindi troviamo la famiglia degli incensi e resine e degli agrumi.
Questi ultimi sono una delle materie più utilizzate per la produzione di profumi, soprattutto l’arancio amaro perché riesce a garantire sostenze molto diverse a secondo della materia di partenza dell’estrazione. Dai fiori si ottiene infatti per distillazione l’olio essenziale di Neroli, dai frutti e dalle foglie e cime (frutti non maturi) olii essenziali molto diversi. Dai frutti si può estrarre la materia per espressione, una lavorazione che avviene con una sorta di grattugia, come mostra un video.
Il mondo delle resine ci riporta al Vecchio Testamento e al dono dei Re Magi, oro, incenso e mirra. In realtà l’oro era probabilmente benzoino, materia molto preziosa da essere associata a livello simbolico all’oro e l’incenso riunisce un mondo di spezie.
La storia del profumo ci porta dall’oriente dell’India e della Cina, verso il Medio Oriente, al Mediterraneo e all’Europa attraverso la cosiddetta via delle spezie che anticamente si muoveva su due binari, la via di terra e quella per mare.
Si giunge così al cuore del museo, l’Osmorama, con circa mille essenze, divise in tre sezioni, rispettivamente, gli ingredienti naturali, estratti da sostanze che si trovano in natura appunto; le sostanze di sintesi che riproducono in laboratorio quanto esistente in natura; e una serie di essenze alimentari, come il riso basmati o il caramello che rappresentano un mondo in via di sperimentazione per renderle utilizzabili in profumeria.
Una sosta a sé merita l’Iris, fiore simbolo di Firenze, tre volte più prezioso dell’oro in qualità di ingrediente per il profumo: se ne utilizza il rizoma che necessita una coltivazione per tre anni per essere utilizzato; a quel punto la radice viene spellata a mano ed essiccata per altri tre anni, quindi distillata in corrente di vapore, dando quel caratteristico odore talcato.
Nel mondo delle radici troviamo ad esempio la noce moscata e il macis, la parte esterno della stessa e il vetiver, uno delle più utilizzate.
Il mondo delle piante aromatiche ci riserva una sorpresa con i cosiddetti fiori impossibili ai quali non si può applicare l’estrazione oppure il risultato è molto diverso ed evidentemente non meritevole che sono il mughetto, il lillà. Il caprifoglio, il giacinto, la gardenia e il glicine, alcuni molto noti come profumo che evidentemente possono solo essere realizzati con essenze di sintesi.
Segue il capitolo dei legni come l’agarwood o semplicemente ‘oud, legno in arabo, molto impiegato nel mondo arabo; quindi quello affascinante e quasi inquietante delle essenze animali che, fatta eccezione per la cera d’api, sono secrezioni ghiandolari come l’ambra grigia, il rigurgito del capodoglio; la civetta, proveniente da un gatto selvatico; il musk legato al cerbiatto e il castoreum dal castoro. Oggi tutte di sintesi perché è praticamente impossibile ottenerle dall’animale vivo e anche uccidendolo spesso si invalida il processo di rilascio che avviene per attirare la femmina.
Una sessione è dedicata infine alla lavorazione da quella più antica l’enfleurage alla più utilizzata, la distillazione in corrente di vapore. Il primo metodo, descritto ne Il profumo da Patrick Suskind, avviene con l’immersione in grasso animale di petali di fiori che vengono più volte rinnovati fino ad ottenere una pommade da spalmare.
La distillazione avviene mettendo degli oli essenziali in una cisterna scaldata con una fonte di calore; segue un’evaporazione con un raffreddamento successivo che porta le particelle di olio a galleggiare sull’acqua per poter essere così separate ed utilizzate. Il recipiente che le accoglie è detto «Bottiglia fiorentina» e per curiosità è bene sapere che tutto il mondo utilizza tale espressione.
a cura di Ilaria Guidantoni