Bebeez ha incontrato Stéphane Lissner, l’attuale sovrintendente del teatro San Carlo di Napoli. Ecco le sue sensazioni e le sue idee sul futuro.
D: Il Suo insediamento al San Carlo è coinciso con un periodo altamente difficile e drammatico non solo per la nostra città ma per la nazione e per il mondo intero. Questo ha avuto conseguenze gravi sul mondo dello spettacolo ed ha prodotto forse un allontanamento del pubblico, una perdita di consuetudine a frequentare il Teatro. Come pensa di risalire la china e riportare il pubblico allo spettacolo dal vivo?
R: Non è semplice rispondere a questa domanda. Il Teatro, purtroppo, non ha avuto una vita normale per tutti i problemi legati a questa pandemia. Da quando sono arrivato, nel frattempo, ho costituito una nuova squadra di lavoro formata da un nuovo direttore del coro, un nuovo direttore del ballo e un nuovo coordinatore artistico che ha già iniziato a lavorare per la prossima stagione, tenendo conto delle condizioni che questo momento impone. Con il coordinatore artistico, Ilias Tzempetodinis, vi è un lungo sodalizio che dura dai tempi della Scala di Milano e dell’Opera di Parigi. Il mio desiderio è quello di portare l’opera anche nelle periferie limitrofe attraverso l’allestimento di grandi schermi connessi al Teatro durante l’esecuzione degli spettacoli.
D: È trascorso poco più di un anno dal Suo insediamento nella massima carica del nostro Teatro. Come giudica il rapporto che ha instaurato con le masse artistiche e tecniche del San Carlo ed il rapporto con la città?
R: Stiamo attraversando un momento molto particolare condizionato dalle norme che i protocolli impongono. Nonostante ciò, è mia opinione che questo Teatro abbia una potenzialità enorme, prima di tutto per la sua bellezza, poi anche per la sua acustica oltre che per le sue dimensioni in termini di accoglienza del pubblico. Possiede una storia molto importante a partire dal settecento fino agli anni 50, periodo nel quale la Scala e il San Carlo sono stati considerati dello stesso livello. Questo è il mio obbiettivo, accettare la sfida di volerlo riportare ai suoi antichi e meritati splendori pur con tutte le difficoltà connesse a politiche di pareggio di bilancio e a tutto ciò che non va trascurato per ripristinarne le sorti. Ho trovato sia il coro che l’orchestra già ad un ottimo livello di preparazione, ma ambire al meglio è il mio più grande auspicio.
D: Il repertorio dei teatri d’opera ruota quasi sempre attorno ad alcuni titoli e ad alcuni autori. Vi è quasi il timore di affrontare il repertorio contemporaneo per la possibile perdita di spettatori. Non pensa che un teatro pubblico che fruisce del contributo dello Stato, debba superare questo timore e favorire la produzione anche del repertorio contemporaneo?
R: No, non c’è il timore di rappresentare l’opera moderna. La mia storia lo racconta. L’anno scorso abbiamo iniziato con Aida e abbiamo continuato con Cavalleria Rusticana, ma nel prossimo futuro abbiamo già pensato a incursioni nel repertorio contemporaneo. La riuscita oltre che le potenzialità di questi progetti sono state molto ben meditate. Anche i cantanti, di fama mondiale, che sono stati coinvolti, hanno deciso tutti di accettare il mio invito e di ritornare. Sono abbastanza ottimista per il futuro ed anche per la prossima stagione alla quale stiamo già lavorando. Questo Teatro non è come i precedenti che ho a lungo frequentato. Dopo il mio contributo presso la Scala di Milano e l’Opera di Parigi, avevo deciso di fermarmi per i limiti d’età imposti dal mio paese di nascita. Quando però mi si è presentata la possibilità di seguire il San Carlo di Napoli, ho dovuto riconsiderare il tutto per la peculiarità di questa occasione. Sono sinceramente convinto che questo Teatro meriti di diventare il numero uno in Italia. La storia di un teatro è spesso legata a quella dei sovrintendenti, e svolgere un buon lavoro di relazione con gli artisti da coinvolgere è molto importante. Durante gli anni della mia carriera ho avuto la fortuna di lavorare con i più grandi rappresentanti del mondo artistico, alcuni dei quali purtroppo, non sono più tra di noi. La storia c’è e si respira dappertutto all’interno di queste mura; sono certo che questo Teatro possa essere sottoposto ad un lavoro della stessa portata di quello che ha svolto Sylvain Bellenger a Capodimonte. Vedremo, e dico vedremo, perché il nostro impegno sarà quello di restituire al San Carlo il posto che ha occupato in Europa e nel mondo nel suo passato.
D: Qual’è l’argomento che le sta più a cuore da ‘uomo’ oltre che da Sovrintendente di questo Teatro?
R: In questo Ente gli stipendi non sono alti e la situazione non è facile. Napoli non è Milano. A me stanno a cuore i lavoratori, ai quali dedico tutta la mia attenzione rendendomi conto delle loro importanti difficoltà. Del pubblico non sono preoccupato, le persone hanno voglia di tornare a teatro.
D: Nell’ormai lontano 1994 l’allora direttore artistico Filippo Zigante chiamò a dirigere il Coro del San Carlo il giovane José Luis Basso. Dopo tanti anni Lei ritorna su questa scelta; come mai?
R: Decisi di proporgli di far parte della mia squadra quando ero a Parigi, arrivava da Barcellona ed era già un grande professionista, ho imparato a stimarlo moltissimo e oggi fa di nuovo parte del mio progetto artistico qui a Napoli.
D: Come pensa di coinvolgere i giovani talenti?
R: Dal prossimo settembre avvieremo un’Accademia per voci liriche, selezionate accuratamente per la formazione e la specializzazione in ambito artistico sotto la guida di docenti di grande pregio e la supervisione della grande cantante lirica Mariella Devia. Come materia di studio, verranno approfonditi il patrimonio musicale dei grandi compositori partenopei, il 700 e il bel canto.
a cura di Panglossina