Assaggio è la mostra fotografica di Carlo Fei che Stefano Di Puccio ospita nei locali della Trattoria 4 Leoni, in piazza della Passera a Firenze, fino al 30 giugno, un’antologia di vent’anni di fotografia di un fiorentino in un luogo di assaggi, curata da Anna Maria Amonaci, docente di Storia della fotografia all’Accademia di Brera di Milano.
La mostra, come ci ha raccontato Stefano Di Puccio, proprietario di un luogo di incontro non nuovo alle contaminazioni artistiche, nasce dall’amicizia con l’artista e anche da una scommessa con un’amica collezionista che lo ha spronato a cercare di esporre un personaggio che presenzialista proprio non lo è. Di Puccio ama la fotografia, incantato dal fascino della rapidità che restituisce la realtà con un lavoro immensamente più rapido rispetto alla pittura e del tutto personale perché una foto, è un’idea, non coglie la realtà ma quello che uno sguardo riesce a vedere. Per questo il suo sogno resta quello di promuovere in città un Festival internazionale della fotografia (per il quale da Consigliere comunale si è battuto più volte). La passione però nasce proprio da una personale di Carlo Fei a Forte Belvedere, 17 anni fa e nel Duemila Di Puccio già aveva organizzato una mostra in piazza della Passera che è rimasta aperta per alcuni mesi sul tema dell’Arno curata sempre dalla Amonaci.
La mostra distribuita nelle tre sale del locale è una raccolta dei lavori di diversi periodi, una micro-retrospettiva, che copre il periodo che va dal 1992 al 2012 quando Fei interrompe la sua attività per dedicarsi al formato Polaroid realizzato con un’applicazione disponibile per l’Iphone, preso dalla nostalgia della bellezza di queste foto in origine stampate su carta degli Anni Sessanta del Novecento.
Ha poi ripreso nel 2022 a fotografare anche se per ora non ha trovato la sua nuova strada. Così l’esposizione si ferma al 2012 con una scelta di due scatti per tema, divisi in due serie, rispettivamente Fatti di niente come gli amuleti, gli insetti che una volta morti non sono che polvere e le biglie; e Né più né meno, definizione aderente in particolare alle batterie.
In realtà dal 1992 al 1997 Fei attraversa una fase di studio finche nel 1997 c’è uno spartiacque rappresentato in mostra da un Paesaggio di Madrid, quasi astratto. Nascono così le nuove serie, a cominciare dalle batterie delle macchine esaurite e ingrandite che dimostrano come oggetti orai inutili possano prendere nuova vita, nella scia del pensiero greco dei naturalisti “nulla si crea, nulla si distrugge; tutto si trasforma”, passando a oggetti estetici, ingranditi così tanto da svelare una gamma cromatica seducente. In Fatti di niente, invece, l’idea è di dare valore a oggetti poveri in sé il cui valore è nel simbolo, nella metafora com’è il caso degli amuleti che gli sono stati portati da Napoli da alcuni amici, piccoli gingilli in plastica che nascondono una filosofia e una visione del mondo.
Ogni elemento ritratto esposto è avulso dal contesto e nobilitato quasi fosse un gioiello, definito anche dal contrasto con lo sfondo rigorosamente nero, ognuno di loro assume una dimensione astratta, misteriosa, quasi irreale. Fei ne fa emergere, come ha sottolineato lo storico dell’arte contemporanea Marco Pierini in un saggio sull’artista, intitolato Dal nero, “le proprie recondite e inespresse qualità estetiche” e ne riscatta sia “la povertà dei materiali” di cui sono costituti, sia “la destinazione d’uso, spesso ordinaria, umile, comune e, nel caso degli amuleti, addirittura inconfessabile”.
Come accennato, le batterie, pezzi meccanici che banalmente si trovano nei motori delle macchine, sono riprese dall’alto, ingigantite, rivelando tutta la loro affascinante natura cromatica. Lo sguardo cade sul rigore geometrico delle linee e sul sottile gioco di colori che ci ricorda l’espressione astratta di alcuni dipinti come quelli di Piet Mondrian o Mark Rothko.
Tratti dall’immaginario classico della tradizione napoletana, le corna rovesciate e il corno rosso in mostra, come il gobbo, la maschera di Pulcinella, il quadrifoglio, il ferro di cavallo, sono alcuni degli amuleti su cui si sofferma lo sguardo di Carlo Fei. I talismani sono, generalmente, investiti di un potere magico, sovrannaturale, capace di proteggere l’individuo che li indossa. In questi scatti, senza perdere la valenza legata alla credenza popolare, si è condotti piuttosto a osservarne la forma, le linee, la superficie, la bellezza intrinseca, così come succede per un’altra serie, quella degli insetti.
Potenti e delicati, gli insetti sembrano piccole sculture raffiguranti divinità prese in prestito da antiche culture, perdendo il loro effetto di repulsione. L’ape, ad esempio, è nata, secondo la mitologia egizia, dalle lacrime del Dio sole Ra, utilizzata spesso anche come simbolo reale, ed è così che Fei ce la mostra, in una posa ieratica, solenne, quasi fosse seduta su un trono.
Anche le biglie provengono da lontano, forse uno dei giochi più antichi al mondo, recuperati dai nostri ricordi di bambini, memoria viva dell’entusiasmo nel possederle, sono quelle in vetro con riprodotte, all’interno, le automobili da corsa ma qui non sfrecciano, sono ferme, bloccate in un “senza tempo”, in una paradossale rotazione continua.
Chiudono questa sequenza di immagini, le due uniche foto dove compare l’essere umano, da una parte due donne anziane, ad Amsterdam, dall’altra due bimbe su una spiaggia del Mare del Nord. Due momenti diversi dello scorrere della vita, dove il nero dello sfondo sparisce per lasciare posto a quello reale.
Chi è Carlo Fei
Nato a Firenze nel 1955, vive e lavora a Firenze. Laureato in pedagogia con una tesi sperimentale sull’utilizzo della fotografia di ritratto in casi di psicodiagnostica, ha compiuto anche studi musicali e fatto esperienza tecnica di laboratorio in chimica e fisica.
Dalla fine degli anni Settanta, opera come fotografo professionista nel mondo dell’arte, collaborando con gallerie, riviste, musei, istituzioni pubbliche e private. Dai primi anni Novanta ha sviluppato un autonomo percorso di ricerca artistica, presentato in mostre collettive e personali sia in Italia che all’estero (www.carlofei.com).
La Trattoria 4 Leoni
Storico locale nel cuore dell’Oltrarno fiorentino, dal 1995, con la gestione di Stefano Di Puccio, il successo le ha permesso anche la riqualificazione del quartiere che la ospita, grazie alle numerose attività con cui anima costantemente Piazza della Passera, vero e proprio salotto culturale cittadino.
a cura di Ilaria Guidantoni