Le tavole originali realizzate per alcune delle opere più conosciute di Manuele Fior, illustratore oggi tra i maggiormente apprezzati sulla scena internazionale, sono il cuore della mostra Manuele Fior. Viaggio a colori, a cura di Giorgio Bacci, a Palazzo Blu di Pisa fino al 1° settembre, accompagnata da un catalogo dal titolo Manuele Fior. Viaggio a colori edito da Felici Editore e realizzata da Palazzo Blu, con il sostegno della Fondazione Pisa.
L’esposizione, attraverso le tavole originali di quattro capolavori che coprono quindici anni di intensa attività creativa (Cinquemila chilometri al secondo, L’Intervista, Celestia, Hypericon), rappresenta una preziosa opportunità per entrare nell’affascinante mondo disegnato da Manuele Fior che in un video racconta il percorso.
In continuità con la presenza di grafici e illustratori importanti a Palazzo Blu, “quest’anno è la volta delle graphic novels di Manuele Fior”, commenta Cosimo Bracci Torsi, presidente di Palazzo Blu, “sul filo della propria fantasia e di un’ispirazione che va dal cinema di Spielberg all’espressionismo di Rothko, con la leggerezza del segno e l’originalità del colore Fior crea immagini di grande eleganza e suggestione”.
Quanto alla tecnica, nel corso degli anni l’arte di Fior muta notevolmente dai colori liquidi di Cinquemila chilometri al secondo, al successivo bianco e nero, quindi alla china per approdare alla tempera, scelta consolidata, che segna il fatto che “il lavoro si ripulisce nel tempo”, esprimendone la maturazione.
Infatti, come afferma il fumettista argentino Carlos Sampayo, citato dallo stesso Fior, ogni disegno è un autoritratto che, come un sismografo registra le variazioni dell’io. Come ricorda Fior: «Ho disegnato con le squadrette, il teodolite, il computer, le tempere e il carboncino. L’ho fatto nel deserto, sottoterra, in un cimitero, in cima a una rovina romana, nel coro della cattedrale di Trondheim».
Ci racconta lo stesso autore in una sorta di visita virtuale come si intreccino due filoni, rispettivamente quello del viaggio e dell’adolescenza, dei sentimenti quali traiettoria esistenziale, e quello della fantascienza che apre le porte al visitatore.
A piano terra un unico ambiente è dedicato a Celestia, racconto del 2010 che sfonda completamente la porta di questo genere, molto amato dal disegnatore, una favola ambientata in una città surreale, una Venezia trasfigurata e irriconoscibile guardandola per come è realmente ovvero senza cambiamenti significativi nel corso del tempo, per la sua peculiarità storica e per la sua conformazione. Qui Piero e Dora, i protagonisti, condividono un superpotere, la telepatia e vivono una storia rocambolesca di fughe e scoperte nell’arcipelago veneziano, alla scoperta del paesaggio che diventa metafora dell’esplorazione di una nuova fase dell’umanità che si cimenta in qualcosa di inedito, la comunicazione non verbale. Una storia che continua ad interrogare Fior che potrebbe anche pensare a un seguito.
È L’intervista il suo primo fumetto di fantascienza con il quale lascia da parte il profilo autobiografico, la storia di Dora, una ragazzina pazzerella e di uno psicanalista cinquantenne, appena divorziato, storia di un incontro di conoscenza tra due generazioni e due punti di vista diversi che diventa un viaggio nell’’oltre’ in una città molto lontana dall’idea comune di fantascienza, Udine, e per questo stimolante nell’interpretazione con una chiave d’accesso originale. In bianco e nero, risente dell’atmosfera del film di Antonioni del 1962, L’eclissi, studiato accuratamente da Fior.
L’altra dimensione è quella del viaggio, unita a quella di una malinconica nostalgia sfuggente, costitutiva delle opere dell’autore che ha vissuto appieno il boom della “generazione Erasmus” degli anni Novanta del secolo scorso, un tema che infatti ritorna e riaffiora nelle narrazioni come un fil rouge declinato in modi e colori diversi: partendo da Cinquemila chilometri al secondo, per arrivare a Hypericon.
Nel primo, per il quale ha ricevuto un premio che lo ha fatto conoscere si copre un arco di tempo di vent’anni nella vita di due giovani dall’adolescenza all’età adulta con un viaggio nel tempo e nel sé di un mondo che cambia con la presa di coscienza delle relazioni che da sogno diventano realtà, maturano anche grazie alle disillusioni, come quella collettiva, di un mondo con le distanze accorciate. Alla generazione Erasmus che ha permesso anche a Fior di viaggiare, l’11 settembre 2001 ha dato una forte battuta d’arresto. Non c’è un filo strettamente autobiografico ma un sentire personale come anche in Hypericon con cui si conclude la mostra che unisce due storie parallele, la prima che si svolge a Berlino, precisamente nel 1998 come si deduce dal particolare di un’etichetta musicale e dove lo stesso autore ha vissuto proprio da quell’anno al 2003, il periodo che ricorda come gli anni più divertenti della sua vita, e l’altra ambientata in Egitto nel 1922, anno del ritrovamento della tomba di Tutankhamen. L’intreccio crea un ponte tra due giovani, due mondi e l’universo archeologico evocato, in parte finzione, in parte realtà come la mostra sull’Egitto realmente realizzata a Berlino anche se in un momento diverso e con alcune caratteristiche differenti.
Quella dipinta da Fior è una galassia complessa e articolata, ricca di riferimenti musicali che scandiscono ritmicamente le storie, suggerendo tempi di visione e lettura: Annette Peacock (We belong to a world that’s destroying itself), Manu Chao (Clandestino) e la controcultura punk berlinese in Hypericon, Federico Fiumani (con Elena citata nell’occhiello di apertura), Jefferson Airplane (3/5 of a Mile in 10 Seconds), Beach Boys, Joni Mitchell (Blue) in Cinquemila chilometri al secondo, Serge Gainsbourg (Histoire de Melodie Nelson) in L’intervista.
Fior immerge il lettore, attraverso accensioni coloristiche e stilettate grafiche, nell’inconscio collettivo (è evidente lo studio di Freud e Jung), filtrato da scrittori e intellettuali che, opportunamente riportati negli occhielli dei libri, sfruttano il margine come dimensione estetica: è così che vengono citati Paul Delvaux (in Hypericon), Iosif Brodskij (Fondamenta degli incurabili in Celestia/volume primo), Pier Paolo Pasolini (Profezia in Celestia/volume secondo), ma anche, forzando la dimensione appena delineata, il Faust di Johann Wolfgang von Goethe (Rosso Oltremare). La costruzione visiva dei libri di Fior è attentamente calibrata, riuscendo a coniugare la passione per il cinema (da Steven Spielberg a François Truffaut e, soprattutto, Michelangelo Antonioni) con quella per la pittura e il fumetto (Winsor McCay, Picasso, Rothko).
“La mostra, attraverso oltre cento tavole originali, permette di entrare nell’universo creativo di Manuele Fior”, spiega Giorgio Bacci, curatore della mostra. “Un meraviglioso laboratorio in cui nascono galassie fantastiche e colorate, finemente ritmate come spartiti musicali che parlano a tutti, affrontando temi universali: i sogni e le ingenuità, le aspettative e la fiducia nel futuro dei più giovani, la faticosa ricerca di un’identità personale, le disilluse realtà dell’età adulta”.
Chi è Manuele Fior
L’artista, nato a Cesena il 25 aprile 1975, dotato di una fine sensibilità grafica e di una potenza coloristica che lo rendono immediatamente riconoscibile, lavora per importanti editori italiani e internazionali (in Italia è pubblicato da Edizioni EL, Feltrinelli, Einaudi, Oblomov, Coconino Press), e le sue illustrazioni compaiono su periodici e quotidiani italiani ed esteri, da la Repubblica, a Internazionale, Il Sole 24 Ore, Vanity Fair, The New Yorker e Le Monde.
Come ricorda Fior stesso in L’ora dei miraggi, volume che raccoglie i suoi lavori di illustrazione, la passione per il disegno lo ha accompagnato fin da bambino, quando ha iniziato «copiando i personaggi dei cartoni animati dalla televisione», per poi continuare «sui diari dei compagni di scuola, sui banchi, sulle maglie, per il giornale della parrocchia, per editori americani, per chiunque me l’abbia chiesto».
Un talento innato, coltivato con cura negli anni dall’artista che, prima di essere autore di fumetti e illustrazioni a tempo pieno, si è laureato in architettura all’Università Iuav a Venezia, ha lavorato per qualche tempo come architetto e ha percorso in lungo e in largo l’Europa (Oslo, Berlino, Parigi), prima di tornare a Venezia, dove attualmente risiede. Emanuel Fior ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui gli ambitissimi Attilio Micheluzzi (a Napoli Comicon nel 2007 per Rosso oltremare e nel 2010 per Cinquemila chilometri al secondo e di nuovo nel 2023 come migliore sceneggiatura per Hypericon), Fauve d’Or come Miglior Album (al Festival Internazionale di Angoulême nel 2010) e Gran Guinigi per Autore unico (a Lucca Comics nel 2010), questi ultimi due per Cinquemila chilometri al secondo.
a cura di Ilaria Guidantoni