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Articolo pubblicato su BeBeez Magazine n.15 del 25 settembre 2023
di Giuliano Castagneto
Presa solo la scorsa estate la cloche di doValue, il più grande servicer di NPL in Italia, Manuela Franchi è subito alle prese con due prove impegnative: risollevare il titolo a Piazza Affari e diversificare i ricavi in un mercato non più frizzante come negli ultimi anni. Ma le idee non mancano. Nel frattempo la tenuta riforma del mercato non preoccupa. Un delisting? Molto difficile, ma non si esclude nulla. Ecco il suo piano d’azione in esclusiva a BeBeez Magazine.
doValue è il più grande servicer italiano di crediti non-performing. Partecipato da fondo d’investimento Fortress al 28% e da Bain Capital Credit al 13%, a fine 2022 vantava asset in gestione nella sola Italia per 71 miliardi di euro, distanziando il secondo in classifica, Intrum, di ben 33 miliardi. Ovvio che doValue abbia sentito sulla sua pelle più di qualsiasi altro operatore del comparto gli effetti di un mercato piuttosto diverso da quello di pochi anni fa, quando il business era alimentato dalla necessità per le banche di liberare i bilanci dall’eccessivo peso delle esposizioni problematiche (NPL e UTP). Oggi, con un NPE ratio aggregato per le banche italiane inferiore al 5%, la pipeline di queste operazioni, il cosiddetto mercato primario, è molto meno affollata.
Non sorprende allora che i primi nove mesi del 2023 abbiano visto una frenata nella performance finanziaria del servicer guidato dallo scorso agosto dalla Franchi, già direttore generale delle Funzioni Corporate all’epoca della gestione di Andrea Mangoni. Nei primi tre trimestri dell’anno i ricavi lordi sono infatti calati del 21%, e dell’11,7% se si esclude l’effetto della perdita di un grosso mandato in Spagna (Sareb) nel 2022. L’ebitda ha dal canto suo registrato un calo (-23%) in linea con quello dei ricavi, mentre le acquisizioni di nuovi portafogli nello stesso periodo, in termini di nuovi mandati, sono ammontate a un Gross Book Value di 6,1 miliardi, di cui ben 4,5 miliardi provenienti dalla regione ellenica (Grecia e Cipro), e 900 milioni dall’Italia. Logico quindi che, al di là di una performance in borsa (-50% nell’ultimo anno) tutt’altro che soddisfacente, per Franchi e il suo team la sfida sia aumentare il flusso di ricavi nei principali mercati di riferimento. Il nuovo ceo di doValue ha spiegato come a BeBeez Magazine.
Domanda. In che modo l’attuale incertezza congiunturale sta incidendo sul mercato degli NPE?
Risposta. L’attuale tendenza congiunturale farà sì che l’NPE ratio medio delle banche italiane tornerà ad aumentare, ma è ancora difficile capire in che misura E soprattutto quando. Nel frattempo, gli imprenditori più deboli stanno facendo più fatica a far fronte ai loro obblighi finanziari e questo porterà a una diminuzione degli incassi. Un fenomeno, quest’ultimo, che sarà più evidente in Italia rispetto a Spagna e Grecia. Prevediamo che nello scorcio finale dell’anno ripartirà il flusso di crediti al mercato e ai servicer, ma sarà evidente solo nel corso del 2024. Al momento questo mix di minori collection e minori flussi sul primario peserà sui ricavi relativi all’Italia, tendenza in parte compensata dal business in Grecia grazie al portafoglio Ariadne e ad altre cessioni da parte di banche greche.
Domanda. Come pensate di contrastare questa tendenza?
Risposta. Abbiamo individuato alcune opportunità per diversificare le nostre fonti di ricavo. Se guardiamo al mercato primario, un fenomeno importante sarà l’incremento delle sofferenze legate alle difficoltà delle aziende che durante la pandemia hanno ottenuto crediti garantiti dal MCC. Sarà un volume importante visto che i crediti erogati ammontano a circa 200 miliardi di euro. Il progetto GLAM di AMCO (che si articolava su una serie di cartolarizzazioni, si veda l’articolo di BeBeez Magazine n.1 del 4 marzo 2023, ndr) era dedicato a questo tema, ma non è decollato (si veda articolo di BeBeez). Ciò non toglie che il problema vada gestito e i servicer non potranno non esserne coinvolti. Un altro sviluppo è secondo me legato al futuro della stessa AMCO (investitore e anche servicer di NPL, controllato dallo Stato, ndr). Ritengo cioè probabile che AMCO, dopo un’intensa attività di investimento negli anni passati, si dedicherà alla gestione ottimale del portafoglio esistente. Dato che la lista dei servicer cui ha esternalizzato la gestione dei portafogli è lunga, noi contiamo in una razionalizzazione di questa rete di rapporti.
D. Altre opportunità?
R. Sul mercato secondario, vedo una buona opportunità dalle commissioni legate ai passaggi di portafoglio tra diversi investitori. Se il fondo A cede parte di un portafoglio di cui curiamo il servicing a un fondo B, doValue percepisce una fee sulla quota del portafoglio passata di mano. Con l’aumento di volumi su questo segmento di mercato dovremmo vedere anche un aumento del relativo flusso commissionale. Guardiamo inoltre a nuovi prodotti e servizi, legati al mondo dei crediti Stage 2.
D. A questo proposito, le cose tra le banche e il mercato delle NPE, non stanno andando per il meglio. Le banche cioè sono restie a cederli perché se lo facessero, a uno sconto accettabile per gli investitori, la conseguenza sugli accantonamenti e la redditività sarebbero sensibili.
R. Ma noi non guardiamo alle cessioni di Stage2, bensì alla vendita di servizi finalizzati alla loro gestione ottimale. Stiamo quindi lavorando a modelli di monitoring di questi crediti tesi ad aiutare le banche a individuare i cluster più problematici di tali esposizioni e i clienti-debitori a trovare soluzioni per essere nuovamente inclusi nel sistema economico finanziario.
D. Tutto questo in Italia. Questa strategia di diversificazione coinvolge anche gli altri mercati?
R. In Spagna stiamo seguendo due strategie parallele. La prima è tesa a estendere la nostra attività agli small ticket, dell’ordine di 20-30 mila euro, non garantiti. Si tratta di crediti a piccolissime aziende o privati, comunque commerciali, non credito al consumo o prestiti personali. Lo facciamo dallo scorso giugno, su base pilota con Sabadell e successivamente anche con CaixaBank. Al tempo stesso con il Banco Santander stiamo provando a espandere la nostra attività anche ai crediti in arretrato per meno di 180 giorni. Ci stiamo impegnando dunque a offrire nuove soluzioni per supportare imprese e famiglie in difficoltà.
D. Alcuni vostri competitor guardano all’Europa dell’Est. Voi pensate di estendere il vostro business ad altri Paesi?
R. Al momento no. Per esempio, nell’area da lei citata è molto forte la presenza e la concorrenza degli operatori locali. Al punto che Intrum ha deciso di cedere alcune attività in Europa dell’Est.
D. A proposito di Intrum, il gruppo svedese condivide con voi una performance del titolo da dimenticare. A chi investe in borsa non piacciono i servicer?
R. Premesso che io posso parlare solo per doValue, spesso in borsa si tende a mettere insieme cose che sembrano uguali senza esserlo. Noi siamo un servicer puro, mentre altri player quotati sono anche investitori, nel senso che acquistano direttamente portafogli, e alcuni di essi ricorrono alla leva anche fino a quattro volte l’equity investito. Naturale che, se i tassi aumentano nella misura vista quest’anno, l’impatto sul valore dell’azienda sia molto forte. Noi abbiamo patito questo effetto alone, il rallentamento del business lungo l’arco del 2023.
D. Per quanto riguarda gli investimenti in tecnologia, in quale direzione vi siete mossi?
R. Abbiamo sviluppato delle funzioni che consentono ai dipendenti di visualizzare contemporaneamente tutte le documentazioni relative a una procedura di recupero, dedicando il personale ad attività più produttive. Abbiamo inoltre investito molto sui sistemi basati sull’intelligenza artificiale per elaborare modelli predittivi della capacità di recupero dai clienti debitori gestiti. Infine, abbiamo sviluppato le piattaforme locali in Spagna e Grecia, di interfaccia con i clienti, per adeguarle alle loro esigenze e alle normative, mantenendo una piattaforma centrale di elaborazione e gestione.
D. Quanto avete investito in tutto in tecnologia?
R. Tra 80 e 85 milioni di euro negli ultimi tre anni.
D. Tutti i player stanno facendo grossi investimenti in hi-tech. Non c’è il rischio di costose duplicazioni? Secondo lei il mercato è alla vigilia di un consolidamento?
R. In realtà il consolidamento è già iniziato, con l’acquisizione di Prelios da parte di ION, che aveva già comprato Cerved. Ci sono in Italia ancora diversi servicer poco specializzati e di insufficiente massa critica. Poi c’è da capire cosa deciderà di fare il governo con AMCO. Sono tutte opportunità.
D. Diverse imprese sono uscite dal listino per raccogliere dal private capital le risorse necessarie a crescere. Come vedete una simile soluzione?
R. Non ci precludiamo a priori alcuna possibilità. Tengo però a precisare che la quotazione ci ha consentito di diversificare molto la nostra base di azionisti, consentendoci di non legarci ad alcun investitore specifico, il che è importante perché un servicer captive tende a fare gli interessi dell’azionista. Qualsiasi cambiamento nel nostro azionariato deve tenere conto di questa esigenza.
D. Cosa pensa della proposta riforma del mercato degli NPL di cui si parla dall’inizio dell’estate, l’ormai famoso Disegno di Legge AC 843 (si veda articolo di BeBeez)?
R. Posto che il progetto, così come è stato presentato, pone un problema reputazionale, in quanto il governo, dopo che lo Stato ha agevolato lo sviluppo del mercato è difficile che introduca una normativa che propone un prezzo fisso al 120% di quanto investito a chi aveva comprato a condizioni molto diverse, la mia percezione è che sia stato accantonato essendoci questioni più urgenti da gestire. Direi che in questo momento non è un tema di cui ci stiamo preoccupando.