Clicca qui sopra per vedere il video della tavola rotonda
E’ online il video della tavola rotonda
organizzata da BeBeez per TIM Management
lo scorso 11 novembre
in presenza (solo per i partner di TIM Management, all’Hotel Gallia a Milano)
e in diretta streaming su Finanza Now
su
Vincere in tempi di incertezza
Gli strumenti e le competenze necessarie al management
per governare la crisi. Il ruolo dell’interim manager
e la relazione con gli stakeholder. Casi pratici a confronto
Qual è il tipo di manager che ci vuole per traghettare un’azienda in crisi fuori dalle secche. E’ stesso manager che era al comando quando è deflagrata la crisi? E qual è invece il manager in grado di capire che è il momento di cambiare un modello di business che sino a quel momento è andato bene, ma rischia di diventare obsoleto a breve? Ovviamente, visto che si parla di uomini e donne, una risposta univoca non c’è per definizione, ma certo quello che è emerso dalla tavola rotonda di TIM Management dello scorso 11 novembre, moderata dal direttore di BeBeez, Stefania Peveraro, come ben riassunto da Ettore Del Borrello, partner di TIM Management, è che “il manager che si trova a vivere la crisi deve affrontare in sostanza un problema di lealtà e fare quello che deve essere fatto mettendo in gioco anche la propria posizione. Bisogna avere il coraggio di riconoscere come stanno le cose, di dirle ed eventualmente di fare un passo indietro”.
E i manager che si trovano a dover ammettere che la loro azienda è arrivata a vivere un momento particolarmente critico certo oggi non sono pochi. Le aziende che in questi mesi stanno vivendo momenti di difficoltà si stanno infatti moltiplicando, dopo aver sofferto per i lockdown a seguito della pandemia e ora per il caro-energia, per l’inflazione, per l’aumento dei tassi di interesse e le difficoltà di approvigionamento di varie filiere. Ma soprattutto, ha sottolineato Federico Maria Alberto Caligaris, equity partner CDI Global Italy, per un “problema di capitale circolante, con cicli che possono durare oggi anche 7-9 mesi. E qui diventano necessari strumenti come il factoring o la cartolarizzazione dei crediti commerciali, perchè in questo quadro le banche tradizionali hanno vissuto questo anno e mezzo sostanzialmente senza prendersi rischi, coperte da un lato dalle garanzie pubbliche e chiedendo, per la quota dei prestiti erogati non coperta dalle garanzie, ulteriori garanzie agli imprenditori. Il tutto pur continuando a chiedere un premio come se il rischio se lo prendessero. Ora che le garanzie MCC e SACE andranno gradualmente a esaurirsi, vedremo se torneranno a prendersi i rischi oppure se lasceranno sempre più spazio ai fondi specializzati in credito”.
Tornando al profilo dei manager adatti a gestire i momenti di difficoltà e transizione, Gaudenzio Bonaldo Gregori, presidente e amministratore delegato di Pillarstone, uno dei principali operatori di turnaround in Italia, specializzato nell’acquisto di crediti UTP dai portafogli delle banche, che poi converte in equity per poter gestire direttamente la ristrutturazione aziendale, ha sottolineato che “certo l’aspetto della finanza in queste situazioni è cruciale, ma poi sono gli uomini e le donne del management team chew fanno succedere le cose in azienda e che quindi sono artefici del turnaround. Tanto più perché le cose vanno fatte succedere con urgenza, perché si è in emergenza e in questo scenario l’allineamento del team all’obiettivo è fondamentale. Non a caso, quando si interviene in questi casi, spesso si decide per un più o meno significativo cambio del management team. Non perché le persone già presenti non siano per definizione competenti, ma perché chi ha portato l’azienda in difficoltà spesso non riesce a riconoscere gli errori fatti ed è quindi complicato gestire un percorso di risanamento con un team simile”. Quindi cosa si fa? Ha risposto ancora Bonaldo Gregori, utilizzando anche l’esempio pratico di Premuda, gruppo di shipping nel portafoglio del fondo (si veda altro articolo di BeBeez): “Per quanto ci riguarda, quando ancora dobbiamo dedidere se entrare in un’azienda, ci facciamo affiancare da un manager specialista del settore, insieme al quale predisponiamo il piano di risanamento. Dopodiché, una volta entrati in azienda, i primi mesi sono quelli dell’urgenza estrema e dell’intervento più finanziario, dove sinceramente poco importa la competenza specifica di settore, mentre serve aver visto innumerevoli situazioni di crisi, in modo da essere in grado di gestire le prime fasi della ristrutturazione. Una volta passata l’emergenza, invece, è necessario che a implementare il piano di rilancio aziendale sia un team competente nel settore e qui spesso tornano ad affiancarci gli stessi manager che ci hanno aiutato in prima battuta”:
A proposito di urgenza e competenza è intervenuta anche Sara Bertolini, group cfo e head Transformation, Strategy, M&A di Sirti, anche questo nel portafoglio di Pillarstone, uno dei leader in Italia nella realizzazione di infrastrutture per reti telco ed energia, che ha completato il turnaround e si sta rifocalizzazione sul core business legato ai temi PNRR della digitalizzazione (si veda altro articolo di BeBeez). Bertolini ha proposto una matrice che il manager che arriva in azienda per condurre la ristrutturazione o per guidare la trasformazione deve tenere a mente per potersi approcciare nel modo più adatto al management esistente: “Schematizzando, si può immaginare che il manager che arriva a capo dell’azienda si può trovare in una delle seguenti quattro situazioni. 1) C’è una crisi in corso, quindi c’è urgenza di agire perché si è in emergenza e in azienda c’è un management che non è sufficientemente competente per capire che si deve intervenire. In questo caso il nostro manager deve essere un chirurgo e intervenire immediatamente. 2) Non c’è una vera urgenza, perché non c’è crisi, ma c’è un management competente che percepisce che esiste l’opportunità per un cambiamento. Quindi il nostro manager deve essere un coach, in grado di trarre il meglio da ciascun membro del team, che già vuole collaborare. 3) C’è un’urgenza e c’è un management competente, che capisce la situazione ed è pronto a seguire il manager nel processo di ristrutturazione. In questo caso il manager deve essere direttore d’orchestra per sfruttare la situazione di emergenza e far emergere tutte le competenze di ciascuno. 4) Non c’è un’urgenza di cambiamento e c’è un management con un grosso gap di competenza che non vede assolutamente la necessità di cambiare le cose. Questa è la situazione peggiore perché l’urgenza non può essere usata come leva per prendere decisioni e qui il nostro manager deve essere un pilota, cioé individuare i pochi soggetti del team che sono meno contrari all’innovazione e condurre con questi un esperimento mirato su un progetto speciale per poi, una volta ottenuto il successo, proporlo come esempio agli altri, sperando di far loro cambiare idea”.
Il momento della trasformazione, peraltro, può essere molto insidioso. Il tema dell’urgenza dato dall’emergenza di dover intervenire per evitare il fallimento è infatti una leva potente per decidere che va imposto un management nuovo alla guida, ma appunto lo stesso non accade quando un’azienda è ormai ben radicata nel suo settore e non è quindi scontato capire se e quando è il momento di cambiare qualcosa. Lo ha detto chiaro Roberto Giacobone, amministratore delegato di Fincanova, capocordata del club deal che nel 2018 ha acquisito e salvato dal fallimento Koelliker spa, quella che negli anni ’80 era la società proprietaria della concessionaria auto simbolo della Milano da bere, con vetrine in piazza San Babila, ma che soprattutto possedeva concessionarie in tutta Italia e importava e distribuiva innumerevoli marchi, in particolare asiatici (si veda altro articolo di BeBeez). Una volta messa in sicurezza sul fronte finanziario Koelliker era pronta a ripartire ma poi l e regole del gioco sono cambiate: “Koelliker ha avuto le stesse regole per anni poi il mondo della distribuzione auto è cambiato radicalmente. E c’è tutto il nuovo mondo della mobilità elettrica. E’ evidente che questa evoluzione dello scenario non può essere ignorata, anzi. E così vale per altri settori. Se mi si chiede se lo stesso bravo manager che ha gestito sino al momento prima un’azienda è in grado di gestire quello che è diventato un’altra cosa, la risposta è dipende. Ma direi che è improbabile. Almeno non nello stesso posto, dove ha già fatto un pezzo importante della sua carriera”.