Mentre si aspetta di capire esattamente in cosa consisteranno le limitazioni agli spostamenti per motivi di lavoro, oltre che di salute, all’interno della nuova zona arancione creata nella notte tra sabato e domenica dal governo in Nord Italia per contenere il contagio da coronavirus (si veda altro articolo di BeBeez), tutti gli operatori aspettano con il fiato sospeso questa mattina l’apertura di Piazza Affari. Sinora, infatti non è stata diffusa alcuna comunicazione circa una possibile sospensione delle contrattazioni o almeno di una introduzione del divieto di vendite allo scoperto.
Intanto la situazione per le aziende sta diventando sempre più pesante. Nei giorni scorsi BeBeez ha riportato uno studio di ARisk, una startup innovativa cofondata da Giuseppe Vegas, ex presidente Consob) e spin-off del Politecnico di Torino, ha sviluppato un algoritmo di calcolo innovativo per l’analisi e il monitoraggio dei rischi attuali e in grado di prevederne l’evoluzione attraverso tecniche di intelligenza artificiale e machine learning. Lo studio di ARisk (si veda altro articolo di BeBeez) calcola che le imprese da uno a 5 milioni di euro di ricavi in 15 giorni di blocco della produzione si trovano ad aver già bruciato in media 103 mila euro di cassa, mentre quelle con ricavi tra 5 e 10 milioni nello stesso periodo hanno bruciato cassa per 300 mila euro e quelle tra i 10 e i 15 milioni sono arrivate a bruciarne 450 mila. Non solo. Per le aziende della fascia più piccola non c’è più cuscinetto di protezione: la cassa l’hanno bruciata tutta e avrebbero bisogno di tutti quei 103 mila euro per poter far fronte agli impegni contingenti, mentre la deadline per le imprese più grandi è di 44 giorni (per 1,3 milioni di cassa complessiva bruciata) e per le imprese nella fascia media la data cruciale è la soglia dei 50 giorni (e di 1,1 milioni di euro bruciati).
Sempre nei giorni scorsi Cerved Credit Ratings ha a sua volta diffuso uno studio su 25 mila aziende italiane per le quali monitora il rating, che calcola che, se l’emergenza Coronavirus dovesse continuare fino a metà anno, la probabilità di default delle aziende italiane salirebbe dal 4,9% al 6,8%, con un minimo del 2,6% per il settore farmaceutico (in miglioramento dal 3,8%) e un picco al 10,6% per il settore delle costruzioni (dall’8,1%), ma se dovesse dilagare la pandemia e l’emergenza perdurasse sino a fino anno, allora la probabilità di default salirebbe sino al 10,4%, con un minimo del 7,5% e un picco del 15,4% per i medesimi settori (si veda altro articolo di BeBeez). Le stime d’impatto sulla marginalità portano l’ebitda margin medio delle aziende del campione al 4,2% nello scenario soft dall’attuale 6,1% e al 3,1% nello scenario hard. E anche sul fronte del rapporto tra ebit e interessi sul debito, cioè tra risultato operativo e oneri finanziari, le prospettive sono piuttosto grame e le aziende avranno sicuramente più difficoltà a garantire il regolare servizio del debito, con il rapporto che passerebbe in media dal 4,12% al 2,51% nel caso di scenario meno grave e all’1,64% nello scenario più grave.
Quello che al momento emerge è che le banche hanno difficoltà ad accompagnare le pmi in questa emergenza e che il ricorso alle piattaforme fintech sta aumentando. In prima battuta certamente a quelle di invoice financing, visto che chi si trova con fatture in pagamento inizia a dubitare del fatto che il proprio cliente possa pagare in tempo e quindi preferisce cederla. Anche quando si tratta di clienti che sono aziende di dimensioni importanti”, ha commentato a BeBeez e MF Milano Finanza Mattia Spada, managing partner di Crescitalia Holding, proprietaria della piattaforma fintech CrescitaliaLab, che cartolarizza fatture e le cede a investitori istituzionali.
Le banche da parte loro si difendono. “In queste settimane siamo stati in dialogo costante con gli imprenditori principalmente su due esigenze: far fronte all’interruzione della catena delle forniture, soprattutto dalla Cina, e alla contrazione delle vendite. Abbiamo messo a punto un pacchetto emergenza per le imprese delle 7 regioni della zona gialla, in cui valutiamo la sospensione di sei mesi delle rate dei finanziamenti e inoltre per le aziende che hanno ritardi nell’importazione abbiamo dato la possibilità di ritardare di 120 giorni i pagamenti a fronte di operazione di import. Infine ci rendiamo disponibili a dare un credito di liquidità per coprire l’eventuale squilibrio”, ha detto il co-ceo Italy di UniCredit, Andrea Casini.
Ma resta vero che “questa settimana stiamo assistendo a un raddoppio secco dei volumi di crediti commerciali ceduti dai nostri clienti, che però è guidato da clienti di dimensioni medie o medio-grandi”, ha segnalato Ignazio Rocco di Torrepadula, ceo e fondatore di Credimi, che ha aggiunto: “I nostri finanziamenti a medio termine, usati in prevalenza da imprese piccole e piccolissime, erano invece già in forte crescita per tutto il mese di febbraio, viaggiando a un ritmo 3-4 volte superiore rispetto alla media del 2019, e continuano a viaggiare a questo ritmo”.
Le piattaforme che offrono prestiti a medio-lungo termine per importi più grandi, per contro, non sembrano registrare un picco di richieste: “Per il momento non abbiamo avuto evidenza di significative variazioni delle richieste da parte delle imprese e neanche di diversi orientamenti sulla selezione dei prestiti da parte degli investitori”, ha detto Sergio Zocchi alla guida di October in Italia, che però ha aggiunto: “Proprio la flessibilità e la velocità dei nuovi canali di finanziamento fintech rispetto a quelli tradizionali potranno sicuramente essere un vero valore aggiunto in questo difficile contesto di mercato”.
Ma anche il mondo dei minibond non sta certo con le mani in mano.“Ci sono aziende con buoni prodotti che in questo momento devono fronteggiare un drastico calo di domanda e purtroppo devono immaginare che questa situazione possa perdurare per mesi, quindi è necessario che trovino chi finanzi il magazzino, che peraltro potrebbe anche essere dato a garanzia”, ha detto Leonardo Frigiolini, ceo di Frigiolini &Partners Merchant, advisor specializzato nella strutturazione di minibond short term (si veda altro articolo di BeBeez). F&P gestisce anche la piattaforma di equity crowdfunding Fundera, che ha già lanciato una sezione dedicata ai minibond. Non a caso, ha detto ancora Frigiolini, “F&P sta lanciando il programma Pluribond Restart Italy, un programma di emissioni di minibond di pmi a 5-6 anni con 1-2 anni di preammortamento. Inizieremo dalle pmi con base nelle zone più colpite, quindi Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. E infatti abbiamo battezzato questa prima tranche del programma Restart Italy Red Zone. E come investitori abbiamo già convolto 5 dei principali Confidi italiani”.
Certo, iniziative come questa sarebbero facilitate se nel frattempo il Ministro dell’Economia e delle Finanze e il Ministro dello Sviluppo Economico firmassero un decreto interministeriale che è pronto da tempo e che prevede una serie di modifiche al funzionamento del Fondo di Garanzia pmi, che come noto oggi copre con la sua garanzia sino all’80% del valore del prestito erogato a un’azienda sino a un massimo di 2,5 milioni di euro revolving. A oggi, però, se il prestito è erogato sottoforma di minibond, quella soglia è solo di 1,5 milioni, mentre il decreto prevede di raddoppiare la disponibilità relativa a ogni operazione di nuova finanza in modo da avere massimali, da 2,5 milioni di euro ciascuno, uno per le linee di credito e l’altro per i minibond. L’altro punto caldo è il fatto che il decreto prevede la possibilità di cedere il titolo sul secondario, insieme alla garanzia. Inoltre è previsto che la richiesta di garanzia possa essere fatta a monte dall’azienda emittente o dal suo advisor su tutto l’ammontare dei minibond in emissione, che poi vada a distribuirsi tra i vari investitori. A oggi, invece, la procedura è più complicata, perché è necessario che ogni investitore faccia richiesta per la sua quota di garanzia. Infine si prevede che la copertura prevista per la prima perdita su portafogli di minibond, salga dall’attuale 8% al 15% del valore del portafoglio complessivo.