di Italo Soncini,
managing director Alvarez&Marsal
In Italia quadro normativo delle grandi imprese in crisi non sembra essere adeguato per gestire efficacemente la prevedibile ondata straordinaria di crisi aziendali. Ma basta guardare all’estero per trovare una risposta efficace sui requisiti del commissario.
Pur in presenza di un rimbalzo del Pil nel 3° trimestre del 2020, si iniziano già a vedere i primi segnali delle difficoltà in cui versano le nostre aziende a causa dell’emergenza Covid. Il quadro normativo delle grandi imprese in crisi, le cosiddette disposizioni relative alle Amministrazioni Straordinarie contenute nella Legge Prodi Bis e nella Legge Marzano, però non sembra essere adeguato per gestire efficacemente la prevedibile ondata straordinaria di crisi aziendali.
A oggi, infatti, la norma non distingue efficacemente fra meccanismi, strumenti e professionalità per il risanamento delle pmi e per quello delle grandi imprese. Queste ultime, spesso gruppi, hanno una complessità gestionale non comparabile alle pmi, dovuta, non solo al livello di fatturato, ma al rapporto fra attivo/passivo e al numero di dipendenti, alla contestuale presenza in diversi settori industriali con diverse specificità, all’articolazione funzionale dell’organigramma societario del gruppo e all’organizzazione gerarchica, che spesso dà origine a flussi intercompany, al numero di interlocutori interessati (spesso diverse decine di migliaia), ai processi di internazionalizzazione (sopra certe dimensioni sia produttiva che commerciale), alla normativa di riferimento relativa a diverse nazioni e per settori regolamentati.
A ciò, si aggiunge la complessità creata dalla crisi che richiede priorità, azioni e tempi di risposta diversi da quelli di gestione ordinaria. Il gestore di una grande azienda in crisi, nell’interesse di tutti gli stakeholder, deve essere in grado di mettere in campo tempestivamente tante e tali professionalità da poter di affrontare, su scala spesso globale, un insieme di criticità contemporaneamente.
L’esperienza dimostra che il Collegio commissariale, anche in caso di organi collegiali con competenze adeguate, stenta a funzionare per diversità di vedute, assenza di deleghe formalizzate e conseguente responsabilità collegiale: manca, insomma, un decisore unico che faccia la sintesi.
Nelle procedure in continuità, competenze ed esperienza dei commissari devono essere coerenti con l’obiettivo del risanamento dell’impresa e questo può essere garantito attraverso il mantenimento dell’operatività e della ristrutturazione, come avviene in quei paesi in cui gli organi giudiziari affidano la gestione della crisi di grandi aziende a operatori con coerenti caratteristiche esperienziali-tecnico-organizzative-dimensionali, che gestiscono il progetto con risorse, full time, su tutto il perimetro dell’impresa in crisi.
Negli Usa vengono nominati di concerto con il debitore e i maggiori creditori con l’obiettivo di massimizzare il valore dell’asset aziendale a beneficio di tutti gli stakeholder, ed è prassi collaudata la nomina di persone giuridiche quali Trustee della procedura o CRO (Chief restructuring officer), sempre contemplando il supporto di un team di specialisti. Si pensi ai casi più noti come Lehman Brothers, o alle più recenti Sears, Toys R Us e Mossi & Ghisolfi.
In Regno Unito al commissario si richiede la licenza di “Insolvency Practitioner” e si ricorre alla nomina di professionisti che operano all’interno di società specializzate che garantiscono un network integrato di competenze a livello nazionale e internazionale. Tra i casi più noti, l’operatore turistico Thomas Cook, il gigante delle costruzioni Carillion o Four Seasons Health Care, uno dei maggiori operatori socio-sanitari.
In Italia, requisiti e meccanismi di scelta dei commissari giudiziali e straordinari (ma anche degli asseveratori di piani industriali) non assicurano invece che sia selezionato chi ha un solido track record di gestione aziendale, scelte strategiche di business e gestione delle crisi. Vista la situazione che si sta presentando in questa nuova fase di gestione dell’emergenza, di cui stiamo già toccando drammaticamente con mano diverse conseguenze, è cruciale prevedere per i commissari requisiti esperienziali-tecnico-organizzativi-dimensionali coerenti con la gestione di un’impresa grande in crisi (es. esperienza di gestione di aziende di dimensioni similari) e la partecipazione alle selezioni di persone giuridiche.
Ciò avrebbe anche una riduzione dei costi della procedura, in quanto il team di ristrutturazione potrà svolgere tutte quelle attività che diversamente il singolo commissario darebbe in outsourcing, aumentando, così, il costo complessivo della gestione.