di Pietro Cesati,
ceo e founder di Soisy
Lettera aperta al Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano
Signora Ministra,
in un momento di crisi come questo siamo tutti focalizzati su come poter ripartire il mese prossimo, ma corriamo il rischio di non pensare abbastanza a dove vorremmo arrivare tra cinque anni.
È per questo che ho deciso di scriverle nuovamente, e questa volta in maniera pubblica, per ricordarle, anche in questo momento, l’importanza dell’attività di ricerca e sviluppo.
Le misure approvate nei giorni scorsi per fornire liquidità all’economia saranno infatti fondamentali per permettere di superare l’emergenza di oggi. Ma è altrettanto importante pensare al contributo che le startup e i loro investimenti possono dare al mondo del futuro.
Durante questa recessione molte startup falliranno. Questo non è un problema: founder e investitori sanno bene che i momenti come questo permettono di selezionare le migliori startup, quelle che daranno davvero un contributo alla nostra società in futuro. Ma è importante che in questa selezione non conti solo quanta liquidità c’è in cassa, ma anche quanto si sta investendo per creare valore.
Come founder di una startup, affronto ogni giorno la tentazione di abbattere gli investimenti per migliorare il nostro prodotto. Farlo adesso sarebbe facile, ma peggiorerebbe le nostre prospettive future.
È per evitare che le startup debbano fronteggiare scelte come questa che sarebbe fondamentale reintegrare il credito di imposta sulla ricerca e sviluppo, che a fine dicembre il Governo ha deciso improvvisamente di ridurre del 90%.
Sono passati solo tre mesi da quel momento, ma intanto è cambiato tutto, e questa crisi ci obbliga a rivedere tante decisioni. Lei ha adesso la possibilità di proporre al Governo di fare marcia indietro, reintegrando quel credito di imposta per le startup e pmi innovative e assicurando così che l’attività di ricerca e sviluppo non si interrompa.
Non sarebbe una decisione per fronteggiare la crisi, ma una decisione che l’ampiezza e la profondità di questa crisi obbligano a considerare. E non sarebbe nemmeno una decisione costosa per la collettività: richiederebbe solo lo 0,02 % degli interventi decisi nell’ultimo mese. Uno “zero virgola” nel bilancio dello Stato, investito per creare nuove opportunità per tutti in futuro.
Ma se proprio reperire i fondi fosse un problema, piuttosto che abbattere gli sgravi sarebbe meglio trovare il coraggio di diminuire la platea delle aziende che possono goderne, per esempio innalzando la percentuale di spesa in ricerca e sviluppo necessaria per essere startup o pmi innovativa.
È probabile che le vere startup, quelle che investono sull’innovazione e sull’apprendimento continuo, quelle che si prendono un forte rischio pur di essere scalabili e portare la concorrenza in mercati dominati da grandi aziende, siano meno di quelle presenti nel registro delle imprese. Ma, come ogni fondo di venture capital sa bene, quando si parla di startup è molto meglio concentrare gli sforzi su un numero limitato di aziende ad alto potenziale, piuttosto che spargerli su un’ampia platea.
In questo momento il futuro delle startup italiane è appeso a un filo: si può continuare a trattarle come se fossero semplicemente nuove aziende, o riconoscere che la loro differenza è nell’innovazione che portano, incentivandola.
Spero che il Governo di cui fa parte raccoglierà questa sfida.