di Michele Canditone,
consigliere delegato di Teatro Franco Parenti
Questa volta è diverso.
E’ una di quelle rare volte che voglio anteporre alla mia natura di uomo di numeri l’invito che mi ha rivolto il mio presidente Andrèe Ruth Shammah. Certo non posso fare a meno di considerare i danni economici/ finanziari e patrimoniali, ma è corretto considerare il pensiero del mio presidente nell’ultima riunione del CdA tenutasi lunedì 26 ottobre, data di inizio della sospensione delle attività dello spettacolo.
Ha preso subito la parola ed ha detto: “Voglio esprimervi il mio punto di vista nella speranza sia condiviso da tutti soprattutto da Michele Canditone che avrà ancora un problema finanziario da risolvere. Non voglio mettere il personale in CIG o in FIS. Questa volta proprio no. So bene quanto costerà questa mia proposta, ma che il Governo sospenda di nuovo gli spettacoli pensando che con aiuti economici e con la CIG risolva il problema, mi offende e ci offende. Esiste la dignità dei lavoratori dello spettacolo e non si può trattare così le persone.”
Questa premessa è stata un fiume in piena, ha aperto una discussione enorme ove tutti si sono sentiti colpiti effettivamente nella dignità di persona, di lavoratori, di appartenenti a una categoria che è sempre stata da febbraio dimenticata o poco considerata. Io in verità sono stato in silenzio ad ascoltare quelle che non erano diverse posizioni, ma una voce unica: condividere il pensiero e la posizione del Presidente.
Intanto che ognuno diceva la sua, pensavo a quel che ho passato da febbraio al 25 ottobre di quest’anno 2020.
Durante il lockdown ho combattuto per il riconoscimento dei teatri come piccole e medie imprese per ottenere finanziamenti agevolati con garanzia di Medio Credito Centrale (si veda altro articolo di BeBeez, ndr). Abbiamo ricevuto circa 2 milioni di finanziamenti dalle banche per far fonte ai mancati ricavi, debiti con fornitori, col personale, investimenti nei camion per andare a fare spettacolo nelle piazze, investimenti nelle sale e in piscina per adeguarsi ai cosiddetti protocolli, e tanto ancora.
Finanziamenti ovvero somme che dovremo restituire, seppur pre-ammortate a un anno, mensilmente per rientrare di un ulteriore debito nato dalla pandemia – Covid 19, che sommati agli altri investimenti per risanare il teatro e il Complesso ex Caimi, cubano milioni di euro. Debiti che all’interno di un business plan triennale, possono essere pagati solo con l’attività a pieno regime.
Ma come si dice: impresa è rischio e quindi è corretto anche indebitarsi per dotare degli strumenti necessari l’impresa per sviluppare.
E da qui mi son detto: ma può un Governo chiedere alla popolazione, alle imprese, ai lavoratori, di comprendere di vivere un momento difficile, di indebitarsi per far fronte all’emergenza, di credere nel futuro, di non arrendersi, di andare avanti senza avere e mettere in campo una precisa strategia di azione per scongiurare ancora una nuova, ma annunciata, emergenza ?
Sono passati mesi dal primo lockdown e la situazione è quella di marzo. Ospedali intasati, carenza di personale sanitario, di medici, mezzi di trasporto non implementati, insomma tutto come quando siamo stati presi alla sprovvista. Cosa è stato fatto per affrontare la nuova emergenza ?
All’improvviso mi sono sentito chiamare per dire la mia e quindi esprimere voto contrario o a favore della CIG per i dipendenti.
Si, ho detto, Andrèe, hai ragione. La dignità ha un peso e certamente pesa più di 30 giorni di intervento di CIG per le 45 risorse attuali, oltre artisti, macchinisti, tecnici, e tutto l’indotto. Non facciamo richiesta di intervento CIG e, come dici, continuiamo a lavorare: da casa, sul palcoscenico per prepararci a dicembre, per mantenere in vita questo settore che da vita, gioia, cultura, lavoro.
Il CdA ha votato all’unanimità il pensiero del Presidente.
Ora sta all’uomo dei numeri trovare i soldi per gli stipendi, per l’Irpef dipendenti, per i contributi dei dipendenti il cui versamento è collegato al rilascio del DURC, che, in mancanza di regolarità, impedisce il ricevimento dei contributi degli enti pubblici, delle utenze, delle manutenzioni… Ma che ne sanno loro ? Un Sansonetti che dichiara che la chiusura dei teatri non è poi grave per la collettività, un Governo che, pur recependo i dati di alcun contagio tra gli spettatori da giugno a oggi, sospende egualmente le attività degli spettacoli.
Oggi allora emerge la parola ristoro utilizzata dal Governo come compensazione dell’indebitamento, compenso o risarcimento. Io la interpreto come consolazione. Una magra consolazione.
Chi ha tenuto i luoghi dello spettacolo chiusi utilizzando CIG per i dipendenti, non pagando le relative tasse, utenze etc, avrà un “ristoro maggiore di chi ha aperto per mantenere in vita le attività” e sì, perché, chi ha aperto, ha prodotto pochissimi ricavi, ma li ha prodotti e percepirà meno. Quindi? Si consolerà con il ristoro.
Non si può non registrare il dramma del peggioramento quotidiano dei casi di Covid 19 e, certamente, se i teatri, i cinema le piscine, le palestre, i ristoranti, i bar fossero davvero la causa dei contagi, sarebbero i primi a chiudere senza ordinanze, ma quale strumento tecnico o quali dati sono stati utilizzati per decidere di iniziare a chiudere queste attività ? Tentativi, solo e semplici tentativi.
Io continuo a pormi sempre la stessa domanda: in una qualsiasi impresa, se un manager che sta al comando sbaglia, non gli si indica nemmeno la porta per mandarlo via. Se sbaglia, l’imprenditore ne paga le conseguenze con i suoi capitali e proprietà. Perché nel settore pubblico c’è tale miopia su una cosi scontata realtà ?
Cosa deve fare di più chi non ha saputo organizzare, agire, evitare? Lavoratori sospesi a marzo/aprile che non hanno ancora ricevuto la CIG! Cosa deve ancora fare Tridico per conoscere la strada della porta di uscita ? Cosa deve ancora fare questa task forse composta da circa mille uomini (si perché le donne si contano su una mano) per capire che non è adeguata?