Entreranno in vigore il prossimo 20 novembre le prime norme (art. 37 commi 1 e 2 e art. 40) contenute nel Decreto legislativo del 26 ottobre 2020 n. 147, correttivo del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Decreto legislativo del 12 gennaio 2019 n.14). Mentre per il resto delle norme c’è tempo sino al 1° settembre 2021. Il Decreto correttivo è stato infatti pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 5 novembre (qui il testo coordinato con il correttivo). Un riassunto delle varie novità introdotte dal correttivo è stato redatto da vari studi legali. Si propongono qui i link agli approfondimenti di Orrick e Bonelli Erede e al commento di Luciano Panzani (ex Presidente Corte d’Appello di Roma e membro della Commissione Rordorf) pubblicato su Diritto Bancario.
Il decreto correttivo è stato emanato dopo che l’entrata in vigore del Codice della Crisi era già stata rinviata al 1° settembre 2021 dal Decreto Liquidità (si veda altro articolo di BeBeez). Lo aveva previsto l’art. 5 del Decreto Liquidità, andando oltre le aspettative del mercato, che immaginava una proroga di tutto il corpo normativo solo sino al 15 febbraio 2021 (si veda altro articolo di BeBeez). Il Governo stava infatti elaborando un emendamento al decreto Cura Italia, ma poi ha preferito inserire la norma nel Decreto Liquidità per anticipare i tempi. Ricordiamo che una proroga al 15 febbraio 2021 era stata già prevista con solo riferimento alle segnalazioni agli Organismi di composizione della crisi d’impresa (Ocri), istituiti presso le Camere di Commercio, relative al superamento delle soglie di allerta (si veda art. 11 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9 e altro articolo di BeBeez). La normativa che riforma la legge fallimentare ha infatti tra le principali finalità quella di consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese.A questo fine il codice ha introdotto sistemi di allerta in grado di cogliere i segnali anticipatori della crisi al fine di affidare tempestivamente l’impresa alle cure di esperti. In particolare, la normativa prevede che vengano monitorati appositi indici che diano evidenza della sostenibilità o meno dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale o meno per l’esercizio in corso.
Riocordiamo anche che, sempre in tema di crisi di impresa, poi, l’art. 6 del Decreto liquidità ha previsto che sino al 31 dicembre 2020 non si applicano gli articoli del codice civile relativi all’abbattimento e ricostituzione obbligatoria del capitale per perdite (artt. 2446 e 2482 codice civile). Inoltre, l’art. 9 ha previsto che “i termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione omologati aventi scadenza nel periodo tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021 sono prorogati di sei mesi. Nei procedimenti per l’omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione pendenti alla data del 23 febbraio 2020, il debitore può presentare sino all’udienza fissata per l’omologa, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato (…) o di un nuovo accordo di ristrutturazione (…)”.
Fermo restando quanto sopra, si diceva, il Decreto n.147/2020 ha previsto dei correttivi al Codice della crisi e ha previsto in particolare che entrino in vigore a brevissimo (appunto il 20 novembre) le norme relative all’iscrizione all’Albo dei gestori della crisi, consentita ai professionisti iscritti agli ordini professionali degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei consulenti del lavoro che dimostrano di aver assolto specifici obblighi di formazione, e quelle sulla titolarità esclusiva degli amministratori in merito all’istituzione di appositi assetti organizzativi societari.
Le altre norme, invece, entreranno in vigore dal 1° settembre 20201. Come spiegato a suo tempo nella nota stampa diffusa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a valle della riunione della notte tra il 17 e il 18 ottobre scorsi in cui è stato varato il decreto, questo “interviene, tra l’altro, al fine di:
- chiarire la nozione di crisi, sostituendo all’espressione “difficoltà” quella di “squilibrio” e ridefinendo il cosiddetto “indice della crisi”, in modo da renderlo maggiormente descrittivo di una situazione di insolvenza reversibile piuttosto che di una situazione di predizione di insolvenza;
- riformulare le norme riferite alle situazioni in presenza delle quali è possibile presumere lo svolgimento, da parte di un’impresa, dell’attività di direzione e coordinamento;
- chiarire la nozione di gruppo di imprese, precisando che sono esclusi dalla definizione normativa oltre che lo Stato anche gli enti territoriali;
- ridefinire le “misure protettive” del patrimonio del debitore;
- rendere più stringenti le norme relative alla individuazione del componente degli Organismi di composizione della crisi d’impresa (OCRI) riconducibile al debitore in crisi”.
In particolare, l’art. 3 del decreto correttivo interviene sull’art. 13 del Codice della crisi, che ora si intitola Indicatori e indici della crisi (prima il titolo era solo Indicatori della crisi), che precisa al comma 1 che “costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della NON sostenibilità dei debiti (prima la frase era in positivo, si parlava di “evidenza della sostenibilità”, ndr) per almeno i sei mesi successivi e dell’ASSENZA DI PROSPETTIVE DI CONTINUITA’ AZIENDALE (anche qui prima la frase era in positivo, si parlava “delle prospettive di continuità aziendale”, ndr) per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi. A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi (…)”.
Resta invariato il fatto che “il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali, elabora con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni ISTAT, gli indici di cui al comma 1 che, valutati unitariamente, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa. Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili elabora indici specifici con riferimento alle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n.179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, alle pmi innovative di cui al decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, alle società in liquidazione, alle imprese costituite da meno di due anni. Gli indici elaborati sono approvati con decreto del Ministero dello sviluppo economico”.
In sostanza, quindi, gli indici previsti nel testo di legge sono: il rapporto tra flusso di cassa e totale dell’attivo (DSCR), il rapporto tra patrimonio netto e totale del passivo e il rapporto tra oneri finanziari e ricavi. Nel Codice della Crisi non viene però fornita una soglia di riferimento per ciascun indice, che doveva appunto essere identificata dagli esperti e sarà oggetto di decreti attuativi successivi. Il CNDCEC il 20 ottobre scorso 2019 aveva pubblicato il documento su crisi d’impresa e indici di allerta (si veda qui l’Insight View di BeBeez per gli abbonati a BeBeez News Premium) in cui precisava esattamente le soglie dei vari indici.
GSi segnala infine che il decreto modifica anche l ’art. 17 del Codice in tema di composizione degli OCRI, incaricati di ricevere le segnalazioni, gestire il procedimento di allerta e assistere l’imprenditore nel procedimento di composizione assistita della crisi. Più nel dettaglio il decreto prevede che il componente dell’OCRI nominato dalle associazioni di categoria venga scelto in una rosa di tre nominativi indicati dal debitore stesso e che il referente presso la Camera di commercio dia notizia della segnalazione ricevuta dall’organo di controllo o dai creditori istituzionali (o dallo stesso debitore in proprio) non soltanto all’organo di controllo della società, ma anche al revisore contabile o alla società di revisione.