Lo scorso 28 dicembre è scaduto il termine fissato dal Tribunale di Milano per la presentazione del piano concordatario definitivo o dell’accordo di ristrutturazione del debito di Moby e Tirrenia-CIN. Entrambe le società hanno però chiesto il 22 dicembre un’ulteriore proroga del termine, rispetto a quella già concessa lo scorso ottobre, sulla base di quanto previsto dal Decreto Liquidità e il gruppo armatoriale controllato dalla famiglia Onorato potrebbe quindi avere almeno altri tre mesi di tempo per trovare una soluzione alla crisi finanziaria.
Ricordiamo, infatti, che l’articolo 9 comma 4 del Decreto Liquidità, convertito in legge il 5 giugno 2020, stabilisce che “il debitore che abbia già ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 161, comma sesto, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, che sia già stato prorogato dal Tribunale, può, prima della scadenza, presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga sino a novanta giorni, anche nei casi in cui è stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. L’istanza indica gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica Covid-19. Il Tribunale, acquisito il parere del Commissario giudiziale se nominato, concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi”.
Il gruppo Moby era statao ammesso al concordato in bianco nel luglio 2020 dal Tribunale di Milano (si veda altro articolo di BeBeez). L’obiettivo del concordato è accelerare l’intesa con banche e obbligazionisti. Questi ultimi sono riuniti nell’Ad Hoc Group e sono prevalentemente hedge fund, tra i quali Soundpoint Capital, Cheyenne Capital, BlueBay, Aptior Capital e York Capital.
Le ultime indiscrezioni davano Europa Investimenti e Arrow Global in pole position per il salvataggio di Moby, nel quadro di un accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182 bis della Legge fallimentare (si veda altro articolo di BeBeez). La loro proposta sarebbe stata infatti preferita a quella del fondo Clessidra, tramite il suo Clessidra Restructuring Fund (si veda altro articolo di BeBeez). La famiglia Onorato resterebbe azionista e alla guida dell’azienda con un piano di sviluppo già definito, in modo da mantenere i livelli occupazionali. Per quanto riguarda i recuperi dei creditori, ci sarebbero due opzioni al vaglio: una percentuale di recupero dei crediti degli obbligazionisti attorno al 30%; oppure una percentuale di recupero inferiore, alla quale però verrebbe aggiunta la potenziale liquidità incassata dalla vendita di asset, come le navi (si veda Reorg).
La compagnia di traghetti controllata dalla famiglia Onorato non ha pagato né la cedola sul bond da 300 milioni di euro, con ha scadenza 15 febbraio 2023 e cedola del 7,75%, negoziato alla Borsa del Lussemburgo, né gli interessi dovuti sulla linea di credito revolving da 260 milioni, per il pagamento dei quali è stato lasciato scadere anche il periodo di grazia (si veda altro articolo di BeBeez). In conseguenza di questo, lo scorso aprile 2020 Moody’s aveva declassato Moby, riducendo a C da Ca il rating corporate e a Ca da Caa3 il rating del bond. Inoltre, l’agenzia di rating aveva lasciato l’outlook negativo per l’azienda, in quanto potrebbe avere difficoltà a rifinanziare il suo debito in assenza di un accordo di ristrutturazione (si veda altro articolo di BeBeez).
Sempre Reorg aveva riferito che alla fine di luglio Moby ha sottoposto ai suoi finanziatori una proposta che prevede il rimborso dei bond a un prezzo compreso tra 20 e 25 centesimi e un allungamento di 10 anni della scadenza del debito bancario. Il prezzo dei bond sarebbe pagato grazie ai proventi della vendita della divisione mezzi ausiliari. E infatti Moby già dall’aprile scorso è in trattative per vendere il suo ramo d’azienda dedicato ai mezzi ausiliari. Tra i possibili acquirenti si dice che ci sia l’imprenditore Davide Calderan, attivo nel settore a Venezia. La divisione varrebbe attorno ai 40-50 milioni. Se poi si considerano anche i contratti di concessione, il ramo d’azienda potrebbe valere sino a 70 milioni, ma sulla cessione pende la spada di Damocle delle revocatorie (si veda altro articolo di BeBeez).
A causa dell’emergenza Covid-19 il gruppo non ha pubblicato il bilancio 2019 né i conti trimestrali 2020 (si veda altro articolo di BeBeez). Si dice però che al 30 giugno scorso Moby abbia registrato una perdita netta di circa 50 milioni di euro mentre l’indebitamento complessivo lordo aveva raggiunto quota 643,8 milioni. Di questi, poco meno di 160 milioni sono debiti verso le banche, 295 milioni verso altri finanziatori (obbligazionisti), 39,3 milioni verso fornitori e 140 milioni verso imprese controllate.
I numeri dei 9 mesi 2019 del gruppo diffusi a dicembre 2019 avevano già evidenziato un netto peggioramento della situazione della cassa (si veda altro articolo di BeBeez): a fine settembre 2019 Moby aveva cassa per 56,2 milioni contro gli 89 milioni di euro di fine giugno e contro i 125,5 milioni di cassa che aveva a fine settembre 2018. Nei nove mesi 2019, quindi, il gruppo armatoriale aveva bruciato oltre 115,9 milioni di euro dopo i 108,1 milioni bruciati nei primi nove mesi del 2018, mentre tra gennaio e giugno era stata bruciata cassa per 83,1 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). Nei nove mesi i ricavi erano in crescita a 501,3 milioni di euro dai 478,8 milioni dei nove mesi 2018, con un ebitda ricorrente a sua volta in rialzo a 118,6 milioni (da 68,3 milioni) al netto degli effetti del nuovo standard contabile IFRS16, con un debito finanziario netto in rialzo a 591,3 milioni (da 558,6 milioni), che però al lordo dell’impatto dell’IFRS16 diventa di 728,5 milioni. I numeri dell’intero 2019 non sono stati comunicati, ma le attese sono per ricavi consolidati per 610-620 milioni, un ebitda ricorrente di 75 milioni e una perdita d’esercizio a causa delle svalutazioni
Ricordiamo che già dopo i numeri della semestrale 2019, i fondi obbligazionisti nel settembre 2019 avevano presentato al Tribunale di Milano un’istanza di fallimento nei confronti di Moby, lamentando un’insolvenza prospettica e futura, prevedibile nel febbraio 2020, quando Moby avrebbe dovuto pagare la cedola sul bond (si veda altro articolo di BeBeez)
Nel maggio scorso, i commissari straordinari di Tirrenia hanno sequestrato navi di Moby-CIN per un importo complessivo di 115 milioni di euro. La mossa è dovuta al fatto che i tre commissari si sono resi conto che non è possibile prelevare tali somme sui conti bancari di Tirrenia, a meno di intaccare la gestione ordinaria e sottrarre risorse alla sua attività di trasporto, con un forte impatto sulla garanzia del trasporto marittimo sulle rotte gestite dalla compagnia di navigazione (si veda altro articolo di BeBeez). Moby deve infatti sistemare la questione del debito residuo da 180 milioni di euro a saldo dell’acquisizione del 60% di Tirrenia-Cin che nel 2012 ancora non era di Moby e che Moby deve ancora a Tirrenia. Quest’ultima era stata valutata 376,9 milioni di euro di cui 135 milioni erano stati pagati al closing dell’operazione nel luglio 2012 e altri restanti 62 milioni pagati nel febbraio 2016 in occasione del rifinanziamento del debito (si veda altro articolo di BeBeez). I restanti 180 milioni dovevano essere pagati in tre rate: la prima rata da 55 milioni andava pagata nell’aprile 2016, la seconda da 60 milioni entro l’aprile 2019 e la terza da 65 milioni nell’aprile 2021.
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