Se andrà in porto, l’acquisizione di Italtel da parte del gruppo PSC sarà un’operazione complessa, non solo sul fronte finanziario, ma anche di impegno del management per ristrutturare ed integrare nel Gruppo la storica azienda specializzata in progettazione, sviluppo e realizzazione di prodotti e soluzioni software per le telecomunicazioni, che versa da tempo in grande difficoltà. Ma il management di PSC è ormai abituato alle cosiddette special situation, dato che al suo attivo ha già il turnaround di Atisa (azienda del gruppo che produce e fornisce fancoils e unità di trattamento aria in ambito civile e navale) e Alpitel, che sta finalmente imboccando la strada del rilancio.
Acquisita nel 2019, Alpitel dallo scorso agosto 2020 è guidata dall’amministratore unico avvocato Marco Neri, ex vicepresidente di PSC. La società lavora per i principali operatori del settore per realizzare grandi progetti e commesse come il cablaggio in fibra ottica di tutto il territorio italiano ed è quindi capofila di una filiera produttiva composta prevalentemente da pmi e micro aziende tecnologiche, altamente specializzate.
Quanto a Italtel, è in procedura di concordato in bianco dalla scorsa primavera e in attesa di depositare al Tribunale di Milano la domanda definitiva di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti il prossimo 5 febbraio 2021. Come noto, Italtel ha accettato nei giorni scorsi l’offerta da 44 milioni di euro depositata a PSC e ora l’operazione è in attesa del via libera dei creditori e poi dell’omologa del Tribunale di Milano (si veda altro articolo di BeBeez).
Sull’acquisizione di Italtel, Neri ha detto a BeBeez: “Quella su Italtel è un’operazione importante e siamo consapevoli del fatto che l’azienda purtroppo negli ultimi anni è sempre stata in grande sofferenza, quindi bisognerà di sicuro intraprendere un percorso di riorganizzazione, ma ne vale assolutamente la pena, perché il brand Italtel è forte e la società è titolare di contratti importanti. Inoltre, a seguito dell’accordo di ristrutturazione, sarà libera dal debito. Se saremo in grado di ridisegnare l’organizzazione in maniera più snella e a integrarla con PSC e Alpitel ne nasceranno sicuramente sinergie molto interessanti, soprattutto con Alpitel potremo unire progettazione, rivendita e installazione”, ha detto ancora Neri, che ha aggiunto: “Anzi, nella realtà le sinergie sono iniziate già ora. Open Fiber ci ha chiesto di fare quotazione chiavi in mano per portare la fibra nei comuni cosiddetti ‘bianchissimi’, cioé nei 100 comuni d’Italia dove proprio, al momento, l’accesso a internet non c’è. L’offerta l’abbiamo fatta in tandem Alpitel-Italtel proprio perché in questo modo abbiamo potuto coprire tutte le varie fasi del progetto”.
Peraltro, si diceva, anche Alpitel ha richiesto un vero e proprio turnaround industriale e finanziario tutt’ora in corso. Con lʼacquisto di Alpitel nel 2019 (si veda qui il comunicato stampa di allora), il gruppo PSC è entrato infatti a pieno titolo nel settore delle tlc, acquisendo importanti clienti come Telecom, Open Fiber, Vodafone e TIM Brasile per il tramite della controllata Alpitel Brasile, ma il problema è, ha spiegato ancora Neri, che “molte di quelle commesse erano state acquisite a condizioni penalizzanti per Alpitel, tanto da essere poco o per nulla redditizie. Di conseguenza ho passato gli ultimi mesi del 2020 a ridiscutere i vari contratti, chiudere quelli in perdita e concentrarmi sui clienti e i segmenti di business più redditizi. Per questo motivo il bilancio 2020 si chiuderà con ricavi in calo a circa 98/99 milioni di euro dai 116 milioni del 2019, ma con una marginalità migliore e fondamentali più in ordine, anche perché nel frattempo abbiamo ridotto i costi fissi, soprattutto quelli legati al personale “Corporate” e alle sedi, mentre abbiamo assunto un numero equivalente di risorse operative e quindi produttrici di margini. Non solo. Via via stiamo riuscendo anche a ottenere dai committenti i benestare alla fatturazione di attività già concluse (che però per una sbagliata prassi di mercato spesso appunto vengono fatturate solo molto dopo la messa in opera e a volte sono oggetto di contenzioso). Il fatturato degli ultimi mesi quindi ha paradossalmente superato la produzione. Ma è stato faticoso e abbiamo dovuto operare contemporaneamente anche su fronte dei fornitori per rinegoziare i termini di pagamento. Quest’anno comunque l’obiettivo è quello di superare i livelli di produzione del 2019, arrivare almeno a 125 milioni di euro e con margini più alti”.
La Relazione al bilancio 2019 di Alpitel era stata molto chiara nel segnalare un problema di flussi di cassa: “Si segnala l’esigenza di dotare la società di una adeguata elasticità di cassa al fine di dare impulso alla produzione e colmare il gap tra ciclo attivo e passivo, gap che comporta l’anticipazione dei benestare passivi ai fornitori rispetto a quelli attivi ricevuti da parte dei clienti con conseguente impiego di risorse finanziarie”. Il tutto, senza contare l’impatto negativo dell’emergenza da Covid-19, che ha messo “in difficoltà finanziarie il parco fornitori, molto spesso piccoli subappaltatori che necessitano di pagamenti quasi immediati rispetto alle lavorazioni richieste, avendoli costretti a una attività ridotta a causa delle limitazioni imposte alla circolazione e al distanziamento sociale”. Il bilancio 2019 si era così chiuso con 116 milioni di euro di ricavi (in calo dai 131 milioni del 2018), con un ebitda di soli 780 mila euro (da 565 mila euro) e una perdita netta di 7 milioni (da una perdita di 3,5 milioni), a fronte di un debito finanziario netto di 8,1 milioni (da 17,9 milioni).
Neri ha aggiunto: “Quando sono entrato in azienda ho trovato somme notevoli di scaduto con verso i fornitori che stavano quindi via via abbandonando la società. Abbiamo dunque dovuto iniziare una serie di colloqui con queste società, con la promessa di continuità, aumento dei loro volumi e maggiore tempestività nei pagamenti, cosa non facile perché tutti i mesi avevamo da coprire i costi del mese e una quota parte del pregresso. Solo a fine anno abbiamo iniziato a respirare”.
Per liberare cassa Alpitel ha anche aperto delle nuove linee di factoring per cedere i crediti commerciali verso i clienti e nel contempo ha stretto nuovi accordi di reverse factoring per supportare la filiera dei fornitori. Grazie al reverse factoring, infatti, viene previsto l’acquisto, su base revolving, da parte del factor di fatture emesse dai fornitori di Alpitel che vengono quindi pagate dal factor alla loro rispettiva scadenza, mentre ad Alpitel viene concessa una dilazione finanziaria rispetto alla scadenza originaria delle fatture.
Non a caso, ha continuato Neri, “a questo fine siamo andati anche alla ricerca di finanza alternativa, per esempio abbiamo siglato un accordo con il Supply Chain Fund di Groupama am sgr, perché il mio obiettivo era quello di riuscire a siglare contratti con i fornitori, mettendoli nelle condizioni di essere tranquilli perché c’è un’istituzione finanziaria che garantisce il pagamento, al di là delle assicurazioni di buona volontà che poteva dare Alpitel. In questo modo abbiamo potuto chiedere ai fornitori di aumentare anche lo sforzo produttivo nello stesso periodo di tempo”. Peraltro Alpitel aveva già iniziato a lavorare con il Supply Chain Fund già nel 2017, quando aveva siglato un primo accordo per un plafond da 8,5 milioni relativo ai lavori di 16 società fornitrici (si veda altro articolo di BeBeez).
Interpellato da BeBeez sul rapporto creato con Alpitel, il direttore generale di Groupama am sgr, Alberico Potenza, ha sottolineato che “in questi anni si è creata una relazione di proficua collaborazione con Alpitel. Con il nostro Supply Chain Fund ci siamo posti come partner finanziari al fianco della società, cercando modulare la nostra offerta sulle esigenze di Alpitel, diversamente da quello che fanno gli istituti finanziari tradizionali, che propongono in media servizi molto standard e statici”.
Ora, ha concluso Neri, “una volta che Italtel entrasse nel nostro perimetro, si seguirà lo stesso approccio adottato per il turnaround di Alpitel e si agirà quindi anche sul fronte dell’ottimizzazione dei flussi clienti e fornitori. Peraltro si tratta di una strategia che comunque conduce anche la capogruppo PSC Partecipazioni, certo con condizioni migliori rispetto a quelle spuntate da Alpitel”. E anche nel caso di PSC una controparte ricorrente è il Supply Chain Fund.
Nel frattempo Alpitel ha iniziato anche a diversificare la clientela e a entrare nel settore della gestione di reti di trasmissione di energia MT BT. Neri ha spiegato: “Abbiamo già portato a casa un contratto e stiamo trattando per altre commesse. E per farlo ha anche chiuso un’acquisizione. Alpitel, infatti, aveva ottenuto il 35% di una commessa di Enel nella zona di Cuneo e Alba da quasi 40 milioni di euro complessivi massimi, ma è arrivata ad avere il 100% della commessa grazie all’imminente formalizzazione dell’acquisizione della società che si era aggiudicata l’altro 65%, cioè Giubergia & Armando srl, un’azienda specializzata in installazione di impianti elettrici principalmente per il settore civile. Nel frattempo Alpitel è in short list con alcuni competitors per un’altra commessa di Enel da 80 milioni di euro relativa alla Lombardia e per tre contratti relativi alla Sicilia per un totale di 150 milioni. Sempre in ottica di diversificazione, infine, la società ha iniziato importanti collaborazioni con l’Impresa Delmastro srl, recentemente acquisita da PSC, che opera nell’area di Vercelli nel settore della costruzione, della manutenzione e della rimozione di linee elettriche aeree ed interrate per la distribuzione della bassa a media tensione e dell’illuminazione pubblica.
Tenuto conto anche della grande attività di Alpitel, il valore della produzione consolidata di PSC dovrebbe crescere nel 2020 rispetto a quelli del bilancio consolidato 2019, che aveva chiuso con 327 milioni di euro di ricavi, un ebitda di 37,4 milioni e un debito finanziario netto di circa a 124,8 milioni, con un portafoglio lavori di 910 milioni, ma bisogna tenere conto delle criticità conseguenti alla pandemia. E, per supportare l’ulteriore crescita, ricordiamo che PSC lo scorso settembre si è assicurato un finanziamento da 75 milioni di euro complessivi a 6 anni garantito da Sace e messo a disposizione da un pool di banche costituito da Unicredit nel ruolo di banca agent e composto da Banco BPM, Cassa depositi e prestiti e Mps Capital Services (si veda altro articolo di BeBeez). Nel giugno 2019, invece, il gruppo aveva emesso un minibond per 25 milioni di euro, che erano stati sottoscritti per 10 milioni di euro Anthilia Capital Partners (per il tramite del fondo di private debt Anthilia BIT 3), per altri 10 milioni da Amundi sgr e per 5 milioni da Riello Investimenti Partners sgr (si veda altro articolo di BeBeez). Per PSC si è trattato della quarta emissione obbligazionaria, dopo altre tre quotate all’ExtraMot Pro.
PSC spa è un gruppo specializzato nel settore dell’impiantistica elettromeccanica, ferroviaria, antincendio, navale e della gestione delle reti per la trasmissione di energia con sede a Roma, fondato nel 1958 da Emidio Pesce e guidato oggi dai figli Umberto e Angelo. PSC è controllata dalla famiglia Pesce, partecipato al 9,6% da Simest dal 2015 (si veda altro articolo di BeBeez) e al 10% da Fincantieri.