Articolo pubblicato
su BeBeez Magazine n. 5 del 29 aprile 2023
Alla ricerca di un equo bilanciamento di interessi tra protezione del debitore e tutela dei creditori e degli altri stakeholder nell’applicazione del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Se, da un lato, troppa protezione per i debitori in crisi si riflette in negativo sui creditori finanziari e non, con i creditori non finanziari che a loro volta entrano così in difficoltà e si innesca un circolo vizioso che invece andrebbe evitato, dall’altro lato un’eccessiva tutela dei singoli creditori può vanificare gli sforzi per il salvataggio delle aziende in crisi.
Sui primi esiti dell’applicazione del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza a poco più di un anno dalla sua introduzione e su quelli dell’istituto della composizione negoziata della crisi, in vigore dal novembre 2021 (si veda altro articolo di BeBeez), interviene Paolo Manganelli, partner di Ashurst e presidente di Krino, un’associazione nata lo scorso anno come think tank fondato da un gruppo di 30 studi legali italiani e internazionali allo scopo di offrire un supporto pratico e costruttivo per l’applicazione il più possibile omogenea della composizione negoziata delle crisi e degli altri istituti previsti dalla nuova normativa, alla quale poi hanno via via aderito tanti altri studi (si veda altro articolo di BeBeez).
“Si pensi ad esempio alla nuova procedura di concordato liquidatorio semplificato conseguente al fallimento della composizione negoziata. Si tratta di uno strumento estremamente utile per il debitore, ma che se utilizzato in modo improprio può risultare eccessivamente penalizzante per i creditori”, sottolinea Manganelli, riferendosi al fatto che, al termine della procedura di composizione negoziata, nei casi più gravi e se la condotta dell’imprenditore è stata corretta, è previsto infatti l’accesso al concordato semplificato, una nuova forma di concordato, appunto semplificata e con finalità solo di liquidazione, che, a differenza che nelle procedure concordatarie già previste nella Legge Fallimentare, non richiede alcuna votazione da parte dei creditori, né una soglia minima di soddisfazione degli stessi.
Segnala Manganelli: “Sebbene in certi casi possa rivelarsi uno strumento molto utile per l’impresa che non ha più chance di sopravvivenza, dall’altro lato il rischio è che alcuni debitori possano decidere di utilizzare l’istituto della composizione negoziata al solo scopo di poter accedere al concordato liquidatorio semplificato e beneficiare dele relative agevolazioni, anche quando sanno già a prescindere che essa non andrà a buon fine”. In tal senso infatti Manganelli ricorda: “C’è stata lo scorso ottobre 2022 uno dei primi decreti di omologa di un concordato liquidatorio semplificato, il cui risultato è certamente interessante. Il Tribunale di Como ha infatti omologato un concordato semplificato in cui i creditori chirografari non hanno portato a casa nulla, in quanto nulla avrebbero ottenuto in sede di liquidazione giudiziale. Alcuni creditori hanno fatto opposizione ma senza successo” (sul tema qui un interessante articolo di Dirittodellacrisi).
Ecco, continua Manganelli, “lo scopo della nostra Associazione è proprio quello di elaborare e condividere linee guida e prassi operative virtuose da proporre agli operatori di mercato nei processi di risanamento e poter favorire e promuovere un’interpretazione il più possibile unitaria, pragmatica e costruttiva delle nuove norme, anche al fine di evitare possibili storture del sistema e realizzare la volontà del legislatore di rendere possibile il risanamento dell’impresa in crisi”.
Aggiunge l’avvocato: “E’ chiaro che nell’applicazione dell’istituto della composizione negoziata c’è qualcosa da sistemare, se non altro da un punto di vista pratico-operativo.
Come emerge dai rapporti di Unioncamere infatti, è emblematico che delle procedure avviate soltanto pochissime se ne chiudano in maniera favorevole. Spesso, in realtà, questo è dovuto al fatto che l’istanza di accesso all’istituto viene depositata quando già è troppo tardi e la crisi non è effettivamente più recuperabile attraverso un dialogo tra le parti. La procedura ha certamente delle potenzialità, ma è necessario che vengano fornite delle linee guida operative per gli esperti, ed in questo senso ci stiamo adoperando come Associazione”.
In effetti, l’ultimo rapporto di Unioncamere aggiornato al 3 aprile 2023 indicava che da inizio operatività dello strumento, il 15 novembre 2021, sono state inviate 691 istanze di composizione negoziata e che di queste soltanto 25 hanno avuto un esito favorevole. Delle altre: 242 hanno avuto esito sfavorevole, 51 sono state rifiutate per decorrenza dei termini, mentre le restanti erano ancora in gestione. Detto questo, è vero anche che nel tempo il numero delle istanze inviate è cresciuto costantemente, a indicare che via via la conoscenza dello strumento si sta diffondendo, così come è cresciuto sino a 3660 il numero degli esperti iscritti ai registri regionali.
Ricordiamo, infatti, che l’impresa nel suo percorso di composizione negoziata che dura al massimo 180 giorni viene assistita appunto da un esperto. Se decorsi 180 giorni dall’accettazione della nomina dell’esperto le parti non individuano una soluzione adeguata, l’esperto dichiarerà la chiusura del procedimento. A quel punto si seguiranno altre strade che possono comprendere, come detto sopra, il concordato liquidatorio semplificato, oppure un accordo per l’esecuzione di un piano attestato di risanamento di cui all’articolo 56, un accordo di ristrutturazione dei debiti come declinato negli artt. 57, 60 e 61, una convenzione di moratoria di cui all’art. 62, un piano di ristrutturazione soggetto a omologazione ex art. 64 bis. Viceversa, se viene individuata una soluzione, questa sarà ratificata con la stipula di un contratto (anche con un solo creditore) o con un accordo sottoscritto anche dall’esperto avente gli stessi effetti di cui agli artt. 166, comma 3 lett.d) e 324.
Ma a parte i temi relativi alla composizione negoziata, il cui percorso procedurale è stato modificato di recente con un Decreto del Ministero della Giustizia dello scorso 21 marzo , Manganelli mette in evidenza come anche la nuova procedura di concordato preventivo in continuità aziendale introdotta dal Codice della Crisi richiederà un certo periodo di assestamento prima che si possa giungere ad un’uniformità di applicazione dell’istituto nel suo complesso.
Spiega così Manganelli: “Il concordato in continuità aziendale è cambiato in maniera radicale. In particolare sono cambiate le modalità di votazione da parte dei creditori. Non c’è più alla base la maggioranza complessiva dei crediti ammessi al voto, quanto piuttosto l’unanimità (con numerose e complesse deroghe) delle classi (compresa, e questa è una novità significativa, la classe dei soci che in alcuni casi è obbligatoria). La maggioranza all’interno delle singole classi non è più del 50% più uno per classe, ma basta che abbia votato almeno la maggioranza dei crediti ammessi e che i due terzi dei votanti siano a favore. Vi è poi la norma sul creditore in conflitto di interessi, che è escluso dal voto, senza che però vi siano indicazioni precise di cosa si intenda per conflitto di interesse. Novità importante è anche quella di poter derogare in determinate circostanze all’ordine di prelazione nel rimborso dei crediti. Mentre prima, infatti, non era mai possibile derogarvi, cioè finché non si pagavano tuti i creditori di rango superiore non si potevano pagare quelli di rango successivo, oggi il valore che eccede quello di liquidazione giudiziale, e quindi tutto il valore in più che deriva dalla continuità aziendale, è distribuibile ai creditori in deroga alla absolute priority rule. E’ una norma che sarà oggetto, all’inizio, di interpretazioni probabilmente non del tutto convergenti, considerato, peraltro, che il concetto stesso di continuità aziendale è oggi più ampio, potendo la continuità aziendale essere totalmente indiretta: cioè se si liquida una società, ma si cede in affitto il ramo d’azienda integrale, allora questo viene considerato un concordato in continuità aziendale. Infine, anche nella nuova versione di concordato è prevista la protezione per la nuova finanza in prededuzione, ma nel caso in cui poi la società vada in liquidazione giudiziale, la prededuzione viene meno ove sia dimostrato che il finanziatore era a conoscenza (o avrebbe dovuto conoscere?) che il debitore ha agito in frode ai creditori e/o fornito dai falsi od omesso informazioni rilevanti”.
Altra area particolarmente delicata è quella relativa ai prestiti garantiti SACE e MCC, dove l’assenza di precise linee guida operative sulla gestione degli stessi nell’ambito degli strumenti di risoluzione della crisi d’impresa rischia di poter creare pericolose situazioni di stallo nei relativi processi di risanamento. “Si pensi, ad esempio, al fatto che il credito bancario garantito nasce come chirografo, ma al momento dell’escussione della garanzia diventa privilegiato ex lege. In presenza di tali riconoscimenti normativi, i piani dei debitori prudenzialmente devono classificare tali crediti come privilegiati, a prescindere dal fatto che l’escussione della garanzia sia avvenuta o meno. Ma allo stato non è chiaro su chi debba votare in sede di concordato (o firmare accordi di risanamento/ristrutturazione), se la banca (con o senza autorizzazione del garante?) ovvero il garante escusso e sui tempi dei relativi processi decisionali interni con inevitabile ripercussione sui tempi imposti dalla legge nelle relative procedure”.
E conclude Manganelli: “Insomma vi sono molti elementi del nuovo codice che dovranno essere rodati e saranno oggetto di diverse interpretazioni, con l’inevitabile conseguenza che vi sarà un incremento del livello di incertezza legato alle sorti delle procedure. Il rischio da scongiurare è che tali fattori di incertezza possano allontanare gli investitori di settore, soprattutto quelli internazionali, non più disposti ad investire tempo e risorse in procedure eccessivamente complesse e dall’esito imprevedibile. Anche in questo senso, il nostro obiettivo è quello di poter contribuire a creare un contesto operativo più virtuoso e uniforme a beneficio di tutti gli attori”.