Il 77% dei maggiori Confidi italiani ha avviato almeno due progetti in ambito fintech. Lo rileva un’indagine svolta da Crif in collaborazione con Lorenzo Gai, docente dell’Università degli Studi di Firenze.
La ricerca è stata condotta su un campione rappresentativo di Confidi maggiori, che complessivamente detiene uno stock pari a circa 4,8 miliardi di euro di garanzie alle pmi domestiche (si veda qui il comunicato stampa).
Lo studio segnala anche uno stato di avanzamento diversificato delle attività in ambito fintech, tuttavia una buona parte di esse risulta completata o in stato avanzato di completamento. Alla luce di questo, solo il 15,4% dei Confidi non prevede di avviare nuovi progetti fintech nel prossimo futuro, mentre il restante 84,6% ha in programma di attivarne almeno uno.
Lo studio ha inoltre messo in evidenza che i principali ambiti su cui si concentrano i progetti fintech dei Confidi maggiori riguardano il business prevalente o direttamente ricollegabile, tra cui la gestione delle garanzie, la consulenza, il credito diretto e la valutazione del rischio. È interessante però notare che quasi il 20% delle attività riguarda ambiti nuovi e ad alto contenuto innovativo, come crowdfunding, social lending, sistemi di pagamento e minibond.
Il 78% dei progetti avviati dai Confidi si rivolgono alle imprese clienti, mentre il 22% è dedicato alla relazione con le banche. Non risultano invece attivi progetti dedicati alla Pubblica Amministrazione. A livello tecnologico prevalgono attività che puntano a digitalizzare il legame con tali segmenti attraverso la firma digitale (28,2% del totale), il cloud e le API (entrambi al 20,5%).
Sotto il profilo organizzativo, i progetti fintech sono gestiti prevalentemente dalla funzione organizzazione (22,6%) o dalla direzione generale (18,9%), seguite da IT (17%), risk management, compliance (entrambe al 13,2%). La maggioranza dei progetti (il 78,6%) vede il coinvolgimento di partner terzi per attività di consulenza e IT. Tra i principali vincoli alla piena diffusione del fintech, i Confidi maggiori indicano al primo posto l’incertezza del quadro normativo, seguita dagli alti costi di implementazione. La difficoltà nel prevedere i flussi di cassa futuri e l’assenza di un partner IT sono percepiti come meno problematici.
In prospettiva, il 36% dei Confidi si aspetta un ampliamento dei segmenti di clientela e business coinvolti dal fintech anche grazie all’introduzione di nuove tecnologie, come firma digitale, Api, cloud, big data. Meno percepito è il rischio di maggiore concorrenza, sia da parte di operatori non finanziari (indicati dal 20% del totale), sia di operatori dello stesso settore di business (8%). La combinazione tra l’inizio di nuovi progetti e l’entrata in attività di quelli in corso potranno portare a un incremento di ricavi che per circa il 70% dei casi è stimato dai Confidi in oltre 100 mila euro annui.
Vito Antonio Furio, direttore di Crif, ha concluso: “In uno scenario in cui gli investimenti nello sviluppo e implementazione di soluzioni fintech hanno abbondantemente superato i 100 miliardi di dollari, è normale che anche i Confidi siano focalizzati su nuove soluzioni in grado di migliorare concretamente i processi verso i propri clienti finali, così come verso le aziende di credito”.