
di Alessandro Albano
Ha chiuso la settimana in discesa dell’1,94% a quota 4,854 euro venerdì 17 febbraio il titolo Pirelli, pari a una capitalizzazione di 4,85 miliardi, ma dopo aver chiuso a un massimo di 4,95 euro giovedì 16 febbraio, inanellando un rialzo dopo l’altro a partire da lunedì 13. Il tutto a seguito delle voci di un possibile disinvestimento totale o parziale da parte di Sinochem Holdings, conglomerato petrol-chimico cinese e primo azionista della società con il 37% del capitale. A dare per primo l’indiscrezione è stato Blooomberg, secondo cui il disimpegno del socio cinese farebbe parte di una ristrutturazione del portafoglio degli asset internazionali considerati non core, tra cui appunto Pirelli, con il gruppo cinese che avrebbe già affidato l’incarico ad una banca d’affari per valutare le diverse soluzioni sul tavolo.
Sinochem ha risposto ai rumor di stampa diramando una nota in cui si nega la volontà di uscire da Pirelli e per questo il mercato ha preso appunto qualche beneficio sul titolo venerdì. Ma nella realtà gli operatori continuano a credere all’ipotesi di un disimpegno imminente dei cinesi, La società potrebbe ovviamente fare gola ai grandi fondi internazionali di private equity i quali, secondo l’agenzia di stampa, potrebbero lanciare un’opa su Pirelli a fini di delisting. Tra gli interessati ci sarebbe in particolare KKR, peraltro già impegnato in un’offerta non vincolante da 20 miliardi per la NetCo di TIM (si veda altro articolo di BeBeez).
Secondo Il Messaggero, la cifra richiesta dai cinesi sarebbe di 6,5 euro per azione, cioè il prezzo di collocamento con cui Pirelli è tornata in Borsa nel 2017 dopo l’opa del 2015, promossa però a suo tempo a un prezzo di 15 euro.
Ricordiamo che l’offerta era stata promossa da Camfin, il veicolo d’investimento tramite il quale il vicepresidente e amministratore delegato Marco Tronchetti Provera detiene attualmente il 14%, e da ChemChina, società che nel 2021 si è fusa con Sinochem per diventare poi Sinochem Holdings, cioè la società che al momento detiene le quote acquisite da ChemChina dopo l’opa di 8 anni fa.
Un’operazione obbligatoria promossa da Marco Polo Holding, veicolo posseduto al 51% dalla defunta società cinese, al 30% da Tronchetti Provera con alcune quote di Intesa Sanpaolo e UniCredit, e al 20% dai russi di Rosneft, dopo ChemChina aveva acquisito il 26% di Pirelli ad un prezzo di 7,1 miliardi di euro. Dopo l’offerta e negli anni successivi la quota cinese è arrivata all’attuale 37% detenuta tramite Marco Polo Italy srl, mentre il colosso petrolifero russo è uscito dal capitale dopo vicissitudini giudiziarie legate a Long Term Investments Luxembourg, una società di scopo che nei documenti di Pirelli faceva riferimento a Rosneft ma che secondo la società russa non aveva mai fatto a che fare con il gruppo petrolifero.
Tornando al presente, il cambio ai vertici avvenuto ad ottobre, che ha visto Li Fanrong prendere il posto di Ning Gaoning come presidente del cda, s’inserirebbe nella nuova strategia di Sinochem di rivedere le proprie partecipazioni ritenute non più al centro della strategia del gruppo. Per questo l’ad Tronchetti Provera avrebbe già radunato le banche amiche, UniCredit e Intesa, per valutare il da farsi in caso di cambio di governance, la società dei freni Brembo, che potrebbe aumentare la partecipazione dal 5% attuale, mentre il terzo azionista cinese, Silk Road Fund, attualmente al 9%, potrebbe seguire i colleghi di Sinochem e uscire da Pirelli lasciando disponibile il 46% del capitale della società.
Per quanto concerne i conti del gruppo Pirelli, nei primi nove mesi 2022 (ultimo bilancio disponibile) Pirelli ha registrato ricavi in aumento del 26,5% a 5 miliardi, in crescita del 30%, a 1,8 miliardi, nel solo terzo trimestre, l’utile netto è cresciuto del 52%, a 359,3 milioni (+20,7% a 126,3 milioni di euro, nel terzo trimestre 2021), con ebit adjusted in crescita del 26% circa, a 753,5 milioni, e del 23%, a 271,9 milioni, nel terzo trimestre. Per il 2022, Pirelli ha previsto: ricavi a 6,5 miliardi contro i 6,2-6,3 miliardi della precedente stima; ebit margin adjusted pari al 15%; investimenti per 390 milioni, cioè il 6% dei ricavi; generazione di cassa netta ante dividendi rivista al rialzo a 480 milioni dai precedenti 450-470 milioni; e una posizione finanziaria netta attesa a 2,6 miliardi di euro, con miglioramento del rapporto pfn/ebitda adjusted a 1,9 volte (≤ 2 volte la precedente indicazione) rispetto al 2,4 volte di fine 2021 (si veda qui comunicato stampa).