Il coronavirus ha avuto un “effetto flashback” per il settore immobiliare, tornato indietro di 5-6 anni in termini di fatturato e investimenti. Nelle ultime tre settimane si stanno comunque registrando segnali di ripresa, in particolare per il segmento residenziale, mentre restano le preoccupazioni per gli uffici, travolti dall’opportunità dello smart working.
Il tema è stato discusso la scorsa settimana durante la tre giorni della conferenza online Real Estate: The Question Mark For The Future?, organizzata da Credit Village e dall’agenzia di corporate communication T.W.I.N. , di cui BeBeez è stata media partner (si veda qui il comunicato stampa).
Il centro studi Scenari Immobiliari prevede un calo del fatturato del real estate italiano del 17,9%, con un tracollo del 55,9% per il solo segmento alberghiero (si veda qui la presentazione completa e qui altro articolo di BeBeez).
Per Monica Regazzi, ceo di Homepal, “ci sarà una grande differenza tra immobiliare residenziale e commerciale: nel primo non vedo grandi impatti, mentre nel secondo sì, soprattutto per gli headquarters degli uffici, travolti da un nuovo modo di concepire il lavoro”. Cristiana Zanzottiera (Head of Research di Bnp Paribas Real Estate Italy), prevede per gli asset commerciali “un calo del 20% del primo semestre 2020 rispetto al primo semestre 2019, che era stato un anno record per l’immobiliare”.
Secondo Nomisma, si sono già formati 15,6 miliardi di euro di crediti deteriorati derivanti da rate di mutui non pagati, con 100 mila nuclei familiari che rischiano di diventare insolventi nei prossimi trimestri e 160 mila che hanno già un immobile pignorato. Il lockdown ha avuto un impatto anche sulle aste immobiliari, che sono scese dalle 131 mila del primo trimestre 2019 a 49mila nello stesso periodo di quest’anno, mentre ha bloccato solo in parte le esecuzioni immobiliari, ha chiarito Stefano Magnolfi, Executive Director di CRIF Real Estate Services (si veda qui la presentazione completa).
C’è ancora molta confusione nei tribunali sia sulla gestione dell’emergenza, che sui tempi di sospensione delle aste immobiliari. Mirko Frigerio (fondatore ed executive vice president di NPLReSolutions) ha sottolineato che “l’incertezza su quando l’immobile verrà liberato porta all’asta solo gli speculatori, ledendo il credito e la Giustizia e allontanando il cliente retail che cerca casa”. Secondo Marco Sion Raccah, direttore generale di AREC – Aurora, “l’impatto sul real estate si sentirà molto da settembre, quando finiranno gli aiuto di Stato e si avranno di nuovi deterioramenti. Adesso serve agire sui crediti in bonis”.
Equita stima 184 miliardi di euro di potenziali nuovi Npl post-coronavirus, ma non prevede una nuova crisi perchè, rispetto alla crisi del 2008, l’Italia ha banche più capitalizzate, un’industria del servicing più strutturata e un mercato immobiliare che sta riprendendo nonostante il forte calo durante il lockdown. Diventerà più rilevante il ruolo degli operatori del credito e dei servicer, a sostegno dei mutui e della gestione di Utp con sottostante immobiliare. In tal senso “per far avvicinare fondi internazionali al mercato immobiliare e agli Utp italiani, serve che venga abbassato il livello di rischio, un concetto che è di difficile comprensione soprattutto a investitori asiatici. In più, vanno semplificate le procedure tecniche e legali, che riducono l’attrattività”, suggerisce Antonio Campagnoli (presidente di FIABCI Italia, la sezione italiana della Federazione Internazionale delle professioni immobiliari).
La tecnologia ha assunto intanto un ruolo centrale nel settore: le agenzie immobiliari, spinte anche dalla pandemia, hanno avviato visite virtuali e trattative da remoto, in un approccio sempre più consulenziale e di customer care. La tecnologia, unita all’accelerazione della digitalizzazione indotta dal coronavirus, potrebbe favorire le società proptech. L’aggettivo deriva dalla crasi di “property” e “technology”, ovvero la tecnologia applicata alla proprietà, intesa come proprietà immobiliare o bene immobile. L’Italia attualmente è fanalino di coda in Europa sia per numero di aziende del settore che per volume di investimenti e sconta un ritardo di 5-6 anni rispetto alla Gran Bretagna. “Per il settore immobiliare, l’applicazione della tecnologia nella catena del valore investimenti, gestione del costruito, marketing e finanziamento è un passo da gigante verso l’efficienza. Ciò consentirà di conoscere nel dettaglio il mercato immobiliare e di migliorare la redditività dei progetti, offrendo progressi tangibili e concreti come gli edifici ad alte prestazioni (High Performance Building, HPB)”, ha sottolineato Fabrizio Villani, cofondatore e Head of Growth della piattaforma di informazioni fintech Fintastico (si veda qui la presentazione completa).
Tra fondi di investimento, banche, servicer e operatori della filiera del real estate e startup proptech è emerso forte un messaggio: il fattore umano mantiene un’enorme importanza nella lettura e gestione di dati che, seppure automatizzati grazie all’intelligenza artificiale e al machine learning, sono utilissimi, purché ci siano “persone preparate a leggerli, a gestirli e ad aggiornarli”, ha concluso Alessandro Vilardi , Head of Retail Channel di Cerved.
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