Anche in Italia a le banche hanno ripreso a finanziare in maniera importante le iniziative di buyout dei fondi di private equity o comunque i progetti di m&a delle aziende corporate, a tassi in calo e per percentuali crescenti sui valori totali dei deal.
Il Qe della Banca centrale europea, e prima ancora il fatto che tutti sul mercato se l’aspettassero, ha quindi dato i suoi frutti su questo fronte, un risultato, questo, che, se da un lato aiuta la crescita economica, certo va tenuta sotto controllo, onde evitare che si ripropongano eccessi di leva già visti negli anni pre-crisi tra il 2005 e il 2008. Lo scrive MF-Milano Finanza in edicola da sabato 13 giugno, citando una serie di dati forniti dal Laboratorio Private Equity & Finanza per la Crescita della Sda Bocconi School of Management.
Valter Conca, direttore del Laboratorio, ha infatti spiegato che “la disponibilità di debito, dopo aver raggiunto il limite inferiore nel 2012, con un rapporto tra debito totale ed ebitda in un range di 1,5-2,3 volte, sta gradualmente crescendo: nel 2013 è salito a 2-3,5 volte e nel 2014 si è arrivati a 2,2-4 volte. E le tendenze nel 2015 dai primi dati segnano un’ulteriore ripresa della disponibilità di debito”. Conca ha aggiunto_:”Il rapporto all’interno del range ovviamente dipende dal tipo di operazione che viene finanziata e dallo standing di credito della società debitrice”. Il tutto con un rapporto tra equity e debito che oggi prevede un minimo di equity del 45%, in calo dal 50% del 2013.
Quanto alle valutazioni delle aziende target, i prezzi medi nel 2014 mostrano una lieve crescita attestandosi tra 7 e 8 volte l’ebitda, ha calcolato Conca, che sottolinea anche che “l’anno scorso è aumentata la percentuale di operazioni a multipli superiori alle 8 volte”.
Una recente ricerca condotta da Stefano Gatti e Carlo Chiarella del Centro Baffi Carefin dell’Università Bocconi, in collaborazione con Goldman Sachs, su tutte le 31.792 operazioni registrate da Bloomberg dal 2005 al 2014 (4.088 operazioni di private equity per un valore totale di 648,7 miliardi di dollari), ha a sua volta dimostrato che nel periodo 2012-2014 le valutazioni delle aziende target dei fondi in Europa sono state in media di 9,4 volte l’ebitda contro le 6,91 volte del periodo post-crisi (2009-2011) e le 10,42 volte del periodo pre-crisi (2005-2008). Insomma, il ritorno della leva permette di pagare di più, anche se i fondi non sono ancora disposti a riconoscere le valutazioni eccessive che circolavano prima dello scoppio della crisi finanziaria internazionale.