“Ho deciso di istituire un osservatorio sugli Npl al quale parteciperanno importanti esperti del comparto bancario, servicer e operatori specializzati sul mercato, enti istituzionali, studi professionali e associazioni, con l’obiettivo di individuare, sulla base degli strumenti oggi a disposizione e, eventualmente di proposte innovative, le possibili soluzioni al problema”, lo ha annunciato ieri con una nota l’on. Maurizio Bernardo, presidente della Commissione Finanze della Camera.
Secondo Bernardo, “il problema delle sofferenze, e in più in generale dell’entità dei non performing loan presenti nei bilanci delle banche italiane, è divenuto, come noto, negli ultimi anni un argomento di grande interesse non solo per la rilevanza che assume per la stabilità del sistema finanziario ma anche per le indirette conseguenze sulla situazione macroeconomica del nostro Paese”.
Ma il punto è che per creare un mercato secondario efficiente ci vogliono anche più investitori, diversi dai fondi esteri specializzati. Il paradosso è che fondi pensione e casse di previdenza potrebbero dare un contributo importante in termini di investimento su questo segmento, almeno sulle tranche di cartolarizzazioni senior dotate di garanzia statale (Gacs), ma a oggi non sono incentivati a farlo mentre per altri tipi di asset l’incentivo c’è.
Proprio l’ultima legge di bilancio ha registrato questo paradosso, sottolineato oggi a MF Milano Finanza da Angelo Bonissoni partner dello studio legale tributario CBA, che ha detto che nella legge di bilancio 2017 “è stato incentivato l’investimento diretto e indiretto delle casse previdenziali e dei fondi pensione in equity, ma allo stesso tempo non è stata prevista l’agevolazione dell’investimento alternativo negli npl. Non è stata colta l’occasione per affrontare con la necessaria fantasia il problema npl, scegliendo di non coinvolgere operatori importanti nel mercato dei crediti deteriorati”.
Alla Camera a suo tempo non è infatti passato l’emendamento alla Legge di stabilità che raccoglieva le istanze relative all’inclusione degli investimenti in private debt, avanzate dagli addetti ai lavori e in particolare dell’Aifi, l’Associazione che rappresenta i fondi di private equity, di venture capital e di private debt. Secondo quanto aveva riferito a suo tempo MF Milano Finanza, infatti, l’emendamento era stato infatti bocciato su indirizzo del governo, che ha dovuto cedere alle pressioni condotte da alcuni investitori del fondo Atlante. Dal loro punto di vista, infatti, se fosse passato l’emendamento a supporto del private debt, avrebbero voluto che lo stesso trattamento riservato ai fondi pensione fosse riservato agli investitori in Atlante, perché anche quel veicolo di fatto investe in private debt.
Così, l’incentivo fiscale per l’investimento nei Pir (Piani individuali di risparmio) previsto per casse previdenziali e fondi pensione è stato escluso in relazione agli investimenti in private debt, che nella loro accezione più ampia includono appunto anche i crediti non performing, mentre è previsto soltanto er gli investimenti in equity di aziende italiane o in fondi che investono nell’equity di aziende italiane e quindi per i fondi di investimento azionari aperti o per i fondi chiusi di private equity e di venture capital.