Nei primi 6 mesi dell’anno in Italia si sono già contate 8 operazioni di m&a nel settore arredo & design su un totale di 65 operazioni in tutto il mondo (circa il 12,3%), più di quanto sia stato fatto in percentuale l’anno scorso con 11 operazioni italiane su 134 in totale (8,2%), mentre nel 2015 a fronte di un’attività di m&a molto limitata, le aziende italiane del settore si sono rivelate molto interessanti, con 11 operazioni su 25 (44%).
L’attività dei fondi di private equity, poi, è stata particolarmente importnate con il 40% delle operazioni. Sul fronte delle valutazioni, negli ultimi tre anni in media mondiale sono ferme a 9,8 volte l’ebitda e a una volta il fatturato, ma in ogni caso anche per l’Italia è evidente che all’aumentare delle transazioni aumentano anche le valutazioni.
Sono i calcoli di Giovanni Vacchi, Partner Tas EY , che la scorsa settimana ha presentato al 3° Design Summit di Pambianco uno studio sull’internazionalizzazione, aggregazioni e finanza delle aziende del settore e che MF Milano Finanza ha pubblica oggi in esclusiva. Vacchi sottolinea che il mercato italiano della produzione di arredo e design è molto frammentato. Nel 2015, infatti, su un totale oltre 1000 aziende monitorate da EY, solo circa il 7% ha generato un fatturato superiore ai 50 milioni.
Tra le operazioni da segnalare nel settore (fonte BeBeez) da inizio anno c’è quella di Red-Fish Kapital, che ha comprato il 10% del capitale di Gedy, azienda produttrice di accessori da bagno con presenza internazionale e stabilimenti produttivi in Cina. Gedy fattura circa 30 milioni di euro. Lo scorso maggio poi il fondo Gradiente I, gestito da Gradiente sgr, ha ceduto al private equity francese LBO France la sua quota di controllo in Vetroelite, società trevigiana specializzata nel design e nella commercializzazione di bottiglie e contenitori speciali in vetro, nella quale il fondo aveva investito a fine 2013. Vetroelite nel 2015 ha fatturato 13,1 milioni. Sempre a maggio Palladio Holding ha comprato il 30% di RCF Group, società leader a livello internazionale nella progettazione, produzione e commercializzazione di prodotti e sistemi per l’audio professionale e la sonorizzazione pubblica. Infine poche settimane fa, Mittel ha acquisito per 15 milioni di euro l’80% di Ceramica Cielo, specializzata nella produzione e commercializzazione di ceramiche sanitarie di design e complementi destinati al settore luxury in Italia e all’estero con ricavi per circa 19 milioni. Lo scorso marzo il fondo Idea Corporate Credit recovery I gestito da Idea capital Partners sgr ha comprato l’intero cpaitale di Targetti Sankey, specializzata in iluminotecnica, che oggi fattura circa 50 milioni di euro. A febbraio, invece, Tecno, azienda specializzata in mobili e sistemi per l’ufficio, ha acquisito l’80% di Zanotta, specializzata nel mondo dell’home living. Sempre a febbraio Emu Group, specializzata in arredamento da giardino, è tornata nelle mani della famiglia Biscarini, storici fondatori della società, e di altri investitori. A vendere è stato il fondo Opera, che controllava Emu dal 2011. Infine a gennaio Barcella Elettroforniture, società di distribuzione di materiale elettrico, ha comprato l’intero capitale di Zani Ranzenigo & C. specializzata nella vendita di materiale elettrico e prodotti per l’illuminazione.
E che il settore sia caldo lo dimostra anche il fatto che Principia sgr ha lanciato lo scorso maggio la raccolta per il suo fondo Principia IV con target 150 milioni di euro e dedicato ai settori fashion e design che investirà in startup, spin-off industriali e pmi emergenti per un investimento medio di 5-10 milioni di euro di equity per singola operazione.
Ma dall’indagine di EY emerge che la dimensione aziendale rappresenta un fattore critico di successo: all’aumentare dei ricavi cresce anche la marginalità, con il margine di ebitda che passa dall’8,7% delle aziende con fatturato fino a 50 milioni al 10,8% per quelle con fatturato superire ai 200 milioni. E la dimensione è fortemente correlata all’internazionalizzazione delle imprese. A partire dal 2010, superata la crisi che ha visto il suo picco nel 2009, la redditività delle aziende internazionalizzate ha ricominciato a crescere staccando mediamente di circa 3 punti percentuali quello delle aziende non internazionalizzate.