E’ stato firmato ieri nel tardo pomeriggio il contratto di passaggio di proprietà a Neuberger Berman, ex braccio di asset mangement di Lehman Brothers, dell’intero portafoglio di partecipazioni dirette di Fondo Italiano d’Investimento sgr (scarica qui il comunicato stampa).
L’operazione, annunciata alla fine dello scorso giugno (si veda altro articolo di BeBeez), riguarda le partecipazioni di minoranza in 21 pmi italiane, con un fatturato aggregato ed ebitda complessivo pari rispettivamente a circa 2,3 miliardi e 82 milioni di euro, valutate attorno ai 300 milioni di euro.
Il rendiconto semestrale del FII a fine giugno 2016 indicava infatti 25 aziende partecipate, al netto del fallimento di Mape nel 2014 e della partecipazione in IMT in amministrazione straordinaria dal 2013, che al netto degli otto disinvestimenti (Farmol, Eco Eridania, Arioli, Angelantoni Test Technologies, quello parziale da Megadyne, Comecer, Marsilli e Caronte&Tourist) venivano valutate in totale circa 260 milioni di euro (comprendendo anche i finanziamenti soci e i prestiti obbligazionari). Da allora il Fondo italiano ha poi ceduto le proprie partecipazioni in Emarc e in Antares Vision; TBS, prima quotata all’Aim Italia, (di cui il Fondo Italiano possedeva il 13,17%) è stata ceduta in opa al gruppo Pantheon (controllato da Permira); e infine DBA, azienda trevigiana, leader nel settore Ict applicato all’ingegneria civile e alle telecomunicazioni, debutterà all’Aim Italia a breve, in una ipo da circa 20 milioni di euro, che sarà costituita in parte da aumento di capitale e in parte da vendita della percentuale del capitale sinora in portafoglio al Fondo Italiano d’Investimento.
Il primo fondo lanciato dalla sgr, presieduta da Innocenzo Cipolletta e guidata da Carlo Mammola, aveva investito parte della sua dotazione in partecipazioni dirette in pmi, parte in fondi di private equity dedicati alle pmi e una piccola parte in fondi di venture capital (si veda altro articolo di BeBeez). I diversi investimenti sono stati quindi riallocati a tre diversi fondi gestiti dalla sgr: Fondo Italiano di Investimento, dedicato appunto agli investimenti diretti nel capitale di imprese con una dimensione compresa tra i 10 e i 250 milioni di euro di fatturato; Fondo Italiano di Investimento Fondo di Fondi, focalizzato sugli investimenti in altri fondi di private equity; eFondo Italiano di Investimento FII Venture, dedicato agli investimenti in fondi di venture capital (che si va ad affiancare al primo fondo di fondi dedicato al settore lanciato nel 2015).
La gestione del portafoglio verrà affidata a un team di 9 professionisti provenienti da Fondo Italiano d’ Investimento sgr. Anthony Tutrone, managing director e responsabile di NB Alternatives a livello globale, ha commentato: “Siamo davvero contenti che alcuni componenti del team del Fondo Italiano entrino a far parte della nostra attività dedicata agli investimenti di private equity in Italia. Il nostro focus è stringere partnership con aziende di media dimensione. Riteniamo che in Italia ci siano degli imprenditori davvero forti, leader nei loro settori che, grazie all’accesso al nostro network globale e al nostro capitale, possono avviare con successo un percorso di internazionalizzazione e accelerare i loro piani di crescita”.
Nel dettaglio, Cassa Depositi e Prestiti, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Nexi, Banco Bpm, Bper, Credito Valtellinese, Banca Popolare di Cividale e Ubi Banca, in qualità di sottoscrittori, hanno ceduto il 100% delle quote del fondo stesso, che è nato nella primavera del 2016, a valle di una scissione parziale proporzionale del primo fondo gestito da Fondo Italiano d’Investimento sgr e lanciato nel 2010 con una dotazione di 1,2 miliardi di euro. A comprare sono stati i fondi gestiti da Neuberger Berman, tra i quali NB Secondary Opportunities Fund IV, che ha chiuso la raccolta nel gennaio di quest’anno. Neuberger Berman è stata assistita, per gli aspetti legali dell’operazione, dallo studio legale Gatti Pavesi Bianchi.
L’operazione per NB si inserisce in un progetto di ampio respiro di lancio di un fondo quotato sulla Borsa Italiana che condurrà investimenti di minoranza in aziende italiane di medie dimensioni non quotate a supporto di progetti di crescita e internazionalizzazione con criteri di investimento compatibili con i Piani individuali di risparmio (Pir).
Neuberger Berman in Italia è già operativa con NB Reinassance, veicolo nato dallo spin off delle attività di private equity di Intesa Sanpaolo (con all’attivo un team locale di 15 professionisti che hanno già raccolto circa 900 milioni di euro), e le partecipazioni del Fondo Italiano servirebbero quindi a costituire lo zoccolo di partenza del portafoglio del nuovo fondo di NB, che punta a una raccolta minima di 500 milioni di euro e si pone un target massimo di un miliardo, con l’idea di raccogliere capitali sia dal risparmio privato italiano sia dai fondi Pir.
“Dobbiamo completare il closing dell’operazione con il Fondo Italiano di Investimento, che rappresenterà la base del portafoglio di un nuovo veicolo. Poi, se tutto procederà bene, ci auguriamo di poter partire con l’iter per la quotazione. Ci vorrà ancora un po’ di tempo, ne potremo parlare nei prossimi mesi”, aveva detto a inizio ottobre a MF Milano Finanza George Walker, presidente e chief executive officer di Neuberger Berman (si veda altro articolo di BeBeez). Al progetto Walker crede molto: “E’ un progetto che riteniamo molto interessante, perché in grado di coniugare da un lato le necessità di maggior capitale delle pmi e dall’altro la necessità dei fondi Pir di investire in strumenti liquidi”. E poi perché a Walker l’equity italiano piace soprattutto quando si tratta di aziende private: “Per l’azionario riteniamo che ci sia molto più valore nell’investimento nel capitale di rischio di aziende non quotate”, aveva detto.
Quanto a Fondo Italiano d’Investimento sgr, la cessione del portafoglio coincide con l’avvio di un nuovo corso per la sgr, che ha da poco lanciato due nuovi fondi: il fondo FII Tech Growth, che parte con una dotazione di 50 milioni di euro messa a disposizione dalla Cdp, con l’intenzione di raccogliere altri 100 milioni da investitori terzi, e il fondo FII Innovazione e Sviluppo, indirizzato a investimenti di private equity, con target di raccolta di 700 milioni, sul quale la Cdp si è impegnata per 150 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). Entrambi i fondi avranno approccio “hands on”, spia questa di un’evoluzione nel modo di fare private equity e venture capital dell’sgr, oggi in tutto allineato agli standard di mercato, con pieno coinvolgimento dei partner della sgr negli investimenti.
Come riferito da MF Milano Finanza lo scorso sabato 25 novembre, infatti, i partner sono tenuti a investire nei fondi che gestiscono e l’ad Carlo Mammola è personalmente coinvolto in tutti i fondi. Ovviamente c’è il lato positivo della medaglia, che è il carried interest: i partner ci mettono la faccia ma poi, se le cose vanno bene, partecipano al ritorno dell’investimento, con un guadagno che la media del mercato pone al 20% del capital gain ottenuto, una volta pagato un rendimento minimo agli investitori (hurdle rate, spesso al 6-8%).
Al momento il coinvolgimento del management team si ferma qui, ma è ragionevole pensare che poco manchi ad arrivare a replicare quanto accaduto lo scorso agosto con l’ex Fondo Strategico Italiano, quando il management team di Fsi sgr, guidato dall’ad Maurizio Tamagnini, ne ha preso il controllo. Cdp ha infatti ceduto al veicolo del management, Magenta 71, il 10% delle quote della sgr, scendendo dal 49 al 39% e permettendo a Tamagnini e ai suoi di salire al 51%. Immutata invece la quota di Poste Vita, rimasta con il 9,9% della sgr (si veda altro articolo di BeBeez).
Tornando al Fondo Italiano, oggi Cdp ne controlla il 43%, dopo aver acquistato la quota del 12,5% inizialmente in capo al Tesoro e successivamente anche parte delle quote di Abi e Confindustria, scese entrambe al 3,5% ciascuna, mentre le altre quote, tutte del 12,5%, sono ancora in capo a Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps e Nexi. Si può pensare che le banche via via disinvestano, viste le pressioni sul capitale di vigilanza. Quanto a Nexi, oggi gli obiettivi del gruppo sono molto diversi da una volta (quando si chiamava Icbpi-CartaSì) e non ci sarebbe più motivo per restare nella sgr. Quindi è possibile che i manager entrino nel capitale.