Il noto produttore abruzzese di pasta De Cecco è alla ricerca di un nuovo socio di minoranza per accompagnare la sua crescita, in vista di una successsiva quotazione in Borsa, riferisce il Corriere della Sera. Ma tra gli azionisti è rottura, riferisce Italia Oggi.
Nei giorni scorsi, infatti, hanno rassegnato le dimissioni dal board della capogruppo Fratelli De Cecco (non dalle controllate) i vice presidenti Giuseppe Aristide e Saturnino De Cecco. Le dimissioni sarebbero state rassegnate per dissensi nella gestione operativa.I n sella è rimasto il presidente Filippo Antonio De Cecco che nei giorni scorsi ha chiuso l’acquisto di una quota dell’8,59% dell’azienda da suo fratello Giuseppe Adolfo, arrivando così al 23,59% del capitale e diventando il maggior socio singolo dell’azienda. I tre rami della famiglia, rappresentati da Filippo Antonio, suo nipote Saturnino (con il 23,41%) e Giuseppe Aristide con le sue due figlie (com il 12,04%), detengono quindi ora il 59% del gruppo. Seguono tutti gli altri componenti, dal cugino Giuseppe Alfredo, che con i figli ha il 10,50%, a Maria De Cecco (sorella di Saturnino) con il 9,92%. Infine altri 8 membri possiedono quote tra il 4 e il 5%.
Lo scorso agosto l’amministratore delegato di De Cecco, Francesco Fattori, ex top manager anche di Nomad Foods e Reckitt Benckinser, ha lasciato il suo ruolo per diventare ceo del gruppo Optima MEC, gruppo leader nei settori della gelateria e della pasticceria (si veda altro articolo di BeBeez). Fattori era stato nominato ad di De Cecco nel giugno 2018 e revocato improvvisamente dal Cda nell’aprile 2019. Poi nel maggio 2019 De Cecco aveva staccato un assegno da 10 milioni per gli azionisti, ma non lo aveva comunicato agli obbligazionisti entro 5 giorni come previsto dal regolamento del bond da 21 milioni di euro quotato all’ExtraMot Pro.
Il regolamento precisa infatti che la comunicazione vada fatta entro quei termini, nel caso in cui i covenant finanziari non vengano rispettati anche a causa di distribuzione di patrimonio netto. Come precisato in un comunicato stampa diffuso a inizio gennaio, infatti per il covenant Posizione finanziaria netta/Patrimonio netto era stato fissato un tetto di 1,5 volte nel 2019: a dicembre 2018 il rapporto era di 1,3 volte, ma, dopo la distribuzione, è passato a 1,52 volte. La soglia è superata di poco, ma abbastanza per consentire agli obbligazionisti di richiedere il rimborso anticipato. Per questo motivo De Cecco ha chiesto scusa agli obbligazionisti, dicendo che la mancata comunicazione è stata la conseguenza di un errore operativo. Quei minibond erano sottoscritti da 15 investitori, con Cassa Depositi e Prestiti che è stato investor dell’operazione, con un investimento di 12,5 milioni. Altri sottoscrittori sono stati Ersel sim, Consultinvest Asset Management sgr, Confidi Systema!, Volksbank e Banca Popolare di Bari (si veda altro articolo di BeBeez). Contestualmente all’emissione di quel bond nel 2018, De Cecco aveva emesso un altro minibond, non quotato, da 4 milioni di euro, mentre nel marzo 2017 aveva emesso un minbond da 12,5 milioni di euro che era stato interamente sottoscritto dal Fondo Sviluppo Export, gestito da Amundi sgr (si veda altro articolo di BeBeez).
In tutto questo bailamme, De Cecco sta cercando un investitore finanziario al quale cedere una minoranza del capitale, dopo essere stato in trattative lo scorso anno con un grande fondo internazionale, che però era interessato al controllo. Il tutto, si diceva, con l’obiettivo di sbarcare in Borsa.
Non è certo la prima volta che per De Cecco si parla di quotazione. L’ultima volta era stata poco meno di due anni fa, quando uno dei punti all’ordine del giorno dell’assemblea di bilancio dei soci del pastificio recitava “Presentazione e avvio del processo di ammissione a quotazione” (si veda altro articolo di BeBeez). Ma anche dieci anni prima se ne era parlato, tanto che era stato dato mandato alle banche (Mediobanca , JPMorgan e Lazard) per occuparsi della quotazione allo Star, ma poi il progetto fu messo in soffitta.
Fondato nel 1886, il gruppo non produce solo pasta, ma anche olio extravergine d’oliva, sughi pronti, derivati del pomodoro e bakery (sostitutivi del pane) ed è un marchio molto noto in Italia e all’estero, forte della sua presenza in 120 mercati, con un importante presidio in Francia, Germania, Inghilterra, negli Usa e in Giappone, e della certificazione halal che garantisce la conformità alla disciplina islamica per i consumatori musulmani. Secondo i dati preliminari di bilancio, nel 2019 i ricavi della società sarebbero saliti del 6,56% a 480 milioni e i margini da 50 a 54 milioni.