Ci sarebbero tre offerte sul tavolo dell’advisor Alantra per Vetrerie Riunite, leader di mercato nei settori della produzione e commercializzazione di oblò per lavatrici. Lo scrive Il Sole 24 Ore, precisando che la società viene valutata attorno ai 100 milioni di euro, cioé circa quanto il fatturato.
A sfidarsi sul dossier sarebbero l’italiana Vam Investments, il private equity Usa Opengate Capital e il private equity britannico Abbeydale Partners. Ancora una volta, quindi, il controllo del gruppo passerebbe a un fondo.
Nel 2008, con un’operazione da 112,5 milioni di euro, tramite la newco Vetrerie Holding, il fondo Opera Italia, gestito da Opera sgr, aveva comprato il 52% del capitale insieme al fondo Dgpa Capital (24%), gestito allora da Dgpa sgr (oggi Style Capital sgr), mentre Finanziaria Del Vetro (Finvetro), che prima controllava la società, aveva reinvestito per il resto (si veda qui MF di allora). Finvetro a sua volta aveva cambiato assetto azionario, con Gianluca Vacchi che ne aveva preso il controllo, insieme a un gruppo di manager e professionisti che rappresentavano la continuità dell’azienda, mentre aveva liquidato la sua posizione il fondo ILP II, gestito da J. Hirsch&Co, che aveva investito nel dicembre 2003, e l’aveva ridotta sensibilmente il fondo Nem Imprese, gestito dall’allora Nem sgr (oggi Alkemia sgr), che aveva investito nell’agosto 2005.
Vetrerie Riunite è stata fondata nel 1905 a Torino e ha stabilimenti in Italia, Austria e Bulgaria. E’ guidata dal ceo Luca Villa. Al gruppo appartengono Vetrerie Riunite spa, Novaref spa e Borromini srl, acquisite entrambe negli anni Ottanta da Vetrerie Riunite. Il gruppo che oggi fa capo a Finvetro ha chiuso il 2017 con 99,9 milioni di euro di ricavi, 14,3 milioni di ebitda e un utile netto di 7,1 milioni, a fronte di un debito finanziario netto di 60,6 milioni (si veda qui l’analisi di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). Quei numeri, però, comprendevano ancora i risultati della società austriaca Technoglas Produktions Gmbh, attiva nella produzione di fari anteriori e fendinebbia, contenitori per l’industria profumiera e cosmetica, ceduta lo scorso anno da Vetrerie Riunite all parmense Cerve.
Nel 2017 il gruppo ha aumentato del 30% la sua capacità produttiva e quest’anno si appresta a realizzare un aumento della produzione dei forni fusori accompagnato da una serie di investimenti dedicati alla automazione dell’intero processo produttivo che permetteranno di rafforzare ulteriormente la sua leadership. A questo fine, la società ha chiesto e ottenuto un finanziamento da 77 milioni di euro da Unicredit e Banco Bpm nel febbraio di quest’anno ed è un cliente di Credimi, la piattaforma di invoice financing fondata a Ignazio Rocco di Torrepadula (si veda altro articolo di BeBeez).
Tornando ai potenziali nuovi investitori, Vam Investments potrebbe avere una chance in più, perché l’asset lo conosce e conosce il mondo di Opera. Uno dei soci di Vam Investments, infatti, è Francesco Trapani, che era amministratore delegato di Bulgari proprio nel momento in cui il gruppo era socio al 75% nel capitale di Opera sgr, affiancato dall’ad dell’sgr, Renato Preti. Trapani aveva quindi seguito in prima persona la cessione del capitale dell’sgr a Michele Russo, allora in uscita dal private equity paneuropeo Doughty Hanson.
Vetrerie Riunite era stato il primo investimento del nuovo corso dell’sgr, che a gennaio 2008 aveva appunto costituito il nuovo veicolo di investimento Opera Italia, di diritto italiano, inglobando il veicolo di diritto lussemburghese Opera II, che nel 2004 aveva raccolto 90 milioni di euro. Vetrerie Riunite è l’ultimo asset rimasto in portafoglio a Opera Italia e potrebbe essere quello che aiuterebbe il fondo a recuperare redditività, dopo una serie di investimenti andati male, come Cucine Minotti, Emu e I Pinco Pallino.