Ieri il Cda di Atlantia ha approvato la costituzione di una newco funzionale alla scissione di Autostrade per l’Italia (ASPI): Autostrade Concessioni e Costruzioni spa (si veda qui il comunicato stampa). La costituzione della società è funzionale al progetto di scissione parziale e proporzionale e successiva quotazione in Borsa di ASPI. La struttura dell’operazione e il progetto di scissione saranno sottoposti ad approvazione di un successivo Consiglio di amministrazione di Atlantia. Restano in campo entrambe le ipotesi: la vendita diretta dell’intera quota detenuta da Atlantia in Autostrade tramite un’asta competitiva oppure a trasformarla in una public company contendibile, come già annunciato il 4 agosto scorso (si veda altro articolo di BeBeez).
ASPI attualmente è controllata all’88% da Atlantia, gruppo quotato a Piazza Affari, a sua volta partecipato da Edizione Holding della famiglia Benetton, ed è finita nella bufera dopo il crollo del ponte Morandi a Genova sul tratto autostradale di cui ha la concessione, perché allenti la presa su ASPI. Dopo una lunga trattativa con il Governo, a inizio luglio 2020 Atlantia aveva avanzato due proposte transattive per favorire il passaggio del controllo di ASPI a Cdp, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di ASPI e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia (si veda qui il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio).
La soluzione sulla quale ci si stava muovendo inizialmente era un aumento di capitale di ASPI da almeno 3 miliardi dedicato a Cdp, che la porterebbe al 33%, e a una cessione di quote pari al 22% della stessa ASPI da parte di Atlantia a uno o più investitori graditi e individuati da Cdp. Il tutto nel contesto di una scissione di ASPI prodromica a un’ipo, che porterebbe Edizione Holding a diluirsi all’11% e gli altri soci di Atlantia (il consorzio formato da Allianz Capital Partners, EDF Invest e DIF, da un lato, e i cinesi di Silk Road Fund, dall’altro) a quote ancora più ridotte.
A voler comprare la quota del 22% di ASPI erano in tanti e saranno ragionevolmente gli stessi che studieranno il nuovo dossier. L’interesse di Cdp è che nel capitale di ASPI entrino soprattutto investitori italiani di lungo periodo come possono essere appunto le fondazioni bancarie ed è appunto per sondare la disponibilità delle fondazioni socie di Cdp (con il 15,93%). Alcune delle fondazioni più grandi, tra cui tra cui Cariplo e Compagnia San Paolo e CRT, ma non Cariverona, avrebbero espresso una generale disponibilità (si veda altro articolo di BeBeez).
Fondazioni a parte, interessate ad affiancare Cdp nel capitale di ASPI, probabilmente attraverso un fondo strutturato d hoc da F2i sgr (si veda altro articolo di BeBeez), sono anche Poste Vita (che starebbe studiando un investimento da almeno 300-400 milioni di euro), e alcune casse di previdenza, come Cassa Forense (avvocati), Enpam (medici), Inarcassa (architetti) e Cassa Geometri (si veda altro articolo di BeBeez). E poi ovviamente interessati sono i gradi fondi di private equity come Macquarie, KKR e Blackstone (si veda altro articolo di BeBeez). Senza dimenticare i fondi pensione e i fondi sovrani esteri, specialmente quelli che hanno sottoscritto il terzo fondo di F2i e cioé GIC, il fondo sovrano di Singapore, e PSP, il fondo pensione dei dipendenti pubblici e delle forze dell’ordine canadesi (si veda altro articolo di BeBeez). Nei mesi scorsi si era anche parlato del possibile coinvolgimento nella partita dell’ex amministratore delegato di ASPI nonché ex ceo di F2i sgr, Vito Gamberale (si veda altro articolo di BeBeez). Quest’ultimo, infatti, è tornato a occuparsi di investimenti in infrastrutture, questa volta a capo di una nuova società di investimento che ha lanciato due fondi chiusi in partnership con Pramerica sgr.
A fine luglio 2020 è stato reso noto che un gruppo di hedge fund, tra cui il londinese TCI, intende chiedere alla Commissione europea l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia per la vendita della quota di Atlantia di Autostrade per l’Italia, asserendo che il Governo italiano ha violato almeno 8 principi del diritto europeo e che “l’accordo era guidato da ragioni politiche ed è stato raggiunto senza alcun quadro giuridico” (si veda altro articolo di BeBeez).