Continuano a frenare gli investimenti dei fondi immobiliari in Italia. Complessivamente dall’inizio dell’anno sono ammontati a 5,3 miliardi di euro, in calo di circa il 7% rispetto allo stesso trimestre del 2020. E le perplessità degli investitori, soprattutto in riferimento ad alcune asset class, inducono a stimare per fine anno un volume totale di 7,4 miliardi di euro, un dato rivisto ancora al ribasso di circa il 10% rispetto ai 12 mesi precedenti, confermando il trend del 2020. Se i risultati dello scorso anno (8,2 miliardi di euro) erano apparsi negativi se confrontati con un 2019 record (che ha visto investimenti per più di 12 miliardi di euro) ma positivi nel contesto in cui sono stati realizzati, l’anno in corso volge al termine nel segno della cautela. E’ quanto prevede l’aggiornamento del rapporto 2021 “I Fondi immobiliari in Italia e all’estero”, presentato ieri e realizzato da Scenari Immobiliari in collaborazione con lo Studio Casadei (si veda qui il comunicato stampa).
Ecco perché la crescita del patrimonio immobiliare dei 560 fondi attivi in Italia a fine 2021 dovrebbe toccare i 105 miliardi di euro, in crescita di non più del 4,8% sul 2020. Le previsioni per il 2022 pongono il patrimonio sopra i 110 miliardi di euro, con 30 veicoli di investimento in più. Una crescita lenta, quindi sebbene il peso del patrimonio dei fondi real estate italiani nel panorama europeo continui a crescere in modo sostenuto, superando l’11%. (ma concentrato su 25 sgr).
Diversi i fattori alla base della cautela degli investitori. Il segmento degli uffici è condizionato dall’evoluzione in termini di domanda futura di spazi e dalla carenza di prodotto core. Il retail è schiacciato dalla spinta dell’e-commerce, esplosa durante l’emergenza sanitaria, con un mercato nazionale ancora arretrato rispetto agli altri Paesi a economia avanzata, e dalla necessità di completa ristrutturazione del settore da cui dipenderanno le modalità con cui il negozio fisico si manterrà appetibile. Nel frattempo le zone commericali di alta gamma in centro città sono state penalizzate dalla drastica riduzione del turismo internazionale e di conseguenza hanno esercitato poco appeal sugli investitori.
Yedenza solo parzialmente compensate da quelle in atto in altri comparti del mercato. Nei primi sei mesi del 2021 il settore industriale e logistico, compresi i data center, ha registrato investimenti per quasi 1 miliardo di euro, confermando l’attrattività del settore: tendenza già in atto a fine 2019 e consolidatasi nel 2020. In termini numerici, gli investimenti del periodo gennaio-giugno 2021 sono a tutti gli effetti un record per il settore, quasi il doppio del volume del primo semestre 2020 (560 milioni), oltreché essere già prossimi a quanto totalizzato nell’intero 2019, anno pre-pandemia (quasi 1,2 miliardi di euro).
A questo vanno aggiunti i movimenti e l’interesse, fra gennaio e giugno 2021, delle società alberghiere per gli hotel della Penisola, che sono stati numerosi e hanno riguardato location attraenti, ma attualmente deboli perché basate su un’economia fortemente orientata al turismo. In più località, per esempio, è in atto la riconversione di palazzi a uso ufficio in strutture ricettive. Il mercato immobiliare alberghiero nel 2020 aveva registrato, rispetto agli altri comparti, la contrazione più significativa, con un fatturato diminuito di circa il 70% rispetto ai risultati del 2019, a causa dell’abbattimento dei flussi di domanda legati al turismo leisure e a quello business. La contrazione era apparsa più marcata perché si confrontava con 12 mesi eccezionali, nei quali erano state raggiunte le migliori performance di investimento del comparto. Tuttavia, malgrado il perdurare della pandemia, l’anno in corso volge al termine con previsioni di interesse in crescita, soprattutto per gli investimenti opportunistici e i trophy asset ubicati nelle prime location (Venezia, Roma, Firenze e Milano).
Nel complesso, le cifre dipingono Il 2021 come un anno di transizione. In questi mesi e nei primi del 2022 alcuni operatori adotteranno un approccio attendista. Altri continueranno, nel breve e medio periodo, a creare nuovi prodotti sfruttando il tempo a disposizione e la possibilità di riconvertire edifici esistenti. Altri ancora si concentreranno su investimenti mirati a realizzare nuovi format, in vista di una ripresa più corposa degli investimenti tra la metà del 2022 e il 2023. Per quanto riguarda la provenienza dei capitali, la quota più rappresentativa è costituita da investitori cross border, Stati Uniti in testa. I flussi di capitale dall’Italia nell’immobiliare restano sotto il 25%. Si conferma la concentrazione degli investimenti nel nord, con Milano in prima posizione con circa il 30% sul totale, e Roma intorno al 10%.
Con riferimento all’asset allocation, gli uffici si confermano l’asset class preferita di un elevato numero di veicoli con un peso sul totale delle superfici del patrimonio gestito di oltre il 40%. Il retail si conferma al secondo posto (sotto il 20%), ma resta indebolito dall’accelerazione verso l’e-commerce e dalla crisi innescata dalla pandemia. Continua nel 2021 l’interesse verso gli immobili residenziali e logistici, che sebbene in espansione, rappresentano solo un quarto delle superfici complessive delle masse gestite dai fondi immobiliari europei.
Francesca Zirnstein, direttrice generale di Scenari Immobiliari, ha commentato: “Il core business dei veicoli italiani continua a essere rappresentato dagli uffici, che concentrano circa il 64% del totale, seguito dal retail in lieve contrazione e con un peso del 13,5%. Dal nostro studio abbiamo rilevato una crescita d’interesse per il residenziale e la logistica, seppur detengano ancora un peso marginale sul patrimonio gestito. Le prospettive per il 2022, sulla base delle indicazioni raccolte tra le sgr, sono di un cauto ottimismo, con incremento delle masse gestite e diversificazione dei portafogli rispetto alla composizione attuale”.
Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, ha aggiunto: “Il mercato immobiliare italiano è cresciuto nel corso di questo secolo in linea con l’Europa e facendo meglio del Pil che è calato dell’1,3%. Infatti tra il 2021 e il 2001 il fatturato immobiliare italiano è aumentato del 28,4%, in linea con gli altri grandi Paesi europei, mentre il Pil calava. I fondi immobiliari hanno avuto una crescita impetuosa, da 1 a 93 miliardi di euro, facendo meglio di Franca e Germania”.
Gottardo Casadei, titolare dell’omonimo Studio, ha spiegato: “L’industria immobiliare italiana ha un valore della produzione di 405 miliardi di euro. La finanza immobiliare ha un patrimonio di 109 miliardi, di cui il 95% rappresentato da fondi riservati. Tale industria rappresenta 1,5 miliardi di di euro di capitalizzazione e offre un Irr medio dell’1,7%, con gli uffici che rendono il 5%. I fondi immobiliari in Borsa da inizio anno a oggi hanno avuto un rendimento del 16%, contro il 29% del Ftse Mib e il 23% del Dow Jones”. Inoltre, Casadei ha evidenziato che il real estate è in ripresa, ma soffre la carenza di manodopera e l’aumento del costo delle materie prime, dove si è registrato un incremento del 243% solo per l’acciaio.
A livello mondiale, il patrimonio dei fondi immobiliari e Reit sta chiudendo il 2021 a quota 3.400 miliardi di euro, in crescita del 3,7% rispetto ai 12 mesi precedenti. In Europa, dove il numero dei veicoli è cresciuto di 45 unità sfiorando 2.100 tra fondi e Reit, questo patrimonio ha raggiunto un volume di 1.360 miliardi di euro, più del 40% del patrimonio mondiale.
Ha concluso Breglia: “In un 2021 che sta per concludersi con esiti superiori alle più ottimistiche previsioni e di fronte a un 2022 che si annuncia come un anno di ulteriore crescita per il real estate globale registriamo un proseguimento del ciclo espansivo dei fondi immobiliari europei. Nei principali otto Paesi analizzati, inclusa l’Inghilterra anche se non fa più parte dell’Ue, l’anno in corso dovrebbe concludersi con un patrimonio gestito di oltre 800 miliardi di euro, che rappresentano un incremento di quasi il 6% rispetto all’anno precedente”.