Viaggia sul filo del rasoio la business combination tra ABK Group Industrie Ceramiche spa, specializzata nella produzione e commercializzazione di pavimenti e rivestimenti ceramici, e Capital For Progress 2, la seconda Spac promossa da Massimo Capuano (ex amministratore delegato di Borsa Italiana e di Centrobanca), Antonio Perricone (ex managing partner di B&S Private Equity e consigliere di Amber Capital), Marco Fumagalli (per oltre un decennio a capo del Capital Markets di Centrobanca), Alessandra Bianchi (analista presso Amber Capital) e Bruno Gattai, managing partner dello Studio Legale Gattai, Minoli, Agostinelli & Partners.
La società ha infatti comunicato nei giorni scorsi che sono stati validamente esercitati recessi per un numero di azioni pari al 57,38% circa del capitale ordinario (si veda qui il comunicato stampa). Una situazione, questa, che sinora non si era mai verificata per una Spac in Italia e che mette a grande rischio l’operazione. In occasione della quotazione, infatti, i promotori hanno stabilito che non si potrà procedere alla business combination nel caso in cui i soci recedenti rappresentino un numero di azioni pari o superiore al 30% del capitale sociale.
In realtà esiste ancora la possibilità di recuperare. Le azioni oggetto di recesso sono state infatti offerte in opzione agli azionisti della Spac diversi da coloro che hanno esercitato il diritto di recesso, in proporzione al numero di azioni dagli stessi possedute. L’offerta è partita lo scorso 6 novembre e si chiude il prossimo 6 dicembre (si veda qui il comunicato stampa). A quel punto si chiarirà se la business combination si potrà fare oppure no. In caso negativo, i promotori dovranno rimboccarsi le maniche e cercare na nuova società target da proporre ai soci della Spac, prima che scadano i due anni dalla quotazione che risale all’agosto 2017.
L’operazione di business combination era stata annunciata a fine giugno (si veda altro articolo di BeBeez) e prevedeva che CFP2, che era stata quotata all’Aim Italia nell’agosto 2017, dopo aver raccolto dagli investitori 65 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez), versasse un terzo delle risorse di per acquistare azioni dagli attuali soci di ABK, sulla base di un equity value della società di 124 milioni di euro, mentre la residua liquidità sarebbe servita allo sviluppo dei progetti di ABK, per linee interne ed esterne.
A inizio ottobre, però, l’assemblea della Spac aveva dato il via libera alla business combination soltanto alla presenza di azionisti rappresentanti il 38,9% del capitale con voti favorevoli che erano stati il 92,8 % dei presenti, corrispondente al 36,2 % del capitale sociale ordinarie (si veda qui il comunicato stampa). E già si era capito che qualcosa stava andando storto.
La societù target, peraltro, vanta un curriculum di tutto rispetto. Fondata nel 1992 da Michelangelo Fortuna e Andrea Guidorzi, cui si è aggiunto nel 1996 Roberto Fabbri, oggi ABK produce nei due principali stabilimenti di Solignano e Finale Emilia, entrambi in provincia di Modena, con una capacità produttiva di oltre 7,2 milioni di metri quadri annui con tecnologie all’avanguardia e, a seguito di ben 45 milioni di euro di investimenti condotti negli ultimi 4 anni.
ABK ha chiuso il 2017 con 115,4 milioni di euro di ricavi (dai 103,6 milioni del 2016), di cui il 68% all’estero, con un ebitda di 18,7 milioni (da 14,6 milioni), un utile netto di 12,6 milioni (da 6,8 milioni) e un debito finanziario netto di 8,1 milioni (da 8,8 milioni).
I principali marchi con cui vengono commercializzati i prodotti sono ABK, Flaviker, Ariana e CasaTua. Nel gennaio di quest’anno ABK ha firmato un accordo di partenariato con Sacmi, leader mondiale nei macchinari per l’industria ceramica, per lo studio e la realizzazione di una soluzione tecnologica per la produzione di lastre ceramiche di grande spessore a vena passante.