Tra il 2010 e il 2016 oltre 100 soggetti internazionali hanno investito in almeno un’impresa italiana,
realizzando complessivamente più di 180 investimenti. Lo ha calcolato Aifi (scarica qui il comunicato stampa), che ha anche evidenziato che la maggior parte delle operazioni è stata condotta da soggetti americani ed europei, soprattutto britannici e francesi, ma che nell’ultimo periodo sono intervenuti molti investitori asiatici che prediligono operazioni in cui possono esercitare un controllo strategico nelle società come i buyout, in cui acquisiscono quote di maggioranza o addirittura totalitarie.
Il presidente di Aifi, Innocenzo Cipolletta, ha aggiunto che nel periodo l’Italia “si classifica come il terzo paese per numero di investimenti effettuati nel continente dai fondi internazionali, dietro Francia e Regno Unito, dove il mercato del private equity è indubbiamente di più lunga tradizione e dimensioni maggiori. Inoltre, se si guarda all’evoluzione nel tempo, il peso dell’Italia è cresciuto passando dall’11% nel 2010-2012 al 22% nel 2013-2016, a testimonianza di un interesse sempre maggiore per le aziende del territorio”.
A livello geografico le imprese oggetto delle operazioni sono collocate prevalentemente al Nord, in particolare in Lombardia, in linea con quanto si verifica in generale nel mercato italiano del private equity e dove è basata la maggior parte degli operatori sia domestici, sia internazionali con sede in Italia.
I settori italiani più attrattivi per gli investitori internazionali risultano essere quelli dei beni e servizi industriali e del manifatturiero/moda; da sottolineare, inoltre, la crescente attenzione negli ultimi anni verso alcuni settori innovativi, quali l’Ict e il medicale che stanno ricoprendo un ruolo sempre più importante nel tessuto industriale italiano e che si
configurano come eccellenze nel panorama internazionale.