Ci sono meno nuovi crediti bancari alle imprese si trasformano in sofferenze sia in termini di numero di prestiti sia in termini di valore di quei prestiti. Il calcolo è congiunto di Abi e Cerved ed è contenuto nel loro terzo rapporto sul tema, presentato ieri (scarica qui il Rapporto). Non solo. In prospettiva il trend è destinato a continuare, sempre che le previsioni di recupero dell’economia italiana vengano confermate (+1,1% il pil quest’anno e +1,5% nel 2017).
Più nel dettaglio, lavorando sulla banca dati di Banca d’Italia, il rapporto calcola che nel 2015 le banche hanno aperto sofferenze per circa 27 mila prestiti concessi a società non finanziarie, il 5,3% in meno dal picco toccato nel 2014 (poco meno di 29 mila). E il miglioramento è ancora più marcato se si fa riferimento all’importo dei prestiti per cui è stata aperta una sofferenza: nel 2015 circa 30 miliardi, in calo del 7,7% dal 2014 e soprattutto del 25% dal record negativo toccato nel 2013.
Per la prima volta dal 2011, poi, l’anno scorso sono diminuite le sofferenze anche in rapporto al credito erogato dalle banche: il tasso di ingresso in sofferenza, calcolato sul numero di prestiti in bonis, si è infatti attestato al 3,7%, attestandosi a un decimo di punto al di sotto del livello del 2014. Il tasso rimane più alto se calcolato sull’importo dei prestiti, pari al 4,2%, ma più lontano dai picchi negativi che in questo caso erano stati toccati alla fine del 2013. Il flusso dei default rimane tuttavia su livelli storicamente elevati, ben maggiori rispetto a quelli pre-crisi. Il tasso di ingresso in sofferenza è infatti più che doppio rispetto a quello di fine 2008, sia se si calcola sul numero di prestiti (3,7% contro 1,7%) sia se si calcola sugli importi (4,2% contro 1,5%). Secondo le stime, il miglioramento ha riguardato in modo omogeneo tutte le fasce dimensionali di impresa, anche se la frequenza delle sofferenze è più che doppia rispetto ai livelli pre-crisi.
Le cose cambiano se si restringe il punto di vista alle sole aziende industriali. Nell’industria le nuove sofferenze hanno toccato un picco negativo nel 2013, al 3,5%. Nel 2014 è iniziato un miglioramento (3,4%), che si è rafforzato nel 2015 (3,1%). Hanno beneficiato di questo miglioramento soprattutto le grandi imprese, per cui si stima un tasso dell’1,4% (dall’1,7% del 2014), inferiore rispetto a quello del 2009. Per il primo anno dall’inizio della crisi il tasso di ingresso in sofferenza si riduce nelle costruzioni, passando dal 5,9% del 2014 al 5,8% del 2015. Invece nei servizi i tassi di ingresso in sofferenza si confermano sui valori massimi del 2014, al 3,5%. Infine, l’area più rischiosa, il Mezzogiorno, è quella in cui le sofferenze sono diminuite di più, passando dal 5,6% al 5,2%.
Quanto al futuro, il tasso di ingresso in sofferenza per le società non finanziarie dovrebbe ridursi dal 3,7% di fine 2015 al 3% nel 2016, per poi calare al 2,4% nel 2017: è il valore minimo dal 2009, ma ancora di 0,7 punti più elevato dal livello pre-crisi. Il miglioramento riguarderà tutte le fasce dimensionali, con cali più accentuati per le piccole imprese, che hanno sofferto maggiormente la crisi. Nell’industria le sofferenze sono attese nel 2017 a livelli molto vicini a quelli pre-crisi: il tasso è previsto all’1,9% al termine dell’esercizio di previsione, in calo dal 3,1% del 2015 e solo un decimale in più da livello del 2008. Si prevede infine un deciso miglioramento nelle costruzioni, dal 5,8% del 2015 al 3,9% del 2017; al contrario dell’industria e nonostante questo forte calo, i livelli pre-crisi rimarranno lontani.