Nel primo semestre dell’anno gli investitori esteri sono stati responsabili di ben il 55% del valore degli investimenti dei fondi di private equity in Italia (per un totale di 1,89 miliardi di euro, da 1,4 miliardi del primo semestre 2013 e dai 2 miliardi del secondo semestre).
Il dato è stato diffuso ieri da Aifi in occasione della conferenza stampa di presentazione dei dati semestrali del settore (scarica qui il comunicato stampa) in collaborazione con PwC, che ha elaborato i dati. Allo stesso modo, ha detto il presidente di Aifi, Innocenzo Cipoletta (scarica qui la presentazione), proviene dall’estero ben il 51% del valore della raccolta indipendente dei fondi italiani nel semestre (in totale 434 milioni, dai 162 milioni del primo semestre e dai 461 milioni del secondo) contro solo il 26% registrato nell’intero 2013 e l’11% del 21012.
“Si tratta di un segnale di fiducia di medio-lungo periodo che ci viene dagli investitori”, ha sottolineato il direttore generale di Aifi, Anna Gervasoni, che ha ricordato che a differenza di una singola acquisizione, l’impegno in un fondo di private equity come sottoscrittore riguarda l’intero Paese in un orizzonte di più anni. “Evidentemente sta dando i suoi frutti l’impegno di Aifi che da un anno e mezzo organizza incontri con investitori esteri”, ha aggiunto Gervasoni.
In questo semestre i fondi di fondi sono stati la principale fonte di raccolta con il 39% del totale; seguono le assicurazioni, con il 24% del totale e i fondi pensione e le casse di previdenza con il 14%.
Tornando agli investimenti, la particolarità che ancora più salta all’occhio è che non solo sono stati gli operatori esteri a condurre le operazioni di maggiore valore, ma proprio quegli operatori esteri che in Italia non hanno un ufficio. Su 1,037 miliardi di euro investiti dagli esteri nel semestre per 19 operazioni, ben 868 milioni (12 operazioni) sono stati investiti da operatori internazionali senza base fissa in Italia. Il dato si confronta con i 661 milioni investiti dagli esteri nel primo semestre 2013 (47% del totale) e 9 operazioni, di cui soli 141 milioni condotti da operatori senza uffici in Italia, e con i 705 milioni investiti nel secondo semestre (34,8% del totale), di cui 532 milioni e 10 operazioni provenienti da esteri senza base in Italia.
Quanto ai disinvestimenti, infine, nel primo semestre del 2014 sono state dismesse 68 partecipazioni, un numero che segna un incremento del 4,6% rispetto alle 65 operazioni nello stesso periodo dell’anno precedente. L’ammontare disinvestito, calcolato al costo storico di acquisto, si è attestato a 886 milioni di euro, contro gli 1,106 milioni del primo semestre del 2013 (-19,9%).
Al 30 giugno 2014 nel portafoglio degli operatori c’erano 1.214 società, con circa 90 miliardi di fatturato e oltre 400 mila dipendenti.