Nel 2020 gli investimenti in immobili commerciali in Italia sono stati pari a 8,8 miliardi di euro: in discesa del 29% rispetto al record di oltre 12 miliardi toccato nel 2019. Lo rileva CBRE, secondo cui i dati dell’anno appena trascorso sono tuttavia in linea rispetto al 2018, penalizzato dall’incertezza politica e dall’aumento dello spread (si veda qui il comunicato stampa).
La pandemia da Covid-19 ha provocato infatti un rallentamento e conseguente slittamento della pipeline degli investimenti, soprattutto a causa delle durissime misure restrittive messe in atto durante i periodi di lockdown. Inoltre, l’emergenza sanitaria e le conseguenti misure hanno accelerato la diffusione dell’e-commerce e di fenomeni come lo smart working e il remote working: ne è derivata incertezza sull’evoluzione dei trend di mercato di determinate asset class.
Per CBRE per il primo semestre di quest’anno sarà complicato in Italia e questo avrà un impatto sui volumi totali di fine anno. Tuttavia, gli investitori mantengono un cauto ottimismo e confermano la stabilità delle proprie intenzioni di investimento, con una preferenza per le asset class logistica e residenziale, e si dicono positivi in merito alle condizioni generali del credito nei prossimi mesi.
Quanto all’Europa, l’Investment Intentions Survey 2021, pubblicata ieri da ANREV, INREV e PREA (si vedano qui il comunicato stampa), rivela che i grandi investitori istituzionali prevedono di investire almeno 55,4 miliardi di euro nel settore immobiliare globale nel 2021, in particolare in Europa, che catalizzerà da sola 26,5 miliardi di euro, contro i 17,5 miliardi di euro del Nord America e ai 9,7 miliardi di euro dell’Asia-Pacifico, mentre i restanti 1,7 miliardi di euro saranno destinati ad America e Africa. Questi risultati tuttavia potrebbero essere parzialmente alterati dal fatto che gli intervistati europei rappresentano un’ampia quota del campione. L’80% degli investitori in Europa intervistati afferma che non cambierà i suoi piani di investimento futuri a causa del coronavirus, mentre gli investitori nordamericani intendono aumentare le allocazioni in Europa. Nel 2021 gli investitori europei dovrebbero investire il 62% del nuovo capitale nel loro continente. Per quanto riguarda i paesi preferiti degli investitori, sono in testa Germania e Francia, che hanno battuto anche la Gran Bretagna, che è uscita sia dalla top-3 che dalla top-10 a causa delle incertezze legate al coronavirus e alla Brexit.
Tornando ai dati italiana del 2020 pubblicati da CBRE, in linea generale, l’interesse si è concentrato su prodotti core in location prime mentre sono pochissime le operazioni value-add. La quota di investitori stranieri si è ridotta al 58% rispetto a una media del 69% negli ultimi 5 anni; questo dato non segnala un minore interesse per il mercato italiano, ma un atteggiamento probabilmente più prudenziale e cautelativo dovuto alla situazione di incertezza causata dalla pandemia. Sono rimaste per lo più invariate, invece, le abitudini di investimento degli investitori italiani, che hanno manifestato maggiore fiducia nel mercato locale a dispetto delle incertezze del periodo, superando leggermente il volume investito nel 2019 e portando a compimento importanti operazioni, come l’acquisto del Palazzo delle Poste, lo storico trophy asset in Piazza Cordusio a Milano, da parte di un club deal di investitori coordinato da Mediobanca (si veda altro articolo di BeBeez).
L’asset class uffici, nonostante un ultimo trimestre un po’ rallentato, mantiene la sua posizione predominante con 3,7 miliardi di investimenti, in calo del 26% rispetto all’anno precedente. Ancora una volta protagonista assoluta è Milano, con 2,3 miliardi, mentre la Capitale ha fatto registrare 820 milioni. Stabile, per questo segmento, il rapporto tra investitori stranieri e domestici. Quasi tutte le operazioni sono state di tipo core, cosa che ha portato a una compressione dei prime yield nel CBD di Milano, mentre nelle location secondarie i valori si mantengono stabili. Pochissime le eccezioni value add, rallentate dall’aumento del costo della leva finanziaria e da una riduzione del Loan-To-Value. Un fattore chiave da tenere in considerazione nell’analisi dell’anno appena trascorso e nelle previsioni per il futuro è certamente la domanda da parte degli occupier: il rallentamento e la conseguente riduzione delle operazioni di affitto hanno infatti avuto un impatto sugli investimenti di questi ultimi mesi. Nel 2020, Milano ha registrato infatti 277 mila mq di take-up, in calo del 41% sul 2019, mentre Roma ha registrato 123 mila mq, in calo del 56% rispetto all’anno precedente. La ripresa della domanda nei prossimi mesi sarà da monitorare con attenzione poiché in una prima fase dell’anno potremmo assistere a una carenza di prodotto core.
Il settore retail ha fatto registrare investimenti per 1,4 miliardi, in calo del 29% rispetto al 2019; fortissima, in questo caso, la componente domestica. Durante l’anno non si sono registrate transazioni significative legate ai centri commerciali (con un totale di 299 milioni di investimenti). A guidare i volumi sono state le operazioni legate alla Grande Distribuzione Organizzata e quelle super core High Street (con un totale di 345 milioni), per lo più tramite immobili mixed-use. Difficili le previsioni per il 2021: sarà necessario attendere l’allentamento delle misure legate ai luoghi dello shopping e che il Net Operating Income ritrovi un suo equilibrio prima di vedere operazioni di rilievo, che potrebbero anche riguardare attività di portafoglio da parte di investitori istituzionali. Continueranno invece, probabilmente, le operazioni su supermercati e immobili mixed-use. Buona, però, la pipeline di sviluppi, che dopo un iniziale rallentamento non ha subito particolari conseguenze come conseguenza dell’emergenza sanitaria, ma si concentra principalmente su prodotti localizzati in mercati primari, in particolare centri commerciali nella città metropolitana di Milano.
Il settore hotel ha raccolto poco più di 1 miliardo di investimenti, in linea con la media degli ultimi 10 anni e in calo del 68% rispetto al 2019, anno in cui, però, l’asset class aveva registrato un record storico per volumi di investimento, per varietà di operazioni, per dimensione di portafogli transati e per la comparsa di nuovi operatori. Nonostante la forte penalizzazione dovuta alle stringenti misure restrittive e al calo del turismo e della performance degli alberghi nell’ordine dell’80-90%, l’interesse nei confronti del settore rimane alto, sia per strutture di qualità (trophy asset) sia per operazioni fortemente value add e opportunistiche. Sarà indispensabile dunque, per la ripartenza degli investimenti in questa asset class, oltre a un ritorno alla normalità, anche trovare un punto di incontro tra le esigenze delle proprietà e i prezzi offerti dai potenziali acquirenti, che risentono del rischio del settore, della lenta ripresa rispetto ad altre asset class più resilienti e della limitata disponibilità di finanziamenti al settore da parte del sistema bancario, specialmente nazionale.
Cresce l’interesse nei confronti del settore residenziale¸ che raggiunge quota 580 milioni di investimenti. La carenza di prodotto, in Italia, porta gli investitori a concentrarsi sugli sviluppi, soprattutto nei grandi ambiti di trasformazione urbana. Il 2020 ha visto la prima grande transazione di portafoglio del comparto multifamily, segno che il residenziale italiano è un mercato con un potenziale molto elevato e che sta iniziando ad attirare importanti capitali esteri.
Ottima la performance del settore logistico, che con 1,4 miliardi di investimenti e un 100% di investitori stranieri si conferma l’asset class più resiliente del 2020 e supera il volume registrato nel 2019. L’anno appena trascorso ha definitivamente consolidato alcuni trend, in primis la transazione di progetti super core con yield che rispecchiano ormai la media europea. Questi progetti suscitano l’interesse di investitori che non guardano alla location in senso stretto, ma si focalizzano su macro-aree e assi di collegamento più ampi. Inoltre, in direzione totalmente opposta all’asset class uffici, nel caso della logistica la sostenuta domanda di nuovi e moderni spazi da parte degli occupier permette la crescita dei volumi di investimento attraverso progetti di sviluppo. Il take-up registrato, pari a 2 milioni e 220 mila mq, che ha portato a buoni risultati per il 2020, lascia prevedere un ulteriore rafforzamento per l’anno appena iniziato: la richiesta di spazi elevata spinge gli investitori a considerare nuovi prodotti e il 2021 vedrà la realizzazione di numerosi progetti di sviluppo, anche di carattere speculativo. Questo trend, già sperimentato negli altri Paesi, sta portando anche all’ingresso nel mercato di investitori che, pur osservando questo segmento da tempo, non si erano mai approcciati alla logistica.
Il settore logistico italiano ha anche attirato anche l’attenzione degli investitori internazionali: secondo l’Investment Intentions Survey 2021 di ANREV, INREV e PREA, il nostro paese rientra nella top-10 degli investimenti preferiti insieme agli immobili industriali, trainati dall’evoluzione dell’e-commerce nel nostro paese.
A livello globale, il settore degli uffici assorbe i maggiori investimenti (34%), seguito da residenziale (23%), retail (20%) e industriale/logistica (12%). Nel 2021 uffici, industriale/logistica e residenziale saranno i segmenti prediletti dagli investitori. Tra le modalità di accesso preferite al real estate, INREV ha rilevato un incremento di fondi non quotati, REITs, joint venture e club deal e si aspetta che continuerà la predilezione per gli strumenti non quotati per investire nel settore immobiliare.
“Ciò è molto in linea con la tendenza emergente di uno stile di investimento più operativo e di strategie di risk-off, in quanto gli investitori cercano di assumere un maggiore controllo”, ha commentato Iryna Pylypchuk, direttore della ricerca e delle informazioni di mercato di INREV.