Continua anche nei primi nove mesi dell’anno la tendenza al ribasso nell’M&A, sia globalmente sia a livello europeo. Lo si evince dalla lettura dell’ultimo Global M&A Report pubblicato da PitchBook (si veda qui il link allo studio), secondo il quale a livello globale si è verificata una contrazione dell’attività di fusioni e acquisizioni pari al 19,9%, nel terzo trimestre 2023, toccando i 776,8 miliardi di dollari di valore per i deal conclusi. SI tratta del valore più basso degli ultimi dieci anni, a livello di singoli trimestri, con un calo del 49% rispetto al quarto trimestre 2021, quando erano stati raggiunti risultati record per questo tipo di operazioni. La tendenza è confermata anche anno su anno, con una diminuzione del valore pari al 22,5%. Nei primi 9 mesi dell’anno, quindi, il valore complessivo delle operazioni di m&a mappate da PitchBook si è limitato a 2,75 trilioni di dollari dai 4,53 trilioni dell’intero 2022.
Stesso trend anche in Europa, dove è continuata la traiettoria discendente iniziata nel terzo trimestre del 2022, con solo 967,1 miliardi di euro di transazioni nei 9 mesi 2023 dagli 1,56 trilioni di dollari di tutto il 2022 e in particolare con un calo del 18,3% del valore delle transazioni trimestre su trimestre, che sale a -23,5% anno su anno. Il calo della propensione a realizzare questo tipo di operazioni è corrisposto esattamente al momento in cui le banche centrali in Europa hanno iniziato il loro ultimo ciclo di aumenti dei tassi di interesse, passando da tassi prossimi allo zero al 4% per l’Eurozona e al 5,25% per il Regno Unito.
“Per questo motivo, stimiamo che la ripresa sarà più lunga in Europa, mantenendo così una pressione al ribasso sulle valutazioni, dato che i fattori di sconto rimangono elevati”, dice Nicolas Moura, CFA analyst, EMEA Private Capital di PitchBook, spiegando come sia stata proprio questa relativa mancanza di attrattiva dell’Europa ad aver causato un calo delle attività di m&a che coinvolgono acquirenti nordamericani, passata dal 10,5% del totale delle operazioni m&a europee nel 2021 all’8,6% nel 2023 (fino ad ora).
Detto questo, gli acquirenti nordamericani sono stati comunque coinvolti in cinque delle 10 maggiori transazioni dell’anno e nelle tre più importanti. La fusione di Viterra con l’azienda statunitense di statunitense Bunge per 18,0 miliardi di dollari; la vendita parziale di Worldpay a di 12,7 miliardi di dollari alla società di private equity statunitense GTCR (si veda altro articolo di BeBeez); l’acquisizione di Viessmann Climate Solutions da parte della multinazionale statunitense Carrier Global per 13,3 miliardi di dollari.
Il tutto è avvenuto tutto sulla base di valutazioni che sono rimaste sostanzialmente in linea con quelle del 2022, anno in cui si era registrato però un crollo importante rispetto al 2021. Nel dettaglio, i multipli mediani EV/ebitda delle società che sono state oggetto di operazioni di m&a in Nord America ed Europa sono rimasti a 8,7 volte (identici al 2022, ma ben al di sotto delle 10,6 volte del 2021) e quelli EV/ricavi si sono portati a 1,6 volte (dalle 1,5 volte del 2022, ma sotto le 2 volte del 2021).
In questo contesto, la quota delle operazioni portate a termine dai private equity è stata limitata dalla riduzione dell’accesso alla leva finanziaria, con il costo del denaro che è cresciuto in maniera importante, rendendo più costose le grandi operazioni di m&a, spesso inducendo gli sponsor finanziari a rivolgersi al private credit, settore che ha registrato un boom nel 2023 e che si prevede raddoppierà entro cinque anni. Il rapporto debito/EV delle acquisizioni con leva finanziaria negli Stati Uniti, finanziate quest’anno nel mercato dei prestiti sindacati, è crollato dal 50,8% del 2022 al 43,9% nell’ultimo anno, il valore più basso registrato a partire dal 2005. Questo non ha però impedito di registrare la più grande operazione di credito privato di sempre: un pacchetto di prestiti da 5,4 miliardi di dollari concesso da Vista Equity Partners alla società fintech Finastra.
Focalizzandosi sui deal condotti dai fondi di private equity in Europa, nel terzo trimestre del 2023 il valore delle operazioni di private equity diminuito del 4,7% su base trimestrale e del 2,8% su base annua, raggiungendo comunque un livello superiore rispetto a quelli precedenti il 2020 (si veda qui il link allo studio).
Dopo il picco dei mercati finanziari verso la fine del 2021, in Europa c’è stato un ridimensionamento delle operazioni di private equity poichè gli sponsor si sono allontanati dai megadeal a favore di operazioni più piccole di tipo, add-on in particolare. Nei primi tre trimestri dell’anno, infatti, ci sono stati solamente 28 megadeal di valore superiore al miliardo di euro nei primi tre trimestri dell’anno, valore più basso dell’ultimo decennio.
D’altro canto, il 56,8% del valore delle operazioni nell’ultimo anno proviene da operazioni tra i 100 e i 500 milioni di euro, percentuale più alta di sempre. Anche la dimensione media delle operazioni è aumentata su base sequenziale, passando da 124,1 milioni nel 1° trimestre a 289,6 milioni nel terzo trimestre. Come accennato, in più della metà dei casi si è trattato di operazioni di add-on fra cui, ad esempio, la vendita, nel terzo trimestre, dell’hotel Mandarin Oriental di Barcellona a The Olayan Group per una cifra stimata di 240 milioni. L’acquirente è stata una società di investimento dell’Arabia Saudita con un portafoglio immobiliare che comprende anche il Mandarin Oriental Ritz di Madrid.
Così anche le valutazioni delle aziende oggetto di buyout si sono ridotte, passando a 10,5 volte l’ebitda dalle 11,7 volte del 2022 e dalle 11,5 volte del 2021.
Nel terzo trimestre di quest’anno, il valore delle exit europee è aumentato per il secondo trimestre consecutivo, con un +18,4% rispetto al trimestre precedente, grazie a otto mega-exit di oltre 1 miliardo, che hanno reso il 2023, con i dati disponibili per i soli primi nove mesi, il secondo nella storia (per mega-exit) dopo il 2021. Nel periodo luglio-settembre il report sottolinea come “anomalia” l’ipo di Arm, società britannica produttrice di chip che si è quotata al Nasdaq diventanto la più grande exit in un decennio in Europa, con un valore di 43,9 miliardi.
Le ipo rappresentano ora un quinto del valore totale delle exit, pari a 48,7 miliardi, in quello che si avvia a diventare il terzo anno più forte del decennio. Tuttavia, gli autori della ricerca PitchBook sono cauti nel parlare di rimbalzo perchè i dati sono stati fortemente influenzati da alcune grandi operazioni, come detto, e perchè hanno anche notato un po’ di rallentamento nel flusso di quotazioni. E’ il caso di alcune società sostenute da private equity europei come Planisware e DKV Mobility, che hanno ritardato i piani di quotazione fino al 2024, date le attuali condizioni di mercato.
Osservando le 20 exit più importanti del terzo trimestre, si nota come quasi la metà siano buyout secondari, cioè, secondo gli analisti della società di ricerche, “quando un investitore di PE riceve una partecipazione di controllo in una società target che è già stata sostenuta da un investitore privato”. Il che può avvenire per una pluralità di motivi. Ad esempio, a luglio, PAI Partners aveva acquistato da Intermediate Capital Group una quota di controllo di Infra Group per 1 miliardo, analogamente il fornitore di dati finanziari Macrobond era stato venduto da Nordic Capital a Francisco Partners per 700 milion. Nordic, in tal modo, ha cristallizzato un ritorno di 6 volte dal suo investimento iniziale nell’azienda svedese, nel 2018.
Fra le 20 principali exit europee del terzo trimestre, per valore, c’è anche LimaCorporate, che è stata ceduta per 800 milioni di euro dal fondo svedese EQT alla statunitense Enovis Corporation (si veda altro articolo di BeBeez).
La raccolta di fondi in Europa, comunque, continua a essere guidata da operatori di buyout che raccolgono megafondi, come CVC Capital Partners che, nel periodo, ha chiuso il suo Fondo IX, raccogliendo 26,0 miliardi dagli investitori e diventando il più grande fondo di buyout al mondo.
E per quanto riguarda l’Italia? Ricordiamo che sono state 336 le operazioni di private equity annunciate da inizio anno e sino a fine agosto, oltre il 60% rispetto al numero delle operazioni annunciate o concluse nell’intero 2022, si legge nell’ultimo Report di BeBeez su 8 mesi di Private Equity 2023 (disponibile agli abbonati di BeBeez News Premium e BeBeez Private Data). Ciò, in proporzione, potrebbe portare il 2023 a chiudere attorno al dato dell’anno scorso, quando l’attività di private equity in Italia si era mantenuta piuttosto calda, con 552 operazioni complessive (si veda qui il Report di BeBeez Private Equity 2022), cioè il 9% in più rispetto alle 497 mappate a fine 2021 (si veda qui il Report di BeBeez Private Equity 2021). Lo calcola BeBeez Private Data, il database del private capital di BeBeez, tenendo conto sia dell’attività di investimento sia di quella di disinvestimento e considerando non solo le operazioni annunciate dai fondi, ma anche quelli organizzati da club deal di investitori privati e da holding di investimento.
Concentrandosi infine soltanto sulle operazioni condotte da operatori di venture capital in Europa, il valore dei deal si è fermato a soli 43,6 miliardi nei primi nove mesi dell’anno, in calo del 49,1% rispetto al medesimo periodo del 2022 (si veda qui il report di PitchBook). Tuttavia, se si esclude il picco di attività registrato nel 2021 e 2022, caratterizzato da valutazioni esuberanti, il quadro non è del tutto negativo. Su base trimestrale, infatti, il valore delle transazioni in Europa è cresciuto a partire dal 1° trimestre di quest’anno, del 5,9% dal secondo al terzo trimestre, il che potrebbe suggerire che l’attività abbia superato i livelli minimi.
La componente che ha registrato i maggiori cali è stata quella relativa alla crescita delle imprese, con un valore delle operazioni in calo del 61,9% rispetto allo stesso periodo del 2022. Qualche nota positiva arriva dal venture capital early-stage, le cui operazioni sono invece aumentate in modo sequenziale dal primo trimestre.
In termini di operazioni, l’accordo più importante del terzo trimestre è stato concluso in Francia, dove l’azienda produttrice di batterie a basso contenuto di carbonio Verkor ha ricevuto un investimento di 2,1 miliardi da vari investitori, compresi 600 milioni di debito, a dimostrazione del fatto che, in questo momenteo, è il cosidetto cleantech (tecnologie pulite) ad attirare i capitali maggiori. Nel dettaglio, il valore delle transazioni di questo segmento del mercato nel terzo trimestre del 2023, è stato pari al 57,2% rispetto al livello dell’intero anno 2022, si è attestato al 57,2%, mentre la percentuale relativa al mercato europeo del capitale di rischio nel suo complesso è stata pari al 40,0%.
Per quanto riguarda i settori, invece, i media hanno registrato i cali maggiori (-92,9%), mentre i servizi commerciali sono stati i più resilienti limitando la perdita di valore anno su anno al 16,7%. A livello regionale, invece, Francia e Paesi Bassi sono stati i più resilienti, con un valore delle transazioni diminuito del 37,7% rispetto ai primi nove mesi del 2022.
Da notare anche che la percentuale di investitori statunitensi in Europa è diminuita, e il capitale da loro investito è calato di più del mercato in generale. Così come hanno registrato un segno meno molto marcato la partecipazioni di investitori non tradizionali, che secondo la categorizzazzione effettuata da PitchBook includono, tra gli altri, i fondi sovrani e gli hedge fund. Il valore si è attestato a 32,3 miliardi, il 49,5% in meno rispetto al totale del terzo trimestre 2022, quindi in linea con il calo registrato dal mercato nel suo complesso.
E per quanto riguarda le exit? Nei primi tre trimestri dell’anno il valore ha raggiunto i 9,1 miliardi, il 72,8% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il che potrebbe fare del 2023 l’anno più depresso dal 2013 in termini di valore di exit.
Infine, la ricerca di PitchBook dà un occhio anche alla raccolta fondi dei venture capital, che nel terzo trimestre su è attestata a un livello pari alla metà di quello raggiunto nel 2022: 13,9 miliardi su 91 veicoli, rispetto a 27,6 miliardi per l’intero anno 2022, con un aumento dal primo semestre di quest’anno, con una raccolta di capitali di 8,9 miliardi.
Sul fronte italiano, BeBeez ha mappato round per circa 900 milioni di euro nei 9 mesi dell’anno (dati preliminari). Ricordiamo nei primi 6 mesi dell’anno erano stati mappati solo più di 541 milioni di euro di round (si veda qui il Report di BeBeez sui 6 mesi 2023 di Venture capital (disponibile agli abbonati di BeBeez News Premium e BeBeez Private Data). Una cifra che si colloca poco al di sopra di un quinto di quanto raccolto nell’intero 2022, quando gli investimenti in round di venture capital italiani si erano attestati a 2,57 miliardi di euro complessivi, spalmati su 339 deal (si veda qui il Report Venture Capital 2022 di BeBeez).