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Negli ultimi tre anni, dal 2020 al 2022, i soci AIFI hanno investito complessivamente oltre 35 miliardi nel mercato italiano del private capital, di cui 20 miliardi sono relativi all’attività di soggetti internazionali. Lo ha comunicato AIFI ieri a valle della riunione del suo Consiglio Direttivo (si veda qui il comunicato stampa).
Dalla mappatura realizzata da AIFI, a inizio 2024 sono 175 i soci, operatori di private capital (+36% rispetto al 2010, +70% rispetto al 2016) di cui 56 internazionali (32%; nel 2010 erano 23, pari al 19%) e 119 domestici. L’analisi per dimensioni mette in evidenza come la maggior parte degli operatori domestici presenti dimensioni ridotte, con meno di cento milioni di euro in gestione e si focalizzi sul segmento del mid market.
A questo proposito il presidente di AIFI, Innocenzo Cipolletta, ha commentato: “Considerato il peso crescente degli operatori internazionali, assume sempre maggior rilevanza disporre di normative capaci di consentire piena operatività agli operatori internazionali che svolgono un ruolo di rilievo nel nostro paese. In questo senso, il riconoscimento ottenuto in termini di chiarezza sul concetto di stabile organizzazione, richiesto anche da AIFI, contribuirà a dare maggiore certezza sull’attività di investimento. Stiamo attendendo la pubblicazione del decreto attuativo sul tema, uscito già in consultazione (si vedano qui lo schema di decreto attuativo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, sul quale si è chiusa la consultazione lo scorso 27 ottobre 2023; qui il Dossier della Camera pubblicato lo scorso 20 novembre e qui la bozza di provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, sul quale si è chiusa la consultazione lo scorso 3 novembre).
Ricordiamo che il comma 255 dell’art. 1 della Legge di Bilancio per il 2023 (Legge 29 dicembre 2022, n. 197), ha modificato l’art. 162 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), introducendo una speciale presunzione legale, la cosiddetta investment management exemption.
Tale presunzione prevede che, a determinate condizioni, non si configuri una stabile organizzazione personale in Italia di un veicolo di investimento estero. E questo anche nel caso in cui il veicolo d iinvestimento in questione si avvalga, in Italia, di asset manager italiani o esteri, che prestano servizi di supporto all’attività di investimento, come per esempio la conclusione di contratti. Ciò significa che in questi casi gli asset manager sono considerati “agenti indipendenti” del veicolo di investimento estero e quindi non configurano una stabile organizzazione personale.
Detto questo, perché la norma possa essere applicata, era necessario un decreto attuativo, la cui bozza decreto è stata come detto posta in pubblica consultazione lo scorso autunno, terminata il 27 ottobre. Quasi contestualmente anche l’Agenzia delle Entrate si è occupata del tema, disponendo delle linee guida per dare attuazione alle modifiche in materia di Investment management exemption. Anche in questo caso la bozza è stata proposta per consultazione, terminata poi il 3 novembre.
Come riassunto a suo tempo in un post dell’Osservatorio Fiscalità Internazionale di Morri Rossetti, la presunzione opera in presenza del congiunto soddisfacimento delle seguenti condizioni, elencate nel comma 7-quater, ovvero:
- Il veicolo di investimento non residente e le sue controllate devono essere residenti in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni;
- Il veicolo di investimento deve rispettare taluni requisiti di indipendenza la cui individuazione è rimessa ad un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze di prossima emanazione;
- L’asset manager non deve ricoprire cariche direttive e/o di controllo nel veicolo estero o in sue controllate e non deve essere titolare di partecipazioni ai risultati del veicolo o delle sue controllate in misura superiore al 25%;
- La remunerazione riconosciuta all’asset manager per le attività svolte in Italia deve essere supportata dalla documentazione idonea prevista in materia di transfer pricing.
Per ciò che concerne i requisiti di indipendenza dell’investitore, in particolare, lo schema di decreto stabilisce che si considerano indipendenti:
- gli OICR istituiti, in conformità alla direttiva 2009(65/CE (UCITS) e alla direttiva 2011/61/UE (GEFIA), in un Paese dell’Unione Europea o dello Spazio economico europeo che consente un adeguato scambio di informazioni;
- gli OICR istituiti in uno Stato o territorio compreso nell’elenco di cui all’art. 11, comma 4, lett. c) del D. Lgs. n. 239 del 1996 (Paesi white list); nonché
- le entità white list, diverse dagli OICR, soggette a vigilanza prudenziale e gestite a monte a favore di una pluralità di soggetti in cui nessun soggetto detenga una interessenza maggiore del 20%.
Al riguardo, la relazione illustrativa allo schema di decreto evidenzia quindi che OICVM e FIA possono essere considerati veicoli di investimento indipendenti ai fini in esame. Sono invece esclusi i veicoli nei quali non è riscontrabile l’indipendenza del gestore degli investimenti rispetto agli investitori, quali ad esempio i family office e i club deal.