La due diligence sui manager delle partecipate può portare ai fondi di private equity venditori incassi più ricchi anche del 15-17%. Lo scrive oggi MF Private Equity, l’inserto mensile di MF Milano Finanza dedicato al settore.
La letteratura Usa degli ultimi anni, basata sulle esperienze di cacciatori di teste del calibro di Korn&Ferry, Spencer Stewart, Egon Zender, Heindrick&Strugge e Russell Reynolds, calcola infatti che, se nel pacchetto di vendor due diligence viene fornita anche un’adeguata valutazione del management dell’azienda in vendita, gli investitori sono disposti a pagare in media da 0,5 a 1 volta l’ebitda in più, il che, su un enterprise value medio di 6-7 volte l’ebitda, significa dal 7 al 17% in più.
D’altra parte uno studio di Kpmg di qualche anno fa dimostrava a sua volta che le aziende che prima di un’operazione di m&a conducono un’adeguata selezione del management team della società acquisita, hanno il 26% di probabilità in più di concludere un deal di successo.
«In Italia su questo fronte siamo ancora davvero agli albori. Ed è paradossale pensare che un fondo, nel momento in cui valuta un’acquisizione, vada a calcolare i flussi di cassa potenziali dell’azienda target al millesimo e poi, quando si tratta di valutarne il management team, si limiti a una sensazione di pelle, di simpatia assolutamente soggettiva», dice a MF Private Equity Domenico Di Luccia, executive director di Ruyssell Reynolds, che si è da poco unito al team italiano della società Usa di executive search, guidata nel nostro Paese dal country manager da Alberto Amaglio.
In effetti, nei Paesi anglosassoni la cosiddetta management due diligence è ormai una pratica assolutamente normale. E la capacità dei vertici aziendali di guidare le imprese nella realizzazione dei loro piani industriali sono tanto più cruciali in uno scenario come quello attuale, di difficile crescita economica. Peraltro, se si pensa che una management due diligence costa circa 10 mila euro a persona, il costo opportunità risulta molto basso. Se la valutazione viene fatta per esempio su cinque manager di prima linea e su altri cinque di seconda linea, per un totale di dieci manager, per una pmi che produce un ebitda di 5 milioni all’anno stiamo parlando di un costo aggiuntivo di due diligence di 100 mila euro, a fronte del quale il venditore potrebbe spuntare una maggiore valutazione della società partecipata messa in vendita di 500 mila euro, per un netto ricavo di 400 mila euro.
Non solo. Sempre la letteratura anglosassone dimostra che, anche se la management due diligence viene condotta su una partecipata in occasione della redazione di un nuovo piano industriale, c’è un impatto positivo in termini di maggior valore per la società, che è calcolabile in una media di un incremento dell’ebitda del 3% nell’anno successivo alla redazione del piano. E questo perché nei manager scatta una reazione psicologica di corsa alla realizzazione degli obiettivi, simile a quella che avviene al momento del cambio di proprietà della società. Certo, la valutazione del management da parte dei cacciatori di teste, per avere questo tipo di impatto nel corso di una trattativa di compravendita, deve essere condotta in maniera parecchio sofisticata.
Per esempio, spiega Di Luccia, “la due diligence di Russell Reynolds si articola su quattro direttrici di analisi: interviste con nostri esperti di settore, per valutare lo spessore professionale dell’executive; referenze, per avere un riscontro da colleghi, collaboratori, responsabili dell’executive; confronti con i migliori soggetti del settore, nazionali e internazionali; e infine test psicometrici, che presentano una radiografia puntuale del modello comportamentale del manager in una molteplicità di dimensioni. Si va dalla capacità decisionale sotto pressione alla velocità di reazione a cambiamenti del contesto di riferimento, dal livello di ambizione costruttiva e distruttiva al rispetto per colleghi, collaboratori e superiori, dalla capacità comunicativa alla capacità di delegare e di costruire dei validi back-up organizzativi, sino alla fedeltà all’azienda e all’integrità etica. Tutti test che vengono valutati da un team di psicologi che fanno parte del team di Russell Reynolds e non advisor esterni”.