La storia economica e sociale del Brasile, passato negli ultimi decenni da nazione sottosviluppata a uno dei Brics riletta attraverso il cammino della nazionale verdeoro, la celeberrima Seleção, nei mondiali di calcio. Si può riassumere così il libro Maledetta Seleção. Storia politica, economica e culturale dal Brasile dal 1950 al 2014. Un’opera che nasce da un’idea di Diego Corrado e di Luciano Mondellini e che si può trovare in questi giorni in edicola inserito nello speciale di MF-Milano Finanza, MF International Brasile-Italia. Una lettura consigliata anche a tutti gl imprenditori che con il Brasile lavorano o intendono lavorare.
Corrado è un avvocato esperto di diritto internazionale, che vive tra Milano e San Paolo, professore di diritto commerciale alla SDA Bocconi, nonché autore del libro Brasile senza maschere edito da Università Bocconi Editore nel 2013. Mondellini è un giornalista di Milano Finanza specializzato nel settore sport&business e nel comparto auto
Entrambi appassionati di America Latina e di calcio sudamericano, hanno deciso in questo libro di narrare il Brasile e la sua storia a chi non lo conosce alla vigilia dei Mondiali di calcio 2014. Si tratta quindi di un viaggio negli aspetti storici, sociali ed economici più rilevanti del Brasile, oltre che nei miti fondativi di una cultura nella quale il futebol ha una rilevanza notevole, molto più che in qualsiasi altra nazione del pianeta.
Nella prima parte sono così raccontati l’arrivo del calcio in Brasile, le delusioni degli anni ’30 sino al cosiddetto Maracanaço del 1950, il nome con cui si identifica la sconfitta subita al Maracanà di Rio de Janeiro dalla nazionale brasiliana – la celebre Seleção – ad opera dell’Uruguay. Un tragedia sportiva che ancora oggi rappresenta il più grande trauma sportivo- sociale che il Brasile abbia vissuto negli ultimi decenni. Basti pensare che Moacyr Barbosa, il portiere di quella nazionale, da allora divenne sinonimo di sconfitta in tutto il paese. “La pena massima prevista dall’ordinamento brasiliano è di 30 anni io dopo 50 anni sono ancora condannato” spiegò Barbosa all’inizio di questo secolo in un amarissimo sfogo. Nel frattempo il Brasile fa passi da gigante in senso sociale. Il grande giornalista Mario Filho – cui è intitolato ufficialmente il Maracanã – sdogana l’utilizzo di calciatori di colore nella nazionale come prodromo di una piena integrazione nella società, mentre incomincia a stagliarsi la figura del presidente Juscelino Kubitschek de Oliveira, il fondatore di Brasilia.
Utilizzando il fil rouge dei Mondiali il libro racconta l’esplosione di campioni inarrivabili come Pelé e Garrincha che riscriveranno la storia del calcio. Non solo ma con la creazione di Brasilia, la capitale viene trasferita alla nuova città voluta da Kubitschek e questa decisione fa da anticamera al miracolo economico brasiliano, che avrà il suo apice negli anni sessanta e terminerà all’inizia del decennio successivo, dopo il terzo trionfo mondiale a Messico ’70, quando il famoso attacco Jairzinho-Gerson-Tostao-Pelè-Rivelino sconfisse in finale l’Italia 4 a 1, una partita ricordata a casa nostra per i sei minuti di Rivera.
Negli anni settanta il miracolo economico brasiliano si spegne e la dittatura diventa più cruenta, mentre nel Mondiale 1974 la Seleção, ormai orfana di Pelé, viene schiantata dai Brilliant orange di Johann Cruyff.
Il Mondiale 1978 merita invece un capitolo tutto suo per chi ama il Sudamerica. Il Mondiale si svolge nell’Argentina della dittatura di Videla e della tragedia dei desaparecidos. Chi come i due autori ha viaggiato molte volte tra Brasile e Argentina ed è riuscito a incontrare la madri e le nonne di quei desaparecidos non poteva che dedicar loro un capitolo speciale. Le testimonianze dirette dei parenti di alcuni desaparecidos vengono raccolte in questo libro anche per loro desiderio. I Mondiali della vergogna, come li ha definiti lo scrittore argentino Pablo Llonto in suo libro verità, hanno anche un lato calcistico altrettanto sporco e il Brasile fu la nazionale che pagò più di tutti favori di qualsiasi tipo concessi alla nazionale di casa. Una nazionale che “doveva” vincere quel Mondiale a tutti costi, vista la necessità del regime di aumentare il sostegno alla dittatura
La delusione del 1982, quando una delle Seleção più forti di sempre viene battuta 3 a 2 dall’Italia di Pablito Rossi, rappresenta il segnale delle delusioni sportive che seguiranno nel 1986 e nel 1990. Nel mondiale italiano il Brasile viene beffato da Maradona, il quale, resosi conto che i brasiliani chiedevano di dissetarsi anche allo staff della nazionale argentina, consigliò ai suoi di dividere in due gruppi le borracce e di dare ai brasiliani quelle che erano state appositamente riempite con gocce di purgante. Il risultato fu che nel secondo tempo la spinta brasiliana si affievolì e l’Argentina ottenne il passaggio al turno successivo. In termini politici, tuttavia, quel periodo coincise con il ritorno alla democrazia con le tensioni sociali ed economiche che ne seguirono. Il Brasile infatti era lontano da essere uno dei paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e SudAfrica) di cui tanto si parla oggi come potenze dell’economia del prossimo futuro.
Proprio quando la notte sembra più nera (l’iperinflazione continua a impazzare, a maggio muore nello schianto di Imola Ayrton Senna, ai cui funerali pochi giorni dopo per le strade di San Paolo parteciperanno 3 milioni di brasiliani in lacrime), la vittoria del luglio 1994 segna una svolta nella storia del Brasile recente. Pochi mesi dopo sale alla presidenza Fernando Henrique Cardoso, il predecessore di Lula, che inizia il ciclo di riforme che porteranno il Brasile allo status di potenza economica.
Calcisticamente però il successo del 1994 non entusiasma i tifosi brasiliani – la celebre torcida –, mentre nel 1998 la decisione di schierare l’infortunato Ronaldo in finale farà scattare addirittura una commissione parlamentare d’inchiesta. L’obiettivo è quello di verificare se ci fossero state pressioni da parte dello sponsor tecnico Nike, che a detta dei parlamentari promotori avrebbero configurato – se verificate – una vera e propria ingerenza nella sovranità del paese.
Il nuovo secolo si apre infine con il quinto trionfo mondiale nel 2002 in virtù di una squadra stellare che comprendeva Ronaldo, Rivaldo, Ronaldinho e Roberto Carlos, mentre nel 2006 e nel 2012 arriveranno solamente delusioni. Questo periodo però coincide con il rilancio economico del Brasile che diventa gradatamente una potenza mondiale sino ad arrivare ai nodi sociali di oggi. Problemi di crescita, legati alla aumento del benessere e all’emergere di una borghesia interna che chiede servizi e un livello di educazione e scolarizzazione da mondo sviluppato. In questo quadro inizia una nuova era in Brasile, quella dell’organizzazione dei Mondiali 2014 e delle Olimpiadi 2016, con i problemi che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Perché il Brasile non è più ormai una semplice promessa, ma una nazione nei confronti della quale tutti, in patria e all’estero, hanno alzato le aspettative e che dunque nei prossimi mesi si gioca tanto della sua credibilità internazionale.