I disinvestimenti condotti nel 2019 dai fondi di private equity e venture capital in Italia hanno reso un Irr del 21,3% all’anno nel periodo in cui i fondi hanno mantenuto i loro investimenti in portafoglio, indipendentemente da quando è stato effettuato l’investimento iniziale. Lo rilevano Kpmg e AIFI, l’Associazione Italia del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, indicando un balzo importante rispetto al dato a fine 2018 che era stato del 16,9%, così come aveva ricordato il direttore generale di AIFI, Anna Gervasoni, lo scorso luglio in occasione del convegno organizzato da BeBeez su investimenti alternativi e mondo private (si veda altro articolo di BeBeez).
I nuovi dati sono stati diffusi lo scorso 5 giugno in una conferenza web intitolata “Capitali previdenti: l’alternativa del private capital” (si veda qui la presentazione completa). “I rendimenti sono stabili nel tempo e a doppia cifra. E le 1.500 imprese in portafoglio ai fondi di private equity e venture capital stanno reagendo abbastanza bene alla crisi”, ha sottolineato Anna Gervasoni.
Innocenzo Cipolletta, presidente di AIFI, ha aggiunto: “Il private capital ha rendimenti particolarmente interessanti in un contesto di tassi attorno o pari a zero. L’asset class non è liquida, richiede per questo un orizzonte temporale di lungo periodo e non può riempire l’intero portafoglio degli investitori. Tuttavia, fondi pensione, casse di previdenza, assicurazioni e individui con ingenti patrimoni investono ancora poco in private capital”. Nel dettaglio, fondi pensione e casse di previdenza hanno investito 353 milioni e le assicurazioni solo 101 milioni.
Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensione e del comitato welfare di Confindustria, ha spiegato: “I fondi pensione investono ancora poco in private market, anche perché questi veicoli tipicamente investono in modo molto prudente. Con la crisi e un contesto di tassi a zero, i fondi stanno rivedendo le loro asset allocation, con una particolare attenzione ai prodotti PIR-compliant e agli aspetti ESG”.
In quest’ottica, l’11 giugno prossimo partirà il Progetto Economia Reale, una piattaforma che vuole convogliare le risorse dei fondi pensione appunto sull’economia reale italiana, tramite investimenti in fondi di private equity, private debt e potenziamente anche in altre asset class, come le infrastrutture. Il progetto è promosso da Cdp, Assofondipensione e Fondo Italiano d’Investimento sgr. Le linee guida del progetto erano già state presentate il 2 dicembre 2019 dall’amministratore delegato di Cdp Fabrizio Palermo (si veda altro articolo di BeBeez) e i dettagli tecnici erano stati resi noti venerdì 17 gennaio a oltre 40 fondi pensione italiani, sia negoziali sia preesistenti (si veda altro articolo di BeBeez).
Per stimolare gli investimenti in private capital da parte di fondi pensione, casse di previdenza e assicurazioni, AIFI ha lanciato InvestAIFI: una piattaforma di lavoro cui hanno già aderito alcuni investitori istituzionali italiani per scambiare idee per migliorare la domanda e l’offerta di fondi, oltre che per avere una sola voce nei confronti del governo, su temi cari a tutti, come per esempio una tassazione inferiore sul settore.
Alberto Oliveti, presidente di Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati), ha evidenziato che la fiscalità è ancora troppo alta rispetto al resto d’Europa, mentre Maggi ha auspicato una fiscalità dedicata e agevolata per i fondi pensione negoziali e per i private market, anche in un’ottica di incentivazione.
Per facilitare l’avvicinamento verso il private capital, AIFI suggerisce infine:
- l’allentamento a livello europeo dei requisiti di assorbimento del capitale (in particolare Solvency II) per l’investimento in private capital da parte degli investitori istituzionali;
- l’introduzione di un credito di imposta in funzione e proporzione dell’ammontare investito in private capital;
- l’estensione all’investimento in fondi di private debt dell’incentivo fiscale relativo alla detrazione del capital gain, già previsto per fondi pensione e casse di previdenza.