Ieri sera il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa insieme ai ministri dell’Economia Roberto Gualtieri, Stefano Ptuanelli dello Sviluppo Economico e Lucia Azzolina dell’Istruzione, hanno annunciato a grandi linee i contenuti dell’atteso Decreto Liquidità (si veda qui il Beez Peak di ieri 6 aprile), che ha stanziato 400 miliardi di euro a favore delle imprese italiane: 200 miliardi per il mercato interno e altri 200 per potenziare le esportazioni. Diciamo a grandi linee perché i dettagli pratici, ma che sono anche quelli più cari agli imprenditori, non sono stati svelati (vedi qui il video della conferenza stampa e qui il comunicato stampa appena pubblicato questa mattina).
“Mettiamo in campo 200 miliardi di garanzia per prestiti fino al 90% garantiti dallo Stato per imprese di tutti i tipi senza limiti di fatturato. Potranno arrivare al 25% del fatturato delle imprese o al doppio del costo del personale con un sistema di erogazione molto semplice e diretto al sistema bancario, attraverso Sace, con condizionalità limitate tra cui quella di non poter erogare dividendi”, ha spiegato il Ministro Gualtieri, che ha precisato che “questa imponente mobilitazione di risorse pubbliche si aggiunge al potenziamento del Fondo centrale di Garanzia per le pmi”.
Nel dettaglio, il comunicato diffuso questa mattina dalla Presidenza del Consiglio precisa che “le misure adottate prevedono garanzie da parte dello Stato per un totale circa di 200 miliardi di euro concesse attraverso la società Sace Simest, del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, in favore di banche che effettuino finanziamenti alle imprese sotto qualsiasi forma. In particolare, la garanzia coprirà tra il 70% e il 90% dell’importo finanziato, a seconda delle dimensioni dell’impresa, ed è subordinata a una serie di condizioni tra le quali l’impossibilità di distribuzione dei dividendi da parte dell’impresa beneficiaria per i successivi dodici mesi e la necessaria destinazione del finanziamento per sostenere spese ad attività produttive localizzate in Italia. Nello specifico:
- le imprese con meno di 5.000 dipendenti in Italia e un fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro ottengono una copertura pari al 90% dell’importo del finanziamento richiesto e per queste è prevista una procedura semplificata per l’accesso alla garanzia;
- la copertura scende all’80% per imprese con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato fra 1,5 e 5 miliardi di euro e al 70% per le imprese con fatturato sopra i 5 miliardi;
- l’importo della garanzia non potrà superare il 25% del fatturato registrato nel 2019 o il doppio del costo del personale sostenuto dall’azienda;
- per le piccole e medie imprese, anche individuali o partite Iva, sono riservati 30 miliardi e l’accesso alla garanzia rilasciata da SACE sarà gratuito ma subordinato alla condizione che le stesse abbiano esaurito la loro capacità di utilizzo del credito rilasciato dal Fondo Centrale di Garanzia”.
A proposito del Fondo di Garanzia pmi, il ministro Patuanelli ieri sera ha spiegato che, per aiutare “le imprese con meno di 500 dipendenti, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti e partite Iva”, è stato previsto che “i prestiti sino a 25 mila euro siano coperti al 100% dalla garanzia del Fondo, senza quindi che siano necessarie preventive valutazioni sul merito di credito o andamentali” dei richiedenti. La garanzia del Fondo sarà invece al 90% per prestiti fino a 800 mila euro (ma arriverà al 100%, con i Confidi che copriranno l’altro 10%) e del 90% per i prestiti sino a 5 milioni di euro. In questi due ultimi casi, però Patuanelli non ha specificato se sarà necessaria una preventiva valutazione del merito di credito, il che fa immaginare che la valutazione preventiva sarà necessaria, così come peraltro lui stesso aveva dichiarato nei giorni scorsi, con la conseguenza che i tempi di erogazione non saranno così immediati come invece ci si sarebbe aspettati. Non è stata inoltre specificata la durata dei prestiti, che i rumor della vigilia davano di 6 anni, né il tasso di interesse al quale quei prestiti saranno erogati (si è parlato dello 0,5%), nè dei costi della garanzia del Fondo e di quella dei Confidi.
Il comunicato di questa mattina non chiarisce molto in proposito e dice solo che “il decreto potenzia ulteriormente il Fondo di Garanzia per le pmi aumentandone sia la dotazione finanziaria sia la capacità di generare liquidità anche per le aziende fino a 499 dipendenti e i professionisti. Il Fondo, già ampliato dal decreto “Cura Italia” (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18) con 1,5 miliardi di euro, completa così la sua trasformazione in strumento a supporto della piccola e media impresa, a tutela di imprenditori, artigiani, autonomi e professionisti, nonché a salvaguardia dell’export e di tutti quei settori che costituiscono con le eccellenze del Made in Italy la spina dorsale del nostro sistema produttivo. È inoltre previsto un forte snellimento delle procedure burocratiche per accedere alle garanzie concesse dal Fondo”.
Infine, aggiunge il comunicato, “il decreto potenzia anche il sostegno pubblico all’esportazione, per migliorare l’incisività e tempestività dell’intervento statale. L’intervento introduce un sistema di coassicurazione in base al quale gli impegni derivanti dall’attività assicurativa di Sace sono assunti dallo Stato per il 90% e dalla stessa società per il restante 10%, liberando in questo modo fino a ulteriori 200 miliardi di risorse da destinare al potenziamento dell’export. L’obiettivo è di consentire a Sace di far fronte alla crescente richiesta di assicurare operazioni ritenute di interesse strategico per l’economia nazionale che la società non avrebbe altrimenti la capacità finanziaria di coprire”.
Importante, inoltre, sebbene non vi sia stato alcun accenno in conferenza stampa, la “serie di misure finalizzate ad assicurare la continuità delle imprese nella fase dell’emergenza, con particolare riguardo a quelle che prima della crisi erano in equilibrio e presentavano una regolare prospettiva di continuità aziendale. Tale intervento avviene: in sede di redazione del bilancio in corso, valutando i criteri di prudenza e di continuità alla luce della situazione emergente dall’ultimo bilancio chiuso; disattivando le cause di scioglimento societario per riduzione o perdita del capitale sociale. Accanto a queste due misure a protezione diretta della società se ne affianca una terza che è volta a favorire il coinvolgimento dei soci nell’accrescimento dei flussi di finanziamento verso la società, disattivando in questa fase i meccanismi che in via ordinaria li pongono in secondo piano rispetto ai creditori. Vi sono poi misure che riguardano la disciplina del fallimento e che, nell’insieme, sono volte in questa fase a: sottrarre le imprese all’apertura del fallimento e alle altre procedure fondate sullo stato di insolvenza, sino a quando durerà l’emergenza; sterilizzare il periodo dell’emergenza ai fini del calcolo delle azioni a tutela dei creditori (quindi quando il periodo emergenziale sarà passato, i creditori potranno se del caso proporre le azioni revocatorie)”.
Quanto al golden power, ieri sera Conte ha detto: “Abbiamo adottato uno strumento molto efficace per tutelare tutte le imprese che svolgono una qualche attività di rilievo strategico. Attraverso il potenziamento del golden power potremo controllare operazioni societarie e scalate ostili non solo nei settori tradizionali, ma in quelli assicurativo, creditizio, finanziario, acqua, salute, sicurezza. È uno strumento che ci consentirà di intervenire nel caso ci siano acquisizioni di partecipazioni appena superiori al 10% all’interno dell’Ue”.
Più nel dettaglio, il comunicato della Presidenza del Consiglio precisa che “le norme approvate, al fine di rafforzare nell’attuale contesto di emergenza epidemiologica la disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica:
- anticipano, con effetto immediato, e nelle more dell’attuazione del decreto attuativo, l’ampliamento dell’ambito di intervento oggettivo della disciplina golden power ai settori di rilevanza strategica del Regolamento europeo n. 452/2019, consentendo di sottoporre alla preventiva autorizzazione le operazioni rilevanti relative, tra l’altro, ai settori finanziario, creditizio e assicurativo, alle infrastrutture e tecnologie critiche, tra cui l’energia, i trasporti, l’acqua e la salute, alla sicurezza alimentare, all’accesso a informazioni sensibili, compresi i dati personali, all’intelligenza artificiale, la robotica, i semiconduttori, la cibersicurezza, nonché le nanotecnologie e le biotecnologie;
- prevedono la possibilità per il Governo di aprire il procedimento d’ufficio, se le imprese non assolvono agli obblighi di notifica previsti;
- estendono, in via transitoria fino al 31 dicembre 2020, il campo di applicazione della disciplina dei poteri speciali anche ad operazioni intra-europee che richiederanno la preventiva autorizzazione del Governo, nel caso di acquisizione del controllo di asset rientranti nei settori sopra descritti; nel caso di operazioni extra-europee, l’ampliamento, sempre transitorio, riguarderà anche le acquisizioni di partecipazioni superiori al 10% da parte di soggetti non appartenenti all’Unione europeo, se superiori alla soglia di un milione di euro”.
Prima della presentazione del decreto liquidità, ieri in un webinar organizzato dallo studio legale internazionale Dla Piper si sono confrontati sulle misure economiche anti-coronavirus gli onorevoli Pier Paolo Baretta, sottosegretario di Stato al Mise e Luigi Casero, ex viceministro dell’Economia e delle Finanze. Tra le varie ipotesi sul tavolo per reperire ulteriori risorse contro la crisi si dice ci sia anche quella di una nuova tassa sui patrimoni. Ma sia Baretta sia Casero sono contrari. In particolare, Baretta ha fatto notare che dall’introduzione di questa tassa si potrebbero ricavare solo 2-3 miliardi di euro, che sono ben pochi rispetto alla manovra del Governo. Sia Baretta sia Casero sono invece favorevoli all’ipotesi di una compensazioni tra crediti e debiti della Pa a vantaggio delle imprese, in modo che arrivi loro denaro, senza gravare sul bilancio pubblico. Per quanto riguarda la detassazione delle donazioni, provvedimento caro anche allo studio legale Dla Piper, Baretta condivide la proposta, purché “sia esplicita la finalizzazione (a chi vanno i soldi? e perché?), perché il rischio di riciclaggio è dietro l’angolo”. Tra i provvedimenti da adottare successivamente, a sostegno della ripresa, Baretta include la ricapitalizzazione agevolata delle banche. “E’ stata usata in passato con l’Ace. E’ una buona idea, su cui vogliamo lavorare per concretizzarla”.