Dopo aver raggiunto i 560 miliardi di euro nel 2022 (con una crescita del 10,2% sul 2021), il mercato potenziale del credito di filiera in Italia ha archiviato il 2023 con una crescita stimata tra lo 0,5% e il 3%, per attestarsi su un valore di 563-575 miliardi di euro di crediti commerciali complessivi. Lo stima l’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano, che ha presentato ieri il suo studio sul settore (si veda qui il comunicato stampa).
Ricordiamo che lo scorso anno era stata stimata una crescita dell’attività per il 2022 tra il 3 e il 15% per attestarsi su un valore compreso tra 525 e i 585 miliardi di euro, dopo un 2021 in cui il settore aveva raggiunto quota 509 miliardi (si veda altro articolo di BeBeez). A inizio 2022 l’Osservatorio aveva stimato per il 2021 un recupero dell’attività di Supply Chain Finance a 457-495 miliardi di euro (si veda altro articolo di BeBeez), ma la realtà ha poi appunto superato le previsioni.
Ma se questo è il mercato potenziale del credito di filiera, la realtà è che soltanto poco meno di un quarto del mercato potenziale è già servito da soluzioni di Supply Chain Finance (23%), che nel 2023 raggiungono un valore di circa 130 miliardi di euro, simile a quello del 2022.
Tra le diverse soluzioni, le più utilizzate nel 2023 sono il factoring (la cessione di crediti commerciali a operatori specializzati) per un valore complessivo di 60,4 miliardi di euro, stabile rispetto all’anno prima, e l’anticipo fattura, anch’esso stabile a 54 miliardi. Segue a distanza il reverse factoring (la partnership per favorire la cessione delle fatture ai fornitori sfruttando il merito creditizio del cliente), che fa registrare una crescita record del 10%, raggiungendo 8,9 miliardi.
Poi vengono il confirming (la soluzione in cui il debitore cedente rilascia all’operatore finanziario un’autorizzazione al pagamento dei fornitori) con 1,6 miliardi, in calo del 2%; e il purchase order finance (l’utilizzo di un ordine ricevuto da un cliente con elevato merito creditizio come garanzia per un finanziamento) in aumento del 1% fino a 1,1 miliardi. Nonostante abbiano ancora volumi limitati, crescono in modo sensibile anche la carta di credito B2B (+13%, 3,5 miliardi), il dynamic dscounting (soluzione tecnologica che consente il pagamento anticipato a fronte di uno sconto proporzionale ai giorni di anticipo, +32%, 0,7 miliardi) e l’invoice trading (marketplace per la cessione del credito che consente a terze parti di investire nelle fatture emesse dalle aziende, +24%, 0,5 miliardi).
Federico Caniato, direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance, ha commentato: “Nel corso del 2023, il rallentamento macroeconomico tra tensioni geopolitiche e inflazione ha introdotto nuove sfide per le catene di approvvigionamento globali, mentre l’incessante aumento dei tassi d’interesse ha ulteriormente innalzato i costi di finanziamento per le imprese. In questo scenario complesso, il Supply Chain Finance è un elemento chiave per offrire un accesso agevolato al credito per le imprese in difficoltà. Un alleato in grado di soddisfare il bisogno di liquidità e finanziare il capitale circolante, sfruttando le relazioni di filiera che potrebbero ridurre il costo del capitale”.
E Antonella Moretto, direttrice dell’Osservatorio Supply Chain Finance, ha aggiunto: “Il Supply Chain Finance ha ancora un grande potenziale di diffusione in particolare tra le piccole imprese. Dalla nostra indagine, le pmi italiane esprimono la necessità di nuove soluzioni di finanziamento, ma conoscono ancora poco le opportunità del SCF. Le imprese vanno supportate nell’educazione verso le forme di finanziamento più innovative, che al contempo devono garantire processi rapidi e snelli di approvazione, insieme a un supporto umano che possa guidare e sostenere le pmi nelle scelte finanziarie”.
Da una ricerca, condotta in collaborazione con Workinvoice e presentata sempre ieri al Politecnico, emerge che la gestione della liquidità e del capitale circolante è particolarmente rilevante per le pmi italiane: il 33% considera la propria liquidità bassa o molto bassa, con la necessità di accedere a fonti di finanziamento in tempi brevi. E, infatti, il 57% ha bisogno di accedere a fonti di credito entro una settimana e, tra queste, il 30% ne ha bisogno entro 24/48 ore.
Ma appunto, per far fronte alla necessità di finanziamento, le pmi adottano perlopiù soluzioni tradizionali, come prestiti bancari e linee di credito autoliquidanti, che conoscono meglio a differenza di quelle di Supply Chain Finance, tra cui la più adottata è il factoring. Analizzando il livello di conoscenza e adozione di alcune soluzioni di finanziamento, infatti, le soluzioni alternative e digitali come il minibond, l’invoice trading o il dynamic discounting e quelle di SCF sono ancora poco conosciute e utilizzate. Oltre a bassi tassi di interesse, per le pmi è importante che le soluzioni abbiano processi rapidi di approvazione e un supporto umano costante tramite servizio clienti.