Riforma del credito d’imposta, modifica strutturale dei trial clinici e pre-clinici e miglioramento del Tech Transfer. Sono queste le tre proposte che emergono dal Tavolo Life Science di VC Hub Italia, l’associazione italiana del Venture Capital, degli investitori in innovazione e delle startup e pmiI italiane. Al tavolo hanno partecipato sia investitori sia imprenditori associati a VC Hub che, supportati da Alira Health, hanno analizzato lo scenario industriale dei settori farmaceutico, biotech e di produzione di dispositivi medici per poi delineare tre proposte costruttive e concrete per migliorare il quadro normativo che regola le attività delle imprese innovative in Italia (si veda qui il comunicato stampa).
Nel 2019, in Italia, il 15% degli investimenti di venture capital ha interessato imprese attive in ambito Life Science, per un volume di capitale investito pari a quasi 100 milioni di euro, concentrati principalmente nei settori Healthcare e Biotech. Tra gli operatori di venture capital hanno partecipato al Tavolo LIfe Science: Aurora Science, Biovalley Investment Partners, Genextra, Indaco, Panakès, Sofinnova Partners. Tra le startup si sono unite ai lavori: Aileens Pharma, Alia Therapeutics, Altheia Science, Amypopharma, Betaglue Technologies e BiovelocITA, CellPly, Corion biotech, Crestoptics, Diadem, Echolights, Endostart, Enthera, Epsilen Bio, EryDel, Genespire, Innovheart, Newronika, PatchAI, Silk Biomaterials, Tensive e Thetis.
“Proprio in questi giorni stiamo presentando agli uffici dei Ministeri competenti le nostre proposte, tre spunti concreti, facilmente realizzabili e con un costo molto ridotto per lo Stato”, ha sottolineato Francesco Cerruti, direttore generale di VC Hub Italia. “Come emerge chiaramente anche all’estero, il settore Life Science ha tutte le potenzialità per diventare il motore trainante di un’economia avanzata. A oggi però in Italia viene limitato pesantemente da alcune problematiche che abbiamo individuato e che le nostre proposte potrebbero contribuire a superare”, ha aggiunto Gabriele Brambilla, ceo di Alira Health. Qui di seguito le tre proposte di VC Hub Italia.
Modifica strutturale del credito d’imposta a beneficio delle startup e delle pmi innovative del settore.
L’idea è realizzare un credito d’imposta sulla ricerca specificamente dedicato a startup e pmi innovative, che tenga conto dello status “pre-revenues” di molte di esse, e preveda l’equiparazione trasversale di tutte le voci di spesa agevolabili, senza applicare distinzione tra costi personale, costi materiali e servizi di consulenza; la reintroduzione di una percentuale di credito di imposta al 50%, con possibilità di livelli ancora più elevati da riconoscere alle imprese innovative attive nel Mezzogiorno; l’introduzione di un meccanismo che assicuri il riconoscimento del credito d’imposta per determinate spese R&S, attraverso un riconoscimento ex ante da parte dell’Agenzia delle Entrate e, infine, il miglioramento dell’utilizzabilità del credito d’imposta attraverso un meccanismo di voucher che consenta di riutilizzare le risorse in tempi brevi.
Modifica strutturale delle modalità e delle tempistiche di accesso, approvazione e di esecuzione dei trial clinici e pre-clinici.
L’idea è attuare questa modifica con una riforma della normativa di riferimento delle sperimentazioni cliniche, dei Comitati Etici e delle modalità di registrazione e archiviazione degli Studi Clinici.
Miglioramento del Tech Transfer.
L’obiettivo è aumentare la capacità di attrarre finanziamenti e fondi di ricerca e sviluppo. Questo perché l’Italia oggi è il quinto paese in Europa per capacità di attrarre fondi di R&S, ma con il budget nazionale per il Tech Transfer quattro volte inferiore rispetto ai vicini europei e con l’Università italiana che contribuisce solo per lo 0,8% del totale degli investimenti in R&S. A tal proposito, VC Hub propone l’abolizione del Professor Privilege e l’attribuzione dei diritti all’Ateneo o all’Ente di ricerca, la facilitazione della relazione tra il pubblico e il privato, il supporto per l’accesso ai fondi europei per le PMI oltre alla costituzione di un percorso formativo riconosciuto in Technology Transfer Management e l’istituzione della figura negli enti di ricerca pubblici.
Come riportato dal Centro Studi di Farmindustria in un’analisi dello scorso luglio, l’Italia è il primo Paese europeo per produzione farmaceutica, con un valore totale di produzione nel 2019 pari a 34 miliardi di euro, un numero di addetti che supera le 65mila unità (il 10% dei quali impegnati in ricerca e sviluppo), una crescita dell’export decennale pari a +168% rispetto al +86% della media UE e una crescita occupazionale pari al doppio della media nazionale (10% rispetto al 5% nel periodo 2014 – 2019). Inoltre, nonostante l’impatto del Covid-19, le esportazioni farmaceutiche italiane hanno contribuito a mantenere il trend produttivo in crescita anche durante i primi mesi del 2020 (17 miliardi di euro generati durante il trimestre del lockdown; +500 milioni rispetto al 2019), riuscendo addirittura a mantenere ben saldo il primato produttivo delle PMI, che anche nel 2020 contribuiscono da sole al 23,6% della produzione europea. A fronte di questi dati, risulta però piuttosto basso il livello di investimenti in R&S, (5% del fatturato totale, contro il 9% e al 12% di Francia e Germania) che diventano ancora più importanti, considerato lo “svantaggio dimensionale” cui deve sopperire l’industria farmaceutica Italiana.
Discorso simile anche per l’industria biotecnologica che a partire dalla fine della crisi del 2008 ha avuto una crescita costante, fino a raggiungere nel 2019 un totale di 696 imprese (per l’80% PMI), per un fatturato complessivo di 13 miliardi di euro, circa 12.950 addetti e investimenti complessivi in ricerca e sviluppo in crescita del 25% rispetto al 2014. Anche l’industria biotech sconta investimenti in ricerca e sviluppo molto inferiori rispetto al panorama europeo, e fortemente dipendenti degli sforzi del capitale privato. Dei circa 770 milioni di investimenti in ricerca e sviluppo, infatti, solo € 150 milioni arrivano dal pubblico, mentre paesi come Germania e Spagna possono vantare rispettivamente una spesa pubblica in ricerca e sviluppo pari a € 6 e 1.3 miliardi di euro.
Per quanto riguarda i dispositivi medici, invece, gli ultimi dati raccolti parlano di un settore che, a fronte di un mercato da circa € 16 miliardi e circa 4.000 imprese sul territorio, impiega appena il 12% dei 76.400 occupati del settore in attività di ricerca e sviluppo, per una spesa complessiva di € 1,06 miliardi; un livello di spesa ulteriormente minacciato dalla fuga verso altri Paesi degli investimenti.