Lunedì 8 luglio è stato firmato il contratto di compravendita per il passaggio di proprietà della Carlo Erba Reagenti, società chimica milanese che lo scorso 4 giugno ha ottenuto dal Tribunale l’omologa dell’accordo di ristrutturazione del debito sulla base dell’art. 182-bis della Legge Fallimentare. Lo ha scritto ieri MF-Milano Finanza, che già lo scorso 5 aprile aveva anticipato che a comprare il ramo d’azienda, che include anche la controllata francese, sarebbe stato Dasit Group, della famiglia di Lorenzo Fracassi (ex dipendente di Carlo Erba Reagenti), gruppo milanese specializzato in strumenti e diagnostica medicale (si veda altro articolo di BeBeez). Dasit ha messo sul piatto 5,3 milioni di euro (4,5 milioni alla firma del contratto più al massimo eventuali altri 800 mila euro circa, nel caso si verificassero alcune condizioni).
Dasit nel 2012 ha fatturato 85 milioni (84,2 nel 2011) generando un ebitda di ben 22,1 milioni (da 21,9), margini grazie ai quali il gruppo si può permettere di investire senza problemi, anche perché il debito finanziario netto a fine 2011 non superava 59,8 milioni, quindi pari a solo 2,7 volte l’ebitda.
Ad assistere il management di Carlo Erba Reagenti nella ricerca del nuovo investitore, disposto a finanziare il salvataggio del gruppo, è stata Dvr Capital, la boutique di consulenza fondata da Carlo Daveri. Che a MF-Milano Finanza ha raccontato alcuni retroscena della storia, togliendosi qualche sassolino dalla scarpa. «Nel febbraio 2012 avevamo ricevuto un mandato di vendita da parte di Barclays Private Equity (oggi Faberstone Capital), che allora controllava la società», racconta Daveri, che continua: «Avevamo raccolto l’interesse di investitori stranieri, in particolare dei gruppi industriali statunitensi Illinois Tool Works e Sigma Aldrich, e anche del fondo Hig Capital. Ma presto è risultato chiaro che i numeri di Carlo Erba Reagenti sarebbero stati ben diversi da quelli prospettati, con un ebitda che infatti nel 2012 è risultato negativo per 3,5 milioni, mentre si prevedeva un dato positivo di 5-6 milioni. A quel punto è stata fermata la vendita e il fondo, che non aveva intenzione di investire ulteriormente nella società, l’ha letteralmente abbandonata, lasciando i manager a loro stessi. Un brutto esempio di come non si deve comportare un private equity. Soprattutto se si pensa che una delle ragioni per le quali Carlo Erba Reagenti si è trovata in crisi di liquidità è l’operazione di releverage operata dal fondo nel 2007 per pagarsi un dividendo, a seguito della quale il debito finanziario netto è salito da 8 a 25 milioni sino ad arrivare a 36 milioni a fine 2012».
L’amministratore delegato Massimo Rossi, affiancato dal cfo Vittorio Ciciulla, ha rinnovato il mandato a Dvr e un compratore è stato trovato, anche perché, aggiunge Daveri, «la società ha un nome importante nel settore, tanto che, nonostante i problemi, nel 2012 il fatturato è sceso solo a 48 milioni dai 56,6 del 2011». E il compratore è stato italiano, conclude Daveri, «perché di fronte alla procedura concorsuale gli stranieri si sono tutti tirati indietro. Non c’è molta fiducia nelle nostre istituzioni». E questo è ancora più evidente, se si pensa che gruppi come ITW e Sigma Aldrich avevano speso tempo e soldi per fare una due diligence nel 2012, quando Carlo Erba Reagenti veniva valutata tra i 30 e 35 milioni, ma che poi, quando la stessa società sarebbe stata disponibile per 5 milioni, non si sono nemmeno presentati.