Burgo, lo storico gruppo cartario di Altavilla Vicentina, oggi alle prese con un delicato processo di ristrutturazione del debito, potrebbe passare di mano. Lo ha scritto MF-Milano Finanza lo scorso 22 agosto, riferendo che l’ipotesi è al vaglio degli azionisti (la famiglia Marchi e Mediobanca, che ha il 22%), nell’ambito della trattativa con le banche creditrici per mettere in sicurezza un debito che supera il miliardo.
Più nel dettaglio, infatti, i consulenti di Burgo avrebbero sondato anche la cessione di asset o perfino di tutto il gruppo, raccogliendo l’interesse a operazioni di aggregazione variamente articolate da parte di almeno quattro soggetti: Lecta, Favini, Upm e Heinzel Group.
Lecta, il colosso europeo della carta patinata, costruito a colpi di acquisizioni dal fondo Cvc Capital Partners, avrebbe manifestato interesse per un’aggregazione che coinvolga l’intero perimetro industriale. Favini, invece, a sua volta controllata da Orlando Italy e prossima alla quotazione in Borsa (si veda altro articolo di BeBeez), potrebbe prendere in considerazione un’integrazione solo dopo la quotazione di Piazza Affari annunciata nei primi mesi dell’anno. Il gruppo finlandese Upm guarderebbe con favore all’investimento di un soggetto terzo in un veicolo di nuova costituzione a cui conferire le attività cartiere dei due gruppi. La tedesca Heinzel infine sarebbe interessata soltanto allo stabilimento di Ardennes e a Burgo Distribuzione.
Tutto però dipende da come evolveranno le trattative con le banche circa la ristrutturazione finanziaria di Burgo. L’ipotesi di partenza è quella di una conversione parziale del debito per un importo di 350-400 milioni attraverso strumenti finanziari ancora da definire. La banca più esposta a Burgo è Mediobanca, che, oltre a essere socia, ha finanziato il gruppo per 473 milioni di euro. Seguono Unicredit, esposto per 160 milioni di euro, il Banco Popolare (56 milioni) e Intesa Sanpaolo (37 milioni). La quota di Burgo nel bilancio di Mediobanca è già stata svalutata a zero e, secondo gli analisti di Equita sim, i 473 milioni di euro circa di finanziamenti sono stati a loro volta svalutati del 30%.
Buona parte dell’esposizione di Burgo verso le banche scade nel 2015 ed è stato chiesto uno standstill almeno fino a fine anno. Burgo infatti nel 2013 (scarica qui il bilancio 2013) ha registrato una perdita netta per 147,8 milioni (da 38,7 milioni nel 2012) soprattutto a fronte di 101,5 milioni di euro di svalutaizoni di impianti e dopo oneri finanziari per 54 milioni (dai 47,4 milioni del 2012). Il gruppo l’anno scorso ha registrato un calo dei ricavi a 2,3 miliardi (dai 2,5 miliardi del 2012) e un mol di 92 milioni (da 104 milioni), a fronte di un debito finanziario netto di 957 milioni (in calo da 984 milioni).