Venerdì 1° ottobre è mancato Bernardo Caprotti, il fondatore di Esselunga, ancora in sella alla sua creatura sebbene dovesse a breve compiere 91 anni. E adesso il futuro del principale gruppo privato italiano della grande distribuzione è ancora tutto da scrivere.
Se è vero, infatti, che a metà mese gli advisor (Citi, lo studio legale Lombardi Molinari e il professionista Vincenzo Mariconda) a cui Caprotti si era affidato per gestire la vendita del gruppo avrebbero dovuto esaminare le offerte arrivate nei mesi scorsi dai fondi CVC e Blackstone (si veda altro articolo di BeBeez) e più di recente da BC Partners (si veda Reuters), la successione impone quantomeno uno stop al processo.
Tra pochi giorni il notaio Carlo Marchetti leggerà ciò che Bernardo Caprotti ha deciso per i due figli avuti dalla prima moglie, Giuseppe e Violetta, e per Marina, nata dal secondo matrimonio. Ma testamento a parte, certamente i legali avranno di nuovo da fare.
Per anni Caprotti è stato in lite con Giuseppe e Violetta, tanto da decidere nel febbraio 2011 di reintestarsi l’intero pacchetto azionario di controllo che, invece, nel 1996 aveva suddiviso in parti uguali con i tre figli, tenendo per sé solo l’8,1% di Supermarkets Italiani (la holding che ha il 100% della società) oltre all’usufrutto su metà delle quote in possesso di ogni erede. Una mossa che Caprotti senior fece senza dare comunicazione ai figli né versare loro alcun corrispettivo. Così sul finire del 2011 Giuseppe e Violetta (supportati dagli avvocati Michele Carpinelli, Massimo Confortini e Antonio Rizzi) si erano rivolti al Tribunale, chiedendo il sequestro delle azioni a loro intestate. Il Tribunale, però, aveva respinto la richiesta dei due figli.
Nel luglio 2012 era stato poi emesso un lodo arbitrale che stabiliva che il padre poteva riprendersi le azioni di Esselunga (si veda MF Milano Finanza). Successivamente i due figli avevano impugnato il lodo davanti alla Corte d’Appello di Milano, ma il ricorso era stato respinto con sentenza depositata il 1° luglio 2014. Giuseppe e Violetta ci avevano riprovato e si erano rivolti alla Corte di Cassazione che però a sua volta il 23 febbraio di quest’anno ha di nuovo confermato il giudizio a favore del padre Bernardo.
Tutta la storia viene raccontata da Giuseppe sul suo sito personale (clicca qui) e l’attenzione a smontare l’operato dei fondi di private equity nel settore, oltre che a criticare l’approccio delle catene di grande di distribuzione estere, fa capire che Giuseppe e Violetta non avrebbero tutta questa fretta di vendere Esselunga.
Giuseppe, in azienda fino al 2004, è stato tra l’altro ideatore di tanti progetti di successo (il sito web di e-commerce, la carta fedeltà e l’apertura al business del biologico).
Esselunga conta 153 store e 22 mila dipendenti e ha chiuso il 2015 con 7,3 miliardi di euro di ricavi e 291 milioni di utile (si veda qui l’analisi di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). Il valore del gruppo, al netto degli immobili, si aggira sui 6 miliardi di euro.