Le pmi del nord Italia chiedono poco credito e hanno un apporto con le banche molto prudente, ma più ancora quello con i Confidi. Lo dicono i risultati di un sondaggio condotto da Sigma Consulting per l’Osservatorio Cofiter (Confidi terziario Emilia Romagna) su 600 pmi registrate in Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto al 1° ottobre 2016 (con meno di 250 occupati e fatturato annuo non superiore ai 50 milioni)
Per quanto riguarda le fonti di finanziamento utilizzate dalle imprese, il 31% delle aziende ricorre a crediti commerciali (anticipo di fatture o export), il 21% utilizza aperture di credito in conto corrente (fidi) e il 19% ricorre a mutui. Il 17% reimpiega invece i proventi dell’attività d’impresa come fonte di autofinanziamento. Ma c’è un buon 29%di aziende che dichiara di non eseguire alcuna operazione finanziaria oltre ai normali addebiti e accrediti sui propri conti correnti e questa quota aumenta al 33% per le micro imprese.
La grande maggioranza delle aziende interpellate (87%), infatti, dichiara di non aver bisogno di finanziamenti perché è finanziariamente autostufficiente e quindi non necessita di ulteriori risorse. Un dato, questo, che se da un lato rappresenta una notizia positiva per le aziende, dall’altro conferma un atteggiamento di prudenza e di bassa propensione agli investimenti. Solo l’8% dei rispondenti dichiara che la situazione finanziaria aziendale non consente l’indebitamento.
Il rapporto delle imprese con gli istituti di credito si basa nel 45% dei casi su una sola banca d’appoggio; il 31% delle aziende intervistate ha rapporti con due banche mentre il 24% con tre o più istituti. L’impostazione di questo rapporto cambia, ovviamente, al crescere del grado di strutturazione delle imprese.
Le motivazioni che spingono un’impresa a intrattenere relazioni con una banca piuttosto che con un’altra, derivano dalle aspettative nutrite in merito ai servizi offerti dagli istituti di credito. Dall’analisi dei dati rilevati risulta che, dopo anni di difficoltà, la cosa più importante che dovrebbe garantire una banca è un maggior supporto e una maggior flessibilità nelle fasi di crisi: è l’opinione del 47% delle aziende del campione. E’ poi fondamentale offrire migliori condizioni per l’accesso al credito (45%) ed erogare credito in tempi più veloci (34%); per il 24% serve maggior disponibilità nella valutazione dei progetti d’investimento. Solo in quinta e ultima posizione (12%) la richiesta di erogazione di maggior credito.
Non a caso nell’ultimo anno ben l’85% delle imprese non ha visto aumentare la propria necessità di credito e nello stesso arco di tempo solo il 20% ha avanzato una richiesta di finanziamento al sistema bancario. Il 53% di queste richieste era finalizzato alla realizzazione di nuovi investimenti mentre il 36% alla gestione della liquidità aziendale. Il 17% delle imprese interpellate ha poi richiesto credito per far fronte ai ritardi di pagamento dei clienti. E la propensione al credito per i prossimi 12 mesi non sembra aumentare: l’81% delle imprese interpellate dichiara che non avanzerà richieste di finanziamento.
Ricalcolando tali percentuali rispetto al totale delle imprese ci si accorge di quanto la componente “sana” della richiesta di credito, quella per progetti di investimento, sia limitata: è pari al 10%. Rispetto ai prossimi 12 mesi, invece, il 19% delle imprese afferma che procederà a richieste di credito. I motivi saranno circa gli stessi anche se si segnala una maggior necessità di far fronte al pagamento di tasse e contributi e a spese impreviste.
Benchè la conoscenza dei Confidi non possa dirsi bassa (nel campione interpellato 7 aziende su 10 sanno cosa sono), non tutti i settori e non tutte le tipologie di aziende, infatti, palesano uno stesso grado di conoscenza dell’offerta dei consorzi di garanzia.
Le aziende conoscono senza dubbio la funzione primaria dei Confidi (offrire garanzie), mentre si mostrano molto più impreparate rispetto a quella serie di servizi “collaterali” che oggi i consorzi sono in grado di mettere in campo: soprattutto la consulenza e la redazione dei business plan. Quote più basse di aziende sanno di poter accedere a servizi consulenziali per ottenere forme di credito alternativo alle banche (46%), per realizzare business plan (39%) e per conoscere il proprio rating di rischio (38%). L’opportunità di avere fidejussioni è nota al 40% delle imprese sotto osservazione.
Emerge quindi la necessità di aumentare la conoscenza dei servizi collaterali alla funzione primaria dei Confidi. Nell’ultimo anno solo 1 impresa su 10 ha fatto ricorso a un Confidi. Il motivo principale è la mancanza della necessità di ottenere credito (lo afferma il 57% delle aziende).
Le aziende che invece hanno utilizzato i servizi dei consorzi di garanzia lo hanno fatto essenzialmente per aumentare le chance di ottenere credito alle migliori condizioni possibili. Allo stato attuale la necessità di accedere a consulenze in tema di finanziamenti emerge solo in secondo piano; questo dato si spiega con una scarsa conoscenza delle nuove opportunità offerte dai Confidi, probabilmente causata da una inefficace attività di comunicazione (e branding) del sistema dei consorzi.