Il mercato ci riprova e chiede di nuovo una legge che agevoli chi investe in venture capital nel lungo termine, convogliando in questo sforzo non solo il denaro degli investitori istituzionali e professionali, ma anche il risparmio dei privati, questa volta tramite i fondi di investimento europei a lungo termine, cosiddetti ELTIFs o European Long-Term Investment Funds, introdotti da un Regolamento Ue del 2015 a cui la normativa italiana si è adeguata lo scorso febbraio (si veda altro articolo di BeBeez).
Lo scorso anno, in vista della Legge di Bilancio 2018, la Commissione Finanze della Camera aveva votato all’unanimità di tutte le forze politiche una risoluzione presentata dall’onorevole PD Silvia Fregolent che prevedeva che i fondi Pir potessero essere chiamati tali soltanto se, oltre a tutte le condizioni stabilite in precedenza dalla legge di bilancio 2017, investissero anche il 3% dei loro asset in fondi che investono in startup innovative e pmi innovative (si veda altro articolo di BeBeez). A quel punto l’allora presidente della Commissione Finanze della Camera, Maurizio Bernardo, si era fatto firmatario di un emendamento alla Legge di Bilancio in seconda lettura alla Camera che andava nella stessa direzione della risoluzione votata dalla Commissione, ma leggermente modificata. In sostanza, si chiedeva che i Pir, per essere considerati tali e quindi per permettere ai loro investitori di usufruire dell’agevolazione fiscale, oltre a rispettare i criteri sinora previsti, dovessero investire anche almeno l’1,5% dei loro asset in fondi o società di capitali che investano almeno il 70% dei loro asset in startup innovative. Inoltre si proponeva che gli investitori potessero beneficiare dell’esenzione fiscale prevista dalla normativa per gli investimenti in Pir fino a 100 mila euro l’anno (non più 30 mila), per un massimo di 500 mila euro in cinque anni (non più 150 mila).
Bernardo era forte anche di una richiesta in questo senso da parte dei rappresentanti di AssoFintech nel corso dell’audizione a Montecitorio. Sebbene il tema non sia specificamente fintech, infatti, se i venture capital vengono dotati di più risorse, anche le startup fintech potranno infatti beneficiarne, in quanto potenziali target di investimento.
L’emendamento, però, alla fine non è passato. Ma ora che il governo è cambiato e vista l’attenzione soprattutto del ministro Luigi Di Maio ai temi delle startup, dell’innovazione e del venture capital (si veda altro articolo di BeBeez), tutto il mondo che gravita su questi settori è in fibrillazione. Il veicolo di aggregazione di questi interessi è, ancora una volta Assofintech. Un gruppo trasversale di associati, infatti, composto da rappresentanti del mondo degli investimenti, delle banche e del venture capital, ha redatto un testo che è di per sè già formulato come una proposta di legge e lo sta sottoponendo in questi giorni al governo, nella speranza che questa volta sia più sensibile alla questione. Commentando l’iniziativa, Fabio Brambilla, presidente di AssoFintech, ha detto a MF Milano Finanza: “Si tratta di una rara opportunità per rilanciare gli investimenti su startup e pmi innovative, un ambito dove l’Italia sta scontando enormi ritardi a causa di difficoltà di reperimento capitali rispetto a tutti gli altri paesi dove il venture capital è molto più sviluppato”.
Nel dettaglio, visto che l’idea dei Pir che investono in venture capital non aveva avuto fortuna, anche perché i Pir sono uno strumento concepito per raccogliere il risparmio del largo pubblico, poco avvezzo agli investimenti asset illiquidi, si chiede oggi al governo che vengano promosse iniziative utili favorire la canalizzazione verso il venture capital del risparmio privato, ma con particolare riferimento al private banking, che per definizione è punto di riferimento di investitori privati che sono in grado per dimensione del patrimonio e per tipo di approccio al rischio, di investire in asset illiquidi. L’incentivo proposto è rappresentato da un regime di esenzione fiscale per i redditi diversi e per i redditi di capitale percepiti da persone fisiche residenti in Italia prodotti dagli ELTIF, a condizione che quei fondi prevedano nel proprio regolamento l’obbligo di investire almeno il 5% delle somme raccolte in Oicr che investano prevalentemente in startup innovative e/o in pmi innovative. Ai fini dell’ottenimento dell’agevolazione fiscale in questione, dovrebbe essere stabilito, sulle somme versate, un vincolo temporale di 5 anni e un limite individuale pari a 150 mila euro annui e 750 mila euro complessivi in 5 anni.
Per quanto riguarda il nodo delle coperture della nuova agevolazione fiscale si stima un minore gettito per il bilancio dello Stato pari a 160 milioni di euro, in 5 anni. Una cifra più bassa di quella di 250 milioni di euro che aveva stimato il MEF in sede di relazione tecnica allegata al Bilancio 2018 in relazione al minore gettito derivante dall’introduzione dei Pir, sempre in 5 anni.
Va ricordato, peraltro, che esistono già gli incentivi fiscali agli investimenti in startup innovative e pmi innovative attualmente previsti sia per gli investitori privati sia per le persone giuridiche, ma che sinora quegli incentivi sono stati sfruttati soprattutto solo dagli investitori privati. In ogni caso da quelle agevolazioni fiscali sono esclusi gli organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr), le società di capitali che investono prevalentemente in startup innovative e gli incubatori certificati (si veda qui la Guida di Assolombarda). Quindi un intervento come quello prospettato dagli associati AssoFintech potrebbe davvero finalmente convogliare il risparmio privato su fondi di venture capital che vogliano lanciare veicoli specifici dedicati a startup innovatie e pmi innovative.
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