L’avventura di Italian Design Brands si sta rivelando molto interessante per gli investitori e gli imprenditori coinvolti, anche al di sopra delle più rosee aspettative. “L’anno scorso abbiamo chiuso con ricavi pro-forma per oltre 100 milioni di euro e poco meno di 18 milioni di ebitda. Quest’anno, considerando l’ultima acquisizione e la crescita organica arriveremo a 140 milioni, mentre nel 2021, l’anno in cui pensiamo di sbarcare a Piazza Affari, immagino che arriveremo a 200 milioni. Il tutto mantenendo o migliorando la redditività”, ha detto a BeBeez e MF Milano Finanza l’amministratore delegato di IDB, Giorgio Gobbi, commentando i dati di bilancio e aggiungendo: “Il 2018 è stato un anno eccezionale che ha decisamente superato le nostre aspettative, sia sul fronte della crescita sia della redditività. Lo sviluppo del polo avanza velocemente e siamo davvero molto soddisfatti del modello scelto, finora dimostratosi vincente” (si veda qui il comunicato stampa).
Italian Design Brands è stata creata nel 2015 per promuovere un polo del design italiano di alta qualità su iniziativa di Private Equity Partners spa (di Fabio Sattin e Giovanni Campolo), Paolo Colonna (ex presidente e amministratore delegato di Permira e associati spa), Giovanni e Michele Gervasoni, supportati da un gruppo selezionato di investitori privati di alto livello (tutti riuniti nel veicolo Investindesign, così come i promotori), del calibro di Paolo Basilico (Kairos sgr), Maurizio Costa (presidente FIEG, ex Fininvest, consigliere Mediobanca), Marco Costaguta (co-fondatore di Bain&Co e di Long Term Partners, co-promotore Innova Italy), alcuni esponenti della famiglia Marzotto (Gaetano, Stefano e Paolo), Carlo Micheli (figlio di Francesco, consigliere Genextra e Banca Leonardo), Umberto Nicodano (BonelliErede), Franceso Perilli (Equita sim), Umberto Quadrino (Tages Holding), Dante Roscini (ex top banker di Morgan Stanley e Merrill Lynch, oggi professore di finanza ad Harvard), Gian Mario Tondato (Autogrill), Marco Santandrea. Da allora IDB ha condotto una serie di acquisizioni, di cui l’ultima, la sesta, la scorsa settimana.
IDB ha infatti rilevato la maggioranza di Modar, azienda specializzata nel segmento contract chiavi in mano per il retail e il lusso. IDB aveva già rilevato Gervasoni nel maggio 2015 (si veda altro articolo di BeBeez), Gruppo Meridiani nell’aprile 2016 (si veda altro articolo di BeBeez), Cenacchi International nel settembre 2017 (si veda altro articolo di BeBeez), Davide Groppi nel marzo 2018 (si veda altro articolo di BeBeez) e Saba Italia nell’ottobre scorso (si veda altro articolo di BeBeez). “Tutte acquisizioni che IDB ha finanziato con mezzi propri. Le aziende vanno tutte molto bene e generano molta cassa”, ha commentato Gobbi, aggiungendo: “Pensi che l’anno scorso siamo riusciti a ridurre il nostro indebitamento netto a 19 milioni dai 20,6 milioni del 2018, nonostante le due acquisizioni e la liquidità è salita a 18,7 milioni dai 6,2 milioni del 2017”. In particolare un vero e propri exploit lo ha fatto Cenacchi International, che rispetto al 2017 ha fatto un balzo di ricavi di ben il 40%, ma anche Saba è cresciuta del 23% e contestualmente sono cresciute redditività e cassa.
Certo è anche vero che uno dei criteri di selezione delle imprese che entrino a far parte del gruppo è che queste aziende abbiano numeri già molto buoni da sole con un track record consolidato negli ultimi anni e che abbiano creato qualcosa nel settore, che le identifichino. “Dopodiché l’imprenditore ci deve piacere, perché poi lavoriamo tutti a stretto contatto”, ha aggiunto Gobbi.
Il settore è frammentato e per aziende familiari di piccole e medie dimensioni, poter far parte di un gruppo è certamente una grande opportunità, perché a livello di gruppo si possono centralizzare alcune attività e godere di sinergie. Non solo. Nel caso di IDB la proposta di ingresso che viene fatta agli imprenditori è molto flessibile. “Non abbiamo una ricetta fissa in tema di partecipazione al capitale. Ci sono imprenditori che decidono di vendere a IDB il 100% e di reinvestire in azioni della holding, mentre ci sono altri imprenditori che preferiscono cedere la maggioranza e mantenere una quota di minoranza nella loro società, con l’accordo però di convertire le quote in azioni IDB a una certa data e comunque in occasione della quotazione in Borsa”.
La prima tipologia di scelta l’hanno fatta Giovanni e Michele Gervasoni per l’omonima azienda, e Amelia Pegorin per Saba. Mentre Davide Groppi ha mantenuto una minoranza nell’omonima azienda, così come hanno fatto Carl Christian Gherardi, Eugenia Cenacchi, Angelo Staffa e Marco Tassinari in Cenacchi e come ha fatto Dante Malagola in Modar. Infine Renato Crosti di Meridiani ha preferito cedere il 100% e non reinvestire. In ogni caso, però, ha sottolineato Gobbi, “qualunque scelta faccia l’imprenditore, questi resta alla guida della sua azienda e partecipa ai comitati periodici di gruppo. Perché l’obiettivo, condiviso con gli imprenditori che ci affiancano nel progetto è continuare a crescere come gruppo, nel rispetto dell’identità di ciascuna azienda e guardando con fiducia alla prospettiva di una futura quotazione in Borsa”.