L’Italia delle startup e delle scaleup è un mercato ancora piccolo ma ci sono molte opportunità interessanti, per questo ieri a Milano igli investitori di venture capital internazionali erano in tanti a partecipare alla quinta edizione di ScaleIT, l’evento-piattaforma nato per favorire l’incontro tra gli investitori internazionali interessati a realtà ad alto potenziale e le migliori scaleup italiane e del Sud Est Europa (si veda qui il comunciato stampa).
All’evento hanno partecipato 32 fondi di venture capital internazionali e 14 startup innovative italiane, selezionate dall’advisory board guidato da Lorenzo Franchini, fondatore di ScaleIT, e composto tra gli altri da Michele Novelli, venture capitalist, Emil Abirascid, giornalista e imprenditore e dall’angel investor Pietro De Nardis. Le startup partecipanti di quest’anno sono state: Appquality, Artemest, Coverholder, Homepal, inVRsion, Inxpect, Cesarine, Manet, Mediately, Sailogy, Soul-K, Travel Appeal, Vivense e Wonderflow (si veda altro articolo di BeBeez).
Franchini, fondatore di ScaleIT, ha spiegato a BeBeez lo scopo dell’iniziativa: far conoscere il mercato tecnologico italiano ai fondi internazionali, a cui prima era ignoto. Ci è riuscito selezionando le aziende italiane potenzialmente interessanti, promuovendole ai fondi internazionali e convincendoli così a venire in Italia per fare business, anziché le vacanze. Nei primi 9 mesi del 2019, sono stati conclusi 27 investimenti di fondi internazionali in aziende tecnologiche italiane, con una crescita del 52% in termini di volumi complessivi di investimento sull’anno precedente, toccando quota 608 milioni in aumento rispetto ai 398 milioni raggiunti nello stesso periodo del 2018. Nei 12 anni precedenti al settembre 2005, anno di organizzazione del primo ScaleIT, erano stati conclusi solo 2 investimenti dei fondi internazionali su aziende tecnologiche italiane, ha ricordato il fondatore di ScaleIT. Nel frattempo le startup si sono evolute: “Oggi crescono più rapidamente; nel 2015 le startup presentate avevano un’età media di 5 anni, oggi si aggira attorno a 2-3 anni. Inoltre negli ultimi 5 anni sono emersi in particolare i settori proptech e insurtech”, ha osservato Franchini.
Fabio Lancellotti, partner del fondo francese Aster Capital, ha detto a BeBeez di vedere un miglioramento anche nelle startup italiane anche in termini di talenti dei fondatori, che sono più preparati perché ricevono più formazione e spesso sono fondatori di seconda generazione, ossia con delle exit importanti alle spalle. A suo avviso le startup italiane “hanno conti economici più sani e sono strutturate in modo da avere un profilo di rischio già basso rispetto ai peer europei. D’altro canto però hanno piani di crescita meno ambiziosi, sono più lente a crescere e meno internazionalizzat”. Inoltre, hanno multipli inferiori: ceteris paribus, sono di 1,5-2 volte inferiori rispetto a quelli delle startup di Germania, Gran Bretagna e Francia. Aster Capital non ha mai investito in Italia, ma Lancellotti ha confessato a BeBeez di essere stato vicino a farlo in passato, solo che due operazioni non si sono concretizzate. Attualmente sta guardando un paio di deal sulle startup italiane; Lancellotti auspica di chiuderne almeno uno a inizio 2020. Il fondo è focalizzato sulla digitalizzazione dei settori B2B, in particolare industria, smart city e mobilità.
Il venture capital olandese Prime Ventures, punta invece a beni di consumo, internet, SaaS, fintech e digitale e investe con ticket di 10-30 milioni di euro. Per Sake Bosch, fondatore e managing partner del fondo, le startup italiane sono “molto interessanti, crescono velocemente, sono internazionali o si stanno internazionalizzando”. Non ha ancora investito in Italia, ma vuol conoscere meglio le startup italiane e si aspetta di chiudere delle operazioni nel nostro paese a inizio 2020.
Le conosce già Barbod Namini, partner del fondo di venture capital tedesco con uffici a Berlino e Monaco HV Holtzbrinck Ventures. Il fondo tedesco ha già investito nella app di social shopping italiana Depop dal primo round seed fino all’ultimo da 62 milioni di dollari del giugno scorso, guidato dal fondo di private equity statunitense General Atlantic (si veda altro articolo di BeBeez). Inoltre il veicolo ha investito nel maggio scorso anche nella startup fintech Yapily (si veda altro articolo di BeBeez) e nella challenger bank tedesca Penta, appena sbarcata anche in Italia (si veda altro articolo di BeBeez). Il loro approccio non è settoriale, ma si basa sulla ricerca delle migliori startup tecnologiche.
Ha un approccio simile il fondo francese Omnes Capital, che non punta su un settore, per evitare di perdere opportunità in un altro. Francois-Xavier Dedde, direttore del fondo, ha detto a BeBeez di essere impressionato dalla qualità delle startup italiane, che storicamente hanno ricevuto poca attenzione dai fondi internazionali, e quindi anche pochi capitali. Omnes Capital però ha iniziato a fare la sua parte: a fine settembre ha investito nella startup neurologica italiana in Newronika (si veda altro articolo di BeBeez) e lo scorso aprile ha investito nella startup per rigenerare i tessuti danneggiati AgomAb Therapeutics, cofondata dagli italiani Paolo Michieli, Virginia Morello e Manuela Cazzanti e basata in Belgio (si veda Crunchbase).
Earlybird Venture Capital, fondo con uffici in Germania e Turchia, punta invece a investire in startup tecnologiche internazionali o che intendono internazionalizzarsi, senza focalizzarsi su un settore preciso, ma prestando molta attenzione alla qualità delle aziende stesse. Mehmet Atici, principal del fondo, ha spiegato che pur non avendo ancora operazioni in pipeine in Italia, hanno in programma di investire nei paesi del Mediterraneo dove si sta sviluppando il venture capital, come Italia, Spagna, Romania e Turchia.
L’Italia sta migliorando sul fronte del venture capital anche secondo Piero Strada, managing partner di Silverpeak, banca d’investimento basata a Londra focalizzata sul settore tecnologico. Che ha confessato a BeBeez: “Sono ottimista, vedo una maggiore disponibilità dei fondi internazionali a investire perché inizia a esserci un track record di investitori e network in espansione che funzionano. Inoltre gli imprenditori sono sempre migliori e seriali, i fondi di venture capital italiani in gamba, oltre agli italiani all’estero che continuano a seguire il paese, stanno investendo e creando network”.
Ma alle startup tecnologiche italiane non guardano solo fondi di venture capital e banche d’investimento internazionali e nazionali, ma anche mercati borsistici. Giovanni Vecchio, Direttore per l’Italia di Euronext, ha spiegato a BeBeez:“Ci piace avere un occhio privilegiato, attraverso ScaleIT, su quello che succede nel mondo delle imprese tech in rapida crescita, poiché ci consente di capire in quale direzione si sta muovendo il mercato. È un bacino molto importante per la nostra attività di sviluppo del business perché molte di queste società, dopo un round di venture capital, avranno il potenziale per proseguire il percorso di raccolta e crescita sul mercato borsistico in modo continuativo. Questo permette di garantire l’indipendenza della società e maggiori possibilità di exit per gli investitori. Se la società è internazionale, magari punterà a quotarsi sul segmento Growth di Euronext invece che su Aim, in modo da attingere a un mercato internazionale: nel primo si raccolgono 20-50 milioni di euro e nel secondo mediamente 4 milioni di euro”.
Inoltre, Euronext sta lavorando anche con le piattaforme di crowdfunding, dove sono presenti sempre più investitori istituzionali, anche per merito degli sconti fiscali. Ricordiamo che sono in arrivo due crowdlisting su Euronext, cioè un processo costituito da una prima fase di raccolta di capitali in equity crowdfunding e da una seconda fase rappresentata da una successiva quotazione su uno dei mercati gestiti da Euronext: quelli di i-RFK e di i-Skilled (si veda altro articolo di BeBeez). “Potrebbero arrivare altrettante operazioni di questo tipo nel Q1-Q2 2020. Il crowdlisting serve a dare la possibilità di quotarsi con maggiore flessibilità e minori costi rispetto ad Aim Italia. Inoltre permette ai sottoscrittori delle campagne di crowdfunding di cedere facilmente le loro partecipazioni e alle aziende di coinvolgere maggiori investitori.”, ha spiegato Vecchio a BeBeez.
In Italia, il crowdfunding è anche complementare al venture capital: il primo ha raccolto 34,5 milioni di euro e il secondo 607,5 milioni da inizio anno, ha calcolato Silverpeak. Tra i fondi internazionali, quattro di essi hanno già effettuato due investimenti in Italia da inizio anno: Accel, Picus Capital, HV Holtzbrinck Ventures e Project A.
A livello europeo, il mercato dei round B delle società basate in Europa è ottimo, con un’ampia disponibilità di capitali, i volumi in aumento del 5% nella prima metà del 2019 (rispetto allo stesso periodo del 2018. Si fa strada inoltre il trend dei round più grandi quello mediano nell’H1 2019 è stato di 20 milioni di euro, contro i 16,5 del Q4 2018. Il 60% dei round di venture capital sono effettuati in Gran Bretagna, Germania e Francia.