Il tribunale di Mantova ha respinto il ricorso della famiglia Corneliani contro il fondo Investcorp, che ha il controllo con il 51% del capitale e la gestione del gruppo di abbigliamento mantovano Corneliani. Lo riferisce la Gazzetta di Mantova, secondo cui il giudice avrebbe ritenuto “inattuale” il ricorso della famiglia, presentato lo scorso dicembre ai sensi dell’art.2409 del codice civile (si veda altro articolo di BeBeez).
Il tribunale ha sottolineato che le irregolarità gestionali denunciate dalla famiglia sono state segnalate agli organi della società “da oltre un anno” e oramai si sarebbe già “consumata” la loro “potenzialità lesiva”. Ora Investcorp punta alla fusione tra il proprio veicolo Sarti Holdings (Italy) e Corneliani, che comporterebbe una possibile diluizione della partecipazione della famiglia.
Fondata nel 1958 dall’omonima famiglia, oggi Corneliani è controllata da Investcorp al 51,4%, mentre la terza generazione della famiglia (Cristiano, Corrado Corneliani e Stefano Corneliani) possiede il 48,6%. Investcorp, fondo di investimento del Bahrein, che negli anni Novanta è stato azionista di Tiffany e Gucci, aveva rilevato il 51,11% di Corneliani nel giugno 2016, sulla base di un enterprise value di circa 100 milioni di dollari, dopo 114 milioni di euro di ricavi nel 2015 e con un ebitda di 1,5 milioni, con Cristiano Corneliani che aveva acquisito il 23,76%, Corrado il 22,81% e Stefano lo 0,95% (si veda altro articolo di BeBeez). Al momento del deal, il fondo si era impegnato a versare un aumento di capitale da 20 milioni per sostenere la crescita, 2 milioni dei quali versati subito e gli altri 17 entro giugno 2021. Quest’ultima tranche però, secondo quanto riporta Affari&Finanza, non sarebbe ancora stata versata.
Le voci sulle tensioni tra la famiglia Corneliani e il fondo Investcorp si rincorrevano fin dal marzo 2019, quando si parlava di un riassetto societario in vista, con un possibile aumento della quota di capitale in capo al fondo (si veda Fashion Magazine), evidentemente come risultato di una possibile ricapitalizzazione per riequilibrare una situazione finanziaria in netto peggioramento. Voci che si sono rafforzate nel giugno 2019, a valle del bilancio 2018, che è stato approvato con il voto contrario dei soci Stefano, Cristiano e Corrado Corneliani (si veda la Gazzetta di Mantova).
La società ha chiuso il 2018 con 108 milioni di euro di ricavi consolidati (da 110 milioni nel 2017), un ebitda negativo di 5,7 milioni (da – 1,1 milioni) e una perdita di 12,1 milioni di euro (da una perdita di soli 2,6 milioni), con una posizione finanziaria netta che era peggiorata a 16,4 milioni di euro (da 4,3 milioni), a fronte di investimenti per 5,6 milioni di euro sostenuti nell’anno. A fronte di questi numeri, nel novembre 2019 l’azienda ha presentato un piano da 130 esuberi, concentrati nello stabilimento di Mantova, dove lavorano 454 persone.
Il piano, recitava una nota, si è reso necessario “a seguito di un profondo esame delle condizioni di mercato e della complessiva situazione aziendale” ed è stato “costruito per affrontare le avverse condizioni di mercato e i cambiamenti irreversibili nel settore che richiedono inderogabilmente nuovi modelli organizzativi e di business”. Nel dicembre scorso è stato nominato amministratore delegato Giorgio Brandazza, ex numero uno di Boglioli, con un passato come manager anche in marchi come Elie Saab, Boggi e Calvin Klein Jeanswear (si veda qui PambiancoNews). Brandazza è subentrato a Luigi Ferrando, che era stato nominato a sua volta ad della società nel novembre 2018, andando a sostituire Paolo Roviera, che era stato nominato ad nel 2016 un mese dopo l’ingresso di Investcorp nel capitale della società. Il cambio della guardia allora era stato definito “improvviso” dai sindacati (si veda qui Pambianco).